Il cervello del bambino non funziona come il nostro ed è per questo che i bambini non possono essere trattati come dei piccoli adulti. I bambini costituiscono un universo a parte, rappresentano l’eredità che lasciamo alla terra e, durante la crescita, possono restituire al mondo il meglio o il peggio di noi tutori/genitori.
Il cervello è considerato la sede delle più elevate funzioni intellettuali, sensitive, motorie e regolatorie. Quello di un bambino è un cervello in sviluppo ma tale maturazione non dipende solo dalla genetica: decisivo è il legame che instaura con la sua figura di riferimento (generalmente la madre).
L’importanza dei legami affettivi
Non tutti sanno che la maggior parte delle cellule nervose è già costituita al termine del quinto mese di vita intrauterina, il neonato quando viene al mondo lo fa con un surplus di neuroni e connessioni neurali. Già nel grembo materno, i neuroni si ramificano, dendriti e sinapsi si sviluppano, le cellule gliali si moltiplicano e si forma la guaina di mielina. Una volta giunti al mondo, in questa sovrabbondanza di neuroni, chi decide quali cellule nervose devono rimanere e quali scomparire? Questa importante decisione è demandata all’interazione “bambino-ambiente“, dove l’ambiente di sviluppo d’elezione è il legame materno.
La stabilità del legame con il “caregiver” gioca un ruolo cruciale nel guidare lo sviluppo del sistema nervoso centrale del bambino. A sopravvivere, infatti, sono i neuroni più attivi, cioè quelli che in base agli input ambientali trasmettono più impulsi nervosi. I neuroni non stimolati sono destinati a morire. Man mano che la maturazione cerebrale lo consente, il bambino svilupperà le sue funzioni cognitive.
Durante i primi due anni si sviluppa l’emisfero destro del cervello. Lo sviluppo dell’emisfero destro è più veloce rispetto alla formazione dell’emisfero sinistro (responsabile, tra le altre cose, delle capacità verbali e delle funzioni regolatorie). Tale direzione, così come l’intero neurosviluppo, non dipende esclusivamente da aspetti genetici ma è fortemente guidato dalle interazioni con l’ambiente, in particolare dalla comunicazione emotiva con la figura di attaccamento.
Teoria neurobiologica dell’attaccamento
La maturazione dell’emisfero destro è alla base dello sviluppo socio-emozionale. Il più precoce sviluppo dell’emisfero destro potrebbe essere connesso proprio alle interazioni tra bambino e figura di attaccamento. In altre parole, a livello neurologico, quando un bambino viene cullato sono attivati e rinforzati i circuiti neurali dell’emisfero destro. Quando la madre abbraccia il bambino e gli canta una ninna nanna, altri circuiti neurali si rinforzano e stabilizzano. La presenza ripetuta della madre (o altro caregiver) sarebbe alla base del processo di condizionamento (o imprinting) che a sua volta è alla base dell’apprendimento emotivo. Costituendo l’ambiente principale di sviluppo, i comportamenti materni giocherebbero un ruolo cruciale nello sviluppo del sistema nervoso del bambino.
Quanto appena esposto (in modo estremamente esemplificato) è ciò che emerso da diversi studi di neuroimaging basati sulla teoria neurobiologica dell’attaccamento di Allan N. Schore (psicoanalista e neuropsicologo).
Quando si forma il sistema di attaccamento?
Come premesso, funzioni cognitive e sviluppo del sistema nervoso centrale camminano di pari passo. Alla nascita, il neonato è già in grado di riconoscere l’odore della madre, l’amigdala è già attiva. Verso la fine del secondo mese di vita, si sviluppa il cingolato anteriore, in questo stesso periodo il bambino inizia a riconoscere i volti ma solo successivamente, con lo sviluppo dell’insula e della corteccia parietale, il bambino riesce a vivere un’esperienza soggettiva, con la capacità di distinguere se stesso dagli altri. Il sistema di attaccamento andrebbe a costituirsi tra i 9 mesi e i 2 anni, in concomitanza con lo sviluppo della corteccia orbitofrontale.
La corteccia orbitofrontale, tra le altre cose, regola l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, associata al comportamento emotivo e alla gestione dello stress. Grazie alla corteccia orbitofrontale (che si sviluppa progressivamente dal nono mese fino al secondo anno di vita), il bambino acquisisce diverse funzioni emotive e, come premesso, in base agli stimoli ambientali, va a rafforzare determinati circuiti neurali guidando anche le risposte future.
La corteccia orbitofrontale è fondamentale nella regolazione dei comportamenti emotivi. In particolare, è cruciale nel controllo delle risposte emozionali negative (in risposta a volti tristi, arrabbiati, stimoli tattili fastidiosi come un pannolino bagnato…) e positive (in risposta a stimoli uditivi come la musica, stimoli tattili come un caldo abbraccio, gustativi, olfattivi…) e nell’anticipazione dei rinforzi positivi o negativi. Il bambino impara a regolare i suoi comportamenti in base alle risposte materne.
In parole più semplici: bambini capricciosi non si nasce ma si diventa in risposta a stimoli ambientali.
Riflessioni sui capricci dei bambini
Il dibattito innato vs acquisito (genetica vs fattori ambientali) è di vecchia data. I “capricci” sembrano nascere da una cattiva regolazione emotiva. Il bambino, non riuscendo ad auto-consolarsi e a regolare la sua risposta emozionale, piange e talvolta assume comportamenti oppositivi. Non sono poche le ricerche che hanno correlato determinati modelli genitoriali ai capricci dei “bambini difficili“.
Stando alle pubblicazioni di Alan Sroufe e Byron Egeland (ricercatori che hanno dato un grosso contributo alla psicologia dello sviluppo e psicopatologia dello sviluppo) la regolazione emotiva dipende dalle esperienze precoci che il bambino sperimenta nella relazione con la figura di attaccamento. In particolare, il bambino può mostrare comportamenti eccessivi (con manifestazioni di rabbia intensa o eccitazione intensa) quando sperimenta discontinuità nei modelli genitoriali e quando i limiti fissati dalla figura di attaccamento sono confusi e incoerenti.
L’incoerenza si può riscontrare nello stesso dominio (al bambino vengono date regole contraddittorie) o tra domini differenti (al bambino vengono date regole che poi il genitore non rispetta, al bambino vengono fornire informazioni contrastanti con la realtà circostante…).
Riflessioni sulla capacità di gestire lo stress
Pazienza, autocontrollo, resilienza e capacità di gestire lo stress sono tutte attitudini che si apprendono da bambini. In precedenza ho riportato che la corteccia orbitofrontale svolge la funzione di regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. A livello fisiologico, le nostre risposte alle situazioni di stress dipendono da queste tre strutture: ipotalamo, ipofisi e surrene (hypothalamic- pituitary-adrenal axis-HPA).
Un numero crescente di studi ha dimostrato che la qualità delle cure genitoriali ricevute nella prima infanzia influisce sul funzionamento di questo sistema, determinando le differenze individuali nella capacità di modulare le risposte alle situazioni stressanti.
In auto, nel bel mezzo del traffico urbano, c’è chi riesce a tirare un bel respiro di calma e chi, invece, urla e impreca. All’apparenza la risposta è solo comportamentale ma dietro tale risposta si può intravedere un apprendimento che pone le sue radici nell’infanzia. Le stesse persone che tollerano male lo stress, sembrerebbero essere reticenti agli imprevisti e alle novità.
Studi recenti hanno correlato il funzionamento dell’Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene allo stile di attaccamento. Nei bambini classificati con attaccamento insicuro (evitante, ansioso e disorganizzato) si sono osservati alti livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) in risposta all’esposizione a stimoli nuovi. Ciò significa che qualsiasi stimolazione inedita va a innescare risposte di stress.
Riflessioni sulla resilienza
La resilienza è oggi descritta come una caratteristica miracolosa, non si tratta di una dote innata ma sembrerebbe essere correlata a un apprendimento precoce ben preciso. Chi è dotato di resilienza, è stato un bambino che nel legame affettivo primario ha sviluppato una sana fiducia nelle proprie risorse, nelle risorse dell’altro e di conseguenza nel mondo e ha appreso che è possibile esercitare una propria influenza sull’ambiente esterno. Al contrario, chi non è dotato di resilienza è stato un bambino che ha appreso l’impotenza, la sfiducia, l’impossibilità di poter agire in modo funzionale sul mondo.
Il bambino “apprende” il mondo
Una persona, un bambino, “costruisce la sua conoscenza” a partire da ciò che vive nel mondo e a partire dalla maturazione del suo sistema nervoso centrale. Se è vero che il cervello del bambino si sviluppa sulla base del suo ambiente di crescita è altrettanto vero che la conoscenza che il bambino ha del mondo cambia con lo sviluppo del suo sistema cognitivo. Dato che l’ambiente di crescita tende a essere costante, si instaura una sorta di circolarità in termini di rinforzi.
L’esperienza passa sempre attraverso il filtro dei “modi di comprensione” che il bambino ha acquisito, ed è per questo che le esperienze precoci sono così importanti: realizzano il primo filtro che il bambino impiega per esplorare e apprendere se stesso e il mondo circostante. A questo proposito, consiglio la lettura del mio articolo dedicato ai Modelli operativi interni di J. Bowlby.
La plasticità del cervello ci dice che cambiare è possibile
Nota bene. Gli studi sulla plasticità del cervello riferiscono che le connessioni nervose (sinapsi) tendono a mantenersi stabili dai due anni fino alla pubertà, successivamente le esperienze che facciamo possono modificare attivamente la struttura del nostro sistema nervoso centrale. In altre parole, le esperienze che facciamo possono, in ogni momento, modificare le connessioni sinaptiche, la struttura assonale o dendritica e la stessa neurogenesi (introduzione di nuovi elementi neuronali in un circuito nervoso) del nostro cervello. Durante l’infanzia molto è stato scritto ma non è mai troppo tardi per cambiare, anche a livello strutturale.
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Bibliografia
Psicoanalisi e neuroscienze. M. Mancia, Springer, Milano 2006.
Effects of a secure attachment relationship on right brain development, affect regulation, and infant mental health. Infant Mental Health Journal, A. N. Schore, 2001
Attachment, affect, regulation and the developing brain: linking developmental neuroscience to pediatrics. Pediatrics in Review, A. N. Schore, 2005