Quando le figure di attaccamento generano un deficit, un disequilibrio, e incomprensioni di diversa natura nei confronti del figlio, diventa più difficile instaurare un legame affettivo duraturo e sano con un partner.
Un caso clinico, la storia di Paolo
Per analizzare in maniera più esaustiva l’argomento, farò riferimento ad un ipotetico paziente che qui chiamerò Paolo. La storia di Paolo ci fa comprendere certi meccanismi psichici per i quali certe influenze negative o disequlibrate assorbite dai genitori possano incanalare l’affettività dell’adulto verso relazioni amorose malate, o comunque ad innamorarsi di persone ‘negative o sbagliate’.
Nel corso dell’analisi emerge il ‘complesso materno’ di Paolo, caratterizzato dalla presenza di un padre non in grado di far superare l’Edipo, cioè il desiderio inconscio, erotico ed affettivo, che il bambino (o bambina) nutre verso il genitore di sesso opposto.
“La madre durante l’adolescenza di Paolo aveva vissuto un periodo di nevrosi, e questo l’ aveva resa particolarmente irascibile, punitiva, testarda. Inoltre Paolo assisteva a continui litigi, talvolta feroci tra i genitori, e la madre rifletteva su di lei tutta la sua infelicità.”
La funzione del padre dovrebbe consistere nel mostrare al figlio il suo amore per la madre, in modo che l’attaccamento inconscio del figlio verso la madre viene superato. Nel contempo il padre dovrebbe sviluppare una relazione amichevole con il figlio soprattutto nel periodo adolescenziale. Purtroppo, il padre di Paolo per quanto fosse un bravissimo uomo, era anche un nevrotico, iracondo e cocciuto.
“Paolo, già adolescente, rimaneva inconsciamente attaccato ad una immagine infantile della mamma irraggiungibile e ambivalente, ovvero una madre insoddisfacibile, sempre lamentosa, vittimista, invidiosa di chiunque…”
Una madre di questo genere fa sentire qualsiasi figlio incapace di soddisfarla attraverso il normale rapporto d’amore madre-figlio, quindi il bambino non si sente amato perché non vede mai contenta la madre e per quanto la ami non riesce a ‘soddisfarla’…
Freud spiega che il bambino rimuove nell’inconscio il suo desiderio erotico verso la madre, al fine di dimenticarlo e di non soffrire, tuttavia questo desiderio se non viene elaborato e superato, si ripresenta per tutta la vita come ‘complesso materno’ che diventa perturbante per la coscienza e per le relazioni con il prossimo, sebbene il soggetto non abbia coscienza di come e di quanto tale rimozione possa condizionarlo.
Il ‘complesso materno’ di Paolo si colloca nell’incapacità di soddisfare la madre e nel senso di colpa dovuto a tale incapacità, con lo sviluppo successivo di un’ansia generalizzata verso tutte le donne e quindi con grande sofferenza nelle relazioni sentimentali che ha avuto poi da adulto.
“La madre aveva una personalità piuttosto isterica (potremmo dire borderline: ‘quasi psicotica’), e riversava verso il figlio, una sorta di attaccamento morboso, esageratamente protettivo in superficie, ma incapace di donare a Paolo una vera serenità. La madre piangeva e si lamentava continuamente sulle spalle del figlio sin da quando questi era bambino. Pur essendo molto amato da entrambi i genitori, Paolo non aveva trovato in essi quell’equilibrio affettivo di cui avrebbbe avuto bisogno per sviluppare una personalità più forte e armoniosa.”
In termini psicoanalitici possiamo dire che il padre non era riuscito a funzionare come castratore ‘buono’, cioè come colui che separa il figlio dalla madre e offre un modello maschile rivolto al mondo, alle altre donne, alla creatività.
Tuttavia non bisogna pensare che i genitori di Paolo fossero cattivi, erano soltanto piuttosto nevrotici e ignoranti, e pur sbagliando in fatto di sistemi educativi, entrambi volevano molto bene al loro figliolo.
I sensi di colpa…..
Se il bambino ‘affetto da una madre nevrotica’ considerasse effettivamente difettosa la madre, andrebbe incontro ad una vita psichica ancor più afflittiva e patalogica, perché si sentirebbe sempre in ansia per la dipendenza da un adulto percepito come ‘cattivo e inaffidabile’. A tal proposito il bambino preferisce percepirsi come bambino cattivo. Se la mamma lo ama in modo sbagliato non è la mamma che non va, ma è lui stesso che non va.
In tal modo il bambino sviluppa un assurdo ‘senso di colpa’ però riesce ad evitare il terrore di dover convivere costantemente con una madre considerata cattiva (in quanto il cattivo sarebbe lui). Se poi anche il padre non riesce a compensare le carenze e gli squilibri della madre, l’ingiustificato senso di colpa e di autosvalutazione del bambino è ancora maggiore. Ne deriva la seguente proposizione: meglio considerare se stessi cattivi, ma stare con genitori considerati bravi, piuttosto che il contrario.
L’attrazione verso la persona con tratti caratteriali simili al genitore
Questo tipo di bambino divenuto grande sarà molto vulnerabile alla seduzione da parte di persone che presentano tratti caratteriali simili a quelli della madre, o comunque dell’atmosfera genitoriale. L’antico senso di colpa infantile – instauratosi, come abbiamo visto per ragioni difensive – ancora attivo nell’inconscio nonostante si sia diventati grandi, ha bisogno di essere riparato, superato, bonificato.
Perciò inconsciamente si è attratti da persone con le quali, in versione adulta, si possono riattivare le primitive e infantili vicissitudini sentimentali. Essendo stati abituati sin da bambini ad un rapporto affettivo frammisto di aggressività, incomprensione e ‘calci in faccia’, la relazione con un partner, similmente caratterizzata, viene considerata abbastanza normale e accettabile, laddove bisognerebbe invece comprendere che si tratta di una relazione malata.
I soprusi e gli abusi del partner vengono incassati come duri colpi, ma poi archiviati e perdonati, dato era stato costretto a credere che chi ti fa del male può essere la stessa persona che ti ama. Dunque, gli errori dei genitori si ripercuotono nelle scelte affettive della vita adulta. Tuttavia, se i genitori, quasi sempre commettono sbagli per ignoranza e inconsciamente (quindi senza una sostanziale colpevolezza), purtroppo capita spesso di imbattersi in partner sbagliati che sono ‘colposi e dolosi’ in quanto si approfittano delle debolezze di una persona al fine di manipolarla e trarre vantaggi per il proprio ego.
Per l’inconscio le forze che hanno distrutto e ferito devono essere sfidate, rimesse in gioco, poiché il sogno malato dell’inconscio è quello di convertire queste forze, di trasformarle da cattive in buone. Il bambino, il quale come abbiamo detto, si sente cattivo pur di difendersi dalla cattiveria genitoriale, vuol fare di tutto pur di diventare bravo al punto tale da trasformare quella cattiveria in positività, cioè in un’affettività equilibrata.
Si tratta di un ‘sogno malato’ e senza speranza che il bambino dovrebbe superare, ma che invece può restare avvinghiato nell’inconscio fino alla vita adulta con la conseguenza di subire la seduzione di persone effettivamente cattive, ambivalenti incapaci di dare e ricevere amore.
Queste persone vengono sentite inconsciamente come capaci di riproporre la disarmonica condizione affettiva infantile, eppure proprio per questo risultano seducenti, perché l’inconscio ‘ancora sogna’ di sanare la situazione. Questo infantile bisogno di riparazione e risanamento predispone a dare il meglio di sé, ad amare con tutte le proprie forze, fin quasi a sacrificarsi e a di immolarsi… ad amare chi? Una persona che in verità è cattiva, malata, incapace di una vita affettiva sana e che a tutti i costi si vorrebbe trasformare in buona ed equilibrata.
E’ follia tutto questo? In un certo senso sì, se non è follia si tratta dell’assurda tragicità dell’inconscio e dei suoi tortuosi meccanismi malati che si esprimono con l’instaurarsi di relazioni amorose perverse, paradossali, atroci. Eppure quante persone amano il proprio persecutore? Quante cadono vittima di persone manipolatorie e profittatrici? Quante si legano a persone sbagliate e improponibili ai fini di una vita più serena?
Il nostro bambino interiore
Ci leghiamo nell’eros attraverso il nostro ‘bambino/a interiore’ se questo bambino è stato educato (da noi stessi) in modo da sentirsi libero, spontaneo non obbligato a recitare un falso Sé, allora vuol dire che si è collegato con il nostro Senex (termine che nella teoria psicoanalitica di Carl Gustav Jung si riferisce a una rappresentazione mentale primaria,), altrimenti è collegato in modo regressivo all’imago genitoriale (termine introdotto da C.G. Jung) e quindi al complesso infantile.
Nel primo caso le relazioni amorose sono generatrici ed evolutive, ciò non vuol dire necessariamente che durino per sempre, ma che danno luogo ad esperienze autentiche, dove c’è un amore più sano, che fa crescere.
Nel secondo caso gli amori diventano regressivi, anche distruttivi, tolgono energia, fanno soffrire, vengono percepiti con emozioni e presentimenti subdoli, dunque si ripropone nella vita affettiva adulta uno schema psicoaffettivo che presenta forti analogie con l’esperienza infantile, nei suoi turbamenti e nelle sue carenze.
Da bambini, era compito delle figure di accudimento provvedere per noi. Da adulti, il bambino interiore ci chiede di assumerci la responsabilità per noi stessi. Essere in connessione col bambino interiore ci rende più attenti e solleciti verso noi stessi, verso i bisogni reali: è la strada che ci insegna a prenderci cura di noi in ogni aspetto del vivere. Il bambino interiore ci ricorda di vivere la vita dei sensi, di aprirci alle esperienze sensoriali, di seguire il sentire.
Se da adulti siamo in preda a stati emotivi negativi come ansia, paura, panico, l’origine è sicuramente nella nostra infanzia, e la via di guarigione non potrà prescindere da un confronto col bambino interiore e con i vissuti e i temi che racchiude.
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Salve, un buon articolo, peccato all’ultimo manchi di una possibile soluzione. Potrebbe essere ben integrato per poter essere di aiuto, grazie Daniele