“Cari mamma e papà, lo so, mi vedete spesso triste e scontroso, dite che passo troppo tempo chiuso nella mia camera, che non ho orari e capisco che voi siate delusi da me. Anche quando litighiamo a causa di tutte le regole che infrango – le uscite, le sigarette e qualche bevuta di troppo – so che avete ragione e ho pensato a lungo prima di scrivervi questa lettera, perché penso che abbiate il diritto di sapere la verità. E credetemi, per me è difficile.
Ricordate quando mi sono fatto male in palestra e sono rientrato col braccio fasciato? Ecco, il braccio me lo aveva rotto il mio spacciatore, e quella puzza di cui ti lamentate sempre non è di sigarette, ma di crack. E’ una specie di cocaina sintetica.
Ho cominciato con una pipa ogni tanto e adesso non posso fare a meno di fumarne più che posso, perché altrimenti patisco violente crisi di vomito e di diarrea. Il punto è che le pipe costano, così, ho cominciato a scassinare i distributori automatici e, con Geko – Giancarlo, il mio amico – compiamo piccoli scippi.
Purtroppo la droga è cara, così mi sono indebitato con lo spacciatore, che mi ha pestato e minacciato di morte se non avessi saldato il dovuto. Sono stato costretto a mettermi a trasportare illegalmente i rifiuti di un cantiere. Vi dicevo che andavo in discoteca, e vi incazzavate, ma quando facevo l’alba era solo perché stavo sotterrando un sacco di materiale tossico in mezzo alla campagna. Poi mi fumavo una “pipa” e tornavo a casa.
Non sono sempre scontroso, sono solo molto fatto, spesso, ed è per questo che non ho potuto dare gli esami all’università e ho dovuto contraffare il libretto per prendere tempo. So che la soprattutto tu, mamma, potresti morirne, tutti quei 30 sono falsi … e di esami ne ho dato solo uno e non c’è alcuna possibilità che mi laurei l’anno prossimo. Ma ora la laurea non mi preoccupa, e vi dico perché.
Scusate se la mano mi trema e forse non leggete bene, ma i dottori mi hanno spiegato che a causa dell’amianto e di tutta la merda che ho trasportato le mie condizioni potrebbero precipitare imprevedibilmente da un momento all’altro.
Per fortuna, adesso sto ritrovando un equilibrio mistico grazie al Guru Pitka, che mi ha accolto nella sua setta spirituale e già dopo il rito iniziatico di mezzanotte mi sento meglio. Il sapore del sangue di capra non è male con le ostie consacrate e dicono che curi i tumori e molte altre malattie, purché si abbia abbastanza fede.
Pitka è molto generoso con noi e professa il sesso libero con le adepte del suo harem. Forse ho messo incinta Lidia, la sua quarta moglie, ma non siamo sicuri che il bambino nasca sieronegativo, per questo dovremmo compiere un rituale speciale. Il Guru ha bisogno di 10.000 euro e vorrei tanto che tu, papà, mi aiutassi a trovarli per il bene del nascituro.
Ok, so che tutte queste notizie Vi hanno turbato, so che avreste voluto un figlio speciale, bravo all’università, responsabile, onesto, sano. E io, cari mamma e papà, lo sono davvero. Il fatto è che voi non volete vederlo come sono, perché non sarò mai esattamente come avresti voluto che fossi. Lo dico perché ho bisogno tu sappiate che sono omosessuale, e so che la cosa ti fa paura e forse schifo.
In realtà, gli esami li ho dati e mi laureerò a giugno, puntuale e in corso, non ho mai trasportato amianto, ma solo pizze e non per comprarmi la droga, perché non ne faccio uso, godo di ottima salute e la setta del Guru Pitka non esiste.
In realtà, Geko è il mio compagno, ci siamo conosciuti all’università e stiamo insieme da quattro anni, e siamo innamorati e felici. Non scassiniamo, né scippiamo, ovviamente: siamo due ragazzi normali in un mondo non sempre facile, e vorrei che voi non faceste più parte di quel mondo e che mi amaste sino in fondo per quello che sono perché, alla fine, sono un figlio buono, un figlio che vi vuole bene.
Volevo dirvi questo ma non sapevo come fare a farvi capire. Troppa paura dei drammi, dei musi lunghi, dei pianti, delle punizioni. Volevo provare a mostrarvi che i drammi, le cose per cui indignarsi, disperarsi, preoccuparsi e vergognarsi sono altre.
Con amore, vostro figlio
Ho scritto questa lettera “paradossale” ispirandomi al famoso libro di Robert Cialdini, “Le armi della persuasione” (2010, Giunti Editore), che, con un esempio analogo ma di tema diverso, spiega come a volte possa servire ricorrere a tecniche di comunicazione estreme per dire le cose più semplici e fare in modo che l’altro le consideri in una prospettiva diversa, una prospettiva che non consideri esclusivamente il proprio punto di vista ma includa anche tutto ciò che è “altro” da sé. Anche quando, come nel caso di questa lettera, l’altro è il proprio figlio.
Se fossi genitore non vorrei mai ricevere una lettera così, e non certo per lo stratagemma che contiene ma perché dimostra che non c’è stato ascolto, non è avvenuto quel passaggio di valori di libertà e di amore incondizionato che sono la sfida, difficilissima, di ogni genitore e, in senso più ampio, di ogni persona in rapporto all’altra, quando l’altra persona – per un retaggio di presupposti e distorsioni sociali – vive la costrizione di sentirsi “diversa”.
Penserei, però, che sia meglio una lettera così che niente, meglio questo che l’esclusione, l’impossibilità di riconoscersi, di capire, di sapere, di condividere … C’è sempre uno spazio, la possibilità di cambiare, di dialogare, di aggiungere all’amore ciò che è mancato. Ne sono certo.
A cura di Enrico Maria Secci, Blog Therapy, Psicologo psicoterapeuta
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