Disposofobia, il disturbo dell’accumulatore seriale di oggetti

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Vi succede di voler accumulare cose anche se inutili? Beh, detto in questi termine potrebbe sembrare una semplice abitudine… quanti di noi hanno ancora nel cassetto o giù in cantina un vecchio cellulare Nokia di cui non riescono a disfarsi? Bene, se il problema è legato solo a un paio di accessori tecnologici, niente paura, non rientra nel quadro clinico della disposofobia.

Ma se questo voler accumulare cose inutili diventa un bisogno ossessivo, ci troviamo difronte ad un disturbo mentale, ossia ad un caso di disposofobia.

Definita anche come accaparramento compulsivo o mentalità Messie, la disposofobia è un disturbo mentale che spinge il paziente a collezionare compulsivamente beni, accumulandoli in casa senza mai buttarli via. Una situazione che a lungo andare può rendere impossibile vivere in quelle abitazioni, infatti parliamo di beni di ogni sorta. Quali oggetti si accumulano?

In genere si parla di oggetti comuni come giornali, vestiti, scatole piene, libri, scontrini, etichette, biglietti del bus…. Solo più raramente si accumulano oggetti bizzarri perché perché l’accumulatore seriale dà un significato alle cose accumulate. Il significato può essere di natura pratica (può sempre servire… anche se quel vestito è di tre taglie superiori alla sua!), di natura affettiva o con significati intrinseci agli stessi oggetti.

Perché si accumulano oggetti?

Le credenze personali sul possesso inducono in genere Emozioni Positive (gioia, orgoglio) che determinano direttamente comportamenti di acquisto/raccolta e resistenza all’eliminazione agendo un rinforzo positivo. 

Al contrario, possono essere emozioni negative a innescare l’accumulo.

Emozioni di tristezza, ansia, paura, colpa, vergogna.. e l’evitamento di queste emozioni conduce ai tre comportamenti disfunzionali (difficoltà di organizzazione degli oggetti, acquisto/raccolta e resistenza all’eliminazione) agendo un circolo rinforzo negativo.

Si accumulano oggetti per:

  • Possesso. Ogni oggetto posseduto viene caricato di
    • valore strumentale (ogni oggetto può essere potenzialmente utile)
    • valore intrinseco/estetico (ogni oggetto ha una sua bellezza unica)
    • valore sentimentale (ogni oggetto ha una storia alla quale è legato, un significato emotivo)
    • valore di identità personale (sono quello che posseggo)
  • Vulnerabilità
    • Gli oggetti sono fonte di sicurezza (protezione)
    • Gli oggetti (e il relativo comportamento di acquisizione) danno un senso di comfort (“fanno stare bene”)
  • Responsabilità
    • Gli oggetti non devono essere sprecati per motivi etici, ecologici, economici, ecc.
    • Gli oggetti costituiscono un’opportunità che va colta assolutamente quando si presenta (convenienza, rarità, ecc.)
  • Propria memoria
    • Gli oggetti sono dei promemoria, perdere gli oggetti significa dimenticarsi ad esempio una scadenza o un’informazione utile
    • Perdere un oggetto equivale a perdere quella parte di memoria (in alcuni casi la credenza è che l’oggetto sia di per sé un supporto che “contiene” la memoria in modo quasi magico)
  • Controllo
    • Intollerabilità alla perdita di controllo sui propri oggetti (“nessuno è in grado di gestirli correttamente”)

Disposofobia, aspetto sintomatico

Il termine significa letteralmente “paura di buttare“, di disfarsi di qualcosa. Nei casi più gravi può essere un disturbo mentale molto pericoloso per l’incolumità di chi ne soffre e di chi gli sta intorno.

Alla base del disturbo solitamente ci sono sintomi di insicurezza, paura di cambiare: gli oggetti diventano un bene sicuro al quale aggrapparsi per paura che la vita possa subire delle modifiche.

Alla lunga accumulare oggetti può portare chi ne soffre a rimanere letteralmente sepolto in casa sua, circondato dagli oggetti che ha acquisito nel corso del tempo.

Vi sono poi una serie di aspetti che possono determinare ulteriori aspetti di vulnerabilità:

  • Esperienza / Educazione familiare con trasmissione di valori e comportamenti circa il possesso, l’ordine/disordine in casa, il controllo, lo spreco, l’utilità, il valore delle cose, ecc.
  • Concetto di sé non amabile, senza valore, inaiutabile.
  • Tratti di personalità perfezionistici, dipendenti, ansiosi, paranoici.
  • Umore generalmente depresso o ansioso.

L’ansia potrebbe insorgere soprattutto se il soggetto si trova a dover gettar via qualcosa di suo. Al contrario del disturbo ossessivo compulsivo, nella disposofobia non vi è uno stato di tensione che deve essere controllata attraverso le compulsioni. Per l’accaparratore seriale questa esigenza è quasi eterea, arriva fluttante o in alcuni casi non è neanche consapevole: sono parenti e amici a notare “l’assurdità delle cose che continua a conservare e accumulare in casa”.

Disposofobia, come guarire

Se la disposofobia è legato ad un concetto di nostalgia del passato, non bisogna preoccuparsi troppo, ma intervenire nelle fasi iniziali quando si vedono i primi cumuli, per scongiurare un aggravamento della situazione.

Sarebbe bene seguire il familiare/l’amico/il partner aiutandolo a disfarsi e a mettere in ordine gli oggetti accumulati. Ma è bene farlo con cautela. Potrebbero sorgere aspetti di sofferenza che sarebbe meglio far seguire da uno psicoterapeuta.

Un professionista della psiche potrebbe fare luce sulle reali motivazioni dell’attaccamento a tali oggetti.


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Il paragrafo “Perché si accumulano oggetti” è stato tratto da “la modellazione hoarding disordere in una prospettiva cognitiva” di Alessandro Marcegno, Psicoterapeuta di Torino e docente presso la Scuola di Specializzazione di Psicoterapia Cognitiva di Torino, Vercelli e Genova.

4 commenti su “Disposofobia, il disturbo dell’accumulatore seriale di oggetti”

  1. Molto interessante per me che (consapevolmente ,
    So di essere una conservatrice seriale ,con l’ attenuante, del riciclo non dell’accumulo) ..vorrei delle indicazioni per quando non avrò più spazi liberi ma ora sto bene cosi !!!

  2. Ciao Ivania,
    sicuramente seguendo il tuo consiglio gli articoli sarebbero più completi e indubbiamente più utili ma… a monte bisognerebbe fare un grosso lavoro di introspezione e presa consapevolezza, tale lavoro è molto soggettivo quindi è difficile dare linee guida generali per tutti. 🙂
    La psiche non è come un “fai da te” dove esistono libretti di istruzione quindi consigli su “come superare” sono difficili da dare… in ogni caso cercheremo di raccogliere il tuo suggerimento come una sfida per migliorarci! 🙂

  3. Grazie per l’articolo. Trovo molto interessanti anche tutti gli altri argomenti trattati. Solo una considerazione: si lascia molto spazio alla descrizione specifica del disturbo- malattia, più del 95% dell’articolo, e solo un accenno generale alle indicazione su come uscirne e guarire. L’articolo sarebbe di maggior aiuto se dedicasse almeno lo stesso spazio!
    Grazie.

I commenti sono chiusi.