Il patriarcato interiorizzato (anche dalle donne)

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
patriarcato
Illustrazione: Aykut Aydoğdu

Fin dalla nostra nascita, l’ambiente sociale (comprese le persone che ci affiancano nella crescita), involontariamente ci indicano uno stereotipo da seguire basato sul genere di nascita: i neonati maschi in blu, per le femminucce il rosa, il bambino va iscritto a calcio, la bambina gioca con le bambole e va a danza, per le donne depilazione e per gli uomini una virile barba. Insieme a questi insegnamenti che sono sotto agli ogni di tutti ve ne sono altri più silenti ma anche più pericolosi. Parliamo di ruoli sociali e di potere.

Quando si parla di ruoli sociali e potere, il problema diventa così radicato da innescare nella società tante aspettative regole implicite che NON vanno violate. Violare una di queste regole significherebbe rompere uno schema, sfatare un sistema di valori e credenze che poggia le basi su decine di migliaia di anni.

Patriarcato e statistiche

Il patriarcato, in antropologia, è un sistema sociale nel quale il potere, l’autorità e i beni materiali sono concentrati nelle mani dell’uomo e la loro trasmissione avviene per via maschile. Chi ancora nega di vivere in una società in cui è presente una forte disparità di trattamento tra uomo e donna, dovrebbe dare un’occhiata alle classifiche delle persone più ricche al mondo stilata annualmente da Forbes. La presenza femminile, qualche decennio fa, era solo una chimera, negli anni passati, le donne erano del tutto assenti nella TOP 10. La classifica più recente, riferita al 2020, vede la presenza di sole 3 donne nei primi 50 classificati, tutti uomini. Se questa classifica non vi sembra un buon indicatore, per introdurre meglio questo articolo, riporto ulteriori evidenze statistiche:

  • In Europa, l’Italia è l’ultimo Paese per il lavoro femminile (tassi occupazionali).
  • Nonostante i progressi degli ultimi decenni, in Italia è presente un consistente divario retributivo e di posizionamento del mondo del lavoro.
  • Noi italiani siamo in fondo alla classifica dei Paesi europei per divario occupazionale e reddito medio (quello delle donne è solo il 59,5% di quello degli uomini).
  • Il tasso di occupazione delle donne, nel meridione d’Italia, è pari solamente al 33%. In altre parole, il 67% delle donne meridionali non è mai entrata nel mondo del lavoro.
  • Nei ruoli di potere, la presenza femminile è scarna. Nei settori dell’assistenza, la presenza maschile è esile. Gli uomini costituiscono solo il 15% dei lavoratori in infermieristica, ostetricia e cura della persona nei servizi sanitari.
  • Le donne guadagnano molto meno degli uomini allo stesso livello lavorativo (la retribuzione oraria di una donna è inferiore a quella di un uomo anche a parità di professione svolta e anni di esperienza maturata).
  • Se si analizza la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, nella fascia di età 25-49 anni, si rileva un forte divario occupazionale (74,3%) tra le donne con figli in età prescolare e le donne senza figli, uno dei temi più seri di sempre per tutte le donne e la possibilità di conciliare famiglia e carriera.
  • Sebbene  le donne si laureino in percentuale superiore rispetto agli uomini (con un divario a loro favore di 12,2 punti percentuali), più di una donna su quattro (26,5%) è sovraistruita rispetto al proprio impiego e, tra le donne, è particolarmente alta l’incidenza di lavori dipendenti con bassa paga (11,5%, contro 7,9% per gli uomini).
  • Il tasso di occupazione medio per le madri di età compresa tra 20 e 49 anni con un bambino piccolo (di età inferiore a 6 anni) è del 65,4% rispetto al 91,5% dei padri.
  • Il 15,0% delle donne inattive di età compresa tra i 15 e i 64 anni è inattivo per motivi di cura, ovvero per occuparsi di persone a carico (figli o adulti inabili), rispetto a solo l’1,4% degli uomini.

Questi sono i dati raccolti dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE).

Questa premessa statistica è doverosa. L’esistenza di una disparità di condizione sociale-culturale ed economica tra uomo e donna è palese. Eppure, a negarne l’esistenza sono spesso uomini e donne che hanno interiorizzato così tenacemente il patriarcato da aver perso il senso critico sulla realtà sociale che li circonda.

Non c’è da meravigliarsi. Per secoli siamo stati esposti a stimoli, nozioni, errori, sottovalutazioni che riguardano il ruolo della donna… e così, errore dopo errore, la psiche di molti resiste a ogni evidenza.

Donne che hanno interiorizzato il patriarcato

Il patriarcato interiorizzato fa riferimento a un ampio ventaglio di comportamenti, doveri e anche sopportazioni che la donna abbraccia in modo automatico per non mettere a repentaglio l’ideologia maschilista.

In altre parole, molte donne hanno interiorizzato un’ideologia sessista tanto da tollerare comportamenti disparitari e ingiustizie senza viverli come tali. A fronte delle statistiche esposte in precedenza, è doveroso chiedersi: perché una donna dovrebbe accettare un ruolo marginale nella società quando può avere lo stesso peso dell’uomo?

Il femminismo (quello sano) non vuole screditare il sesso maschile, ne’ ergere la donna al di sopra dell’uomo, intende semplicemente portarla allo stesso livello. Nonostante i progressi degli ultimi tempi, la realtà ci dice che siamo ancora distanti da questo obiettivo.

Patriarcato e razzismo all’apparenza sembrano temi distanti anni luce da noi tuttavia, ancora oggi, la società ne manifesta i sintomi più caratteristici. Lo viviamo nelle nostre case, lo vediamo in tv, sui posti di lavoro… ma ne siamo così assuefatti da non farci più caso. In alcuni ambienti, le molestie sessuali subite dalle donne sul luogo di lavoro sono uno standard, sono la normalità.

Sulla Pagina Facebook di Psicoadvisor, più volte ho affrontato il tema delle discriminazioni di genere, del ruolo della donna e dell’uomo. Una grossa fetta di utenza non ha usato mezzi termini: sono stata accusata di misandria solo perché ho sottolineato che ogni donna dovrebbe avere una propria indipendenza.

L’emancipazione femminile è qualcosa che funziona a strati sociali. Anche le stesse statistiche viste in precedenza rivelano che nel Meridione d’Italia, i tassi di occupazione femminile sono estremamente bassi perché in questo contesto la donna ha ben chiaro il suo ruolo: in casa, ad allevare figli e accudire il marito. Attenzione! Non c’è nulla di sbagliato in questo, ma non c’è nulla di sbagliato solo se questa condizione arriva come scelta deliberata e, purtroppo, troppo spesso non è così.

Nel Settentrione d’Italia, dove le donne hanno più possibilità, vediamo che i tassi di occupazione femminile sono più elevati, ciò ci racconta che la donna, potendo scegliere (avendone le basi culturali e il supporto sociale) decide di emanciparsi e accettare la sfida di coniugare vita familiare e lavoro, perché, l’ennesimo stereotipo, suggerisce che sia la donna a restare in casa e badare alla prole.

In tutte le società vi sono diseguaglianza e se ci soffermiamo ad osservare il ruolo della donna, vediamo che questa subisce un duro colpo negli strati sociali più deboli. Nelle periferie e in determinate città d’Italia, la donna ancora vive una sorta di prigionia e di subordinazione all’uomo.

Dobbiamo ammettere che oggi, nel 2021, in Italia molte donne sono subordinate all’uomo. In cosa consiste questa subordinazione? In obblighi e doveri taciti; in termini pratici, per fare alcuni esempi, sono donne che devono chiedere il permesso per uscire, farsi prestare l’auto o chiedere dei soldi per la messa in piega. Sono donne che in realtà non hanno mai avuto una reale alternativa, sono state “addestrate” e “programmate” per questo.

Se una donna avesse davvero una libertà di scelta, sceglierebbe questo per il suo futuro? Una piena e totale dipendenza dal partner? Purtroppo, queste donne sono quelle che hanno interiorizzato più tenacemente l’ideologia maschilista. Queste persone, per compiacere gli uomini e l’ideologia che hanno interiorizzato, liquidano la questione delle disparità di genere come delle “sciocchezze”.

Per citare un Mrs America: «Queste donne sono l’ultimo baluardo del patriarcato, sono convinte che se non stanno al gioco, perderanno l’amore e la protezione degli uomini».

Questo, purtroppo, per molte donne è vero. Entrando in contesti patologici, questo sistema che verte sugli stereotipi apre le porte a violenza domestica, femminicidio e tutta quella serie di ingiustizie che ogni giorno riempie le pagine di cronaca.

Donna sul dizionario Treccani

Un movimento di donne ha chiesto al vocabolario online Treccani di modificare la voce donna, omettendo i contenuti sessisti nella pagina. Cercando questo termine e guardandone i sinonimi e le associazione, sulla Treccani si legge subito:

  • buona donna
  • donna da marciapiede
  • donna di malaffare
  • donna di strada
  • donna dai facili costumi
  • lucciola
  • battona
  • baldracca
  • bagascia
  • malafemmina
  • sgualdrina
  • cagna
  • meretrice

Andando alla voce uomo, anche in questo caso, accanto alla definizione sono segnalate le espressioni tipiche e i sinonimi, che sono:

  • uomo d’affari
  • uomo d’armi
  • uomo delle caverne
  • uomo di chiesa
  • uomo di lettere
  • uomo di fatica
  • uomo di legge
  • uomo di mare
  • uomo di paglia
  • uomo d’onore
  • uomo di stato
  • uomo di scienza
  • uomo pubblico
  • uomo nero

Non è uno scherzo, potete verificarlo qui treccani/vocabolario/donna/sinonimi

Non tollerare le discriminazioni

L’interiorizzazione del patriarcato è un qualcosa di così clamoroso che ci porta a tollerare anche l’intollerabile. Un invito a tutte le donne e a tutti gli uomini a cui è a cuore la salute collettiva: smettiamola di tollerare discriminazioni.

Educhiamo i nostri figli alla parità di genere: incoraggiamoli alla cultura, alla stima di sé e all’indipendenza. Spendiamo sempre una parola di solidarietà e non di disuguaglianza, perché se è vero che la donna e l’uomo sono diversi, è anche vero che hanno pari diritti.

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