La cucina come simbolo di famiglia e nutrimento

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Esperta in psicologia ambientale, psicologia della casa e dell’abitare.
Illustrazione di Laura Tallardy Art

Introduzione, breve storia sull’evoluzione della cucina e il suo significato psicologico.

Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano. Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire. Mi piacciono col pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche che la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi di un grandezza esagerata.

Con un frigo enorme pieno di provviste che basterebbero tranquillamente per un intero inverno, un frigo imponente, al cui grande sportello metallico potermi appoggiare. E se per caso alzo gli occhi dal fornello schizzato di grasso o dai coltelli un po’ arrugginiti, fuori le stelle che spendono tristi. Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po’ meglio che pensare che sono rimaste proprio sola.
Tratto da Kitchen (1988) di Banana Yoshimoto

La cucina nel corso degli anni ha seguito i mutamenti sociali ed economiche della società. Negli anni ’60/’70 era il centro della casa, un luogo di aggregazione, dello stare insieme dei pranzi domenicali con tutta la famiglia.

Era uno spazio dove i giochi dei bambini si intrecciavamo con i lavori degli adulti. La cucina era la stanza più calda della casa, era la stanza più materna dove la donna borghese e di campagna assumeva un ruolo centrale. Lì in quella stanza si faceva persino il bucato e il bagno.

Il focolare faceva d’accoglienza ai membri della famiglia. L’atmosfera che si percepiva all’interno era di calore, di condivisione e di benessere nella semplicità.

Questa cucina con i suoi ricordi non smette mai vivere. Oggi tutto è cambiato perchè il sistema famiglia e la società si sono modificate.

Oggi la cucina come spazio fisico diventa un tutt’uno con la zona living. Questo ambiente non è più il focolare domestico, perchè oggi è più importante apparire più che esserci, perchè oggi la cucina è di chi la vive, di chi la usa, la sporca, ci mangia.

La cucina dei nostri tempi è un luogo dove si cerca di recuperare un ruolo centrale nella casa ma che poi in realtà si trasforma in aseticcità e nella ricerca di tecnologia.

Le cucine moderne sono a scomparsa o di pochi centrimetri, oggi non servono cucine ampie e grandi perchè si preferisce condividere fuori piuttosto che dentro.

La cucina come nutrimento

La cucina in psicologia è stata oggetto di studio come stanza simbolica. Per gli psicoanalisti rappresenta la madre, la donna, il rapporto dei figli con la propria madre.

E’ la stanza della trasformazione perchè il cibo da crudo diventa cotto, da freddo a caldo, diventa energia, piacere, condivisione, oppure frustrazione.

E’ una stanza dove si può esprimere l’aggressività perchè si maneggiano coltelli e forbici. Per alcuni la cucina rappresenta anche il desiderio e la sessualità. Il detto “ti prendo per la gola” oppure la preparazione di cibi afrodisiaci né sono un esempio.

L’atto di cucinare, la condivisione di esso e la sua consumazione nella stanza ci porta ad un coinvolgimento esperienziale ed emotivo, dove possono essere trascinati non solo i membri della propria famiglia ma anche amici e conoscenti.

La cucina può essere un luogo temuto, pauroso, dove la persona può venire risucchiata dai ricordi della sua infanzia, perché è la stanza dove si rivive il rapporto con la propria madre. Il nutrire dà sicurezza e protezione ma anche ansia e paura, talvolta rifiuto.

In questo senso possiamo definire la cucina come luogo di tentazione perchè il nostro corpo ci spinge a cucinare a provare nuovi piatti…

…però la nostra mente ci fa fare un passo indietro, perchè ha paura di sporcarsi, di esprimersi, di sperimentare, si ricorda il rifiuto. Oppure al contrario la voglia di cibo fanno sì che il nostro corpo e la nostra mente per provare “benessere” si abbuffino.

Riassumendo il cibo in cucina ci trasmette tre significati:

CIBO COME SUCCHIOTTO

Quando il bambino piange o urla si è portati a dargli il “ciuccio” per farlo stare buono. Così facendo il cibo diventa il mezzo di consolazione a bisogni inascoltati ed a emozioni inespresse.

CIBO COME PREMIO

Ad esempio quando nostro figlio si comporta bene oppure quando prende un bel voto, siamo portati a dargli una caramella, una fetta di torta o una barretta di cioccolato, in simbolo di gratitudine;

CIBO COME ENERGIA

Spesse volte i genitori affermano “Mangia che cresci e diventi forte”. Questa affermazione racchiude il significato di protezione e di sostegno.

Il rifiuto del cibo può sublimare il rifiuto alla vita e/o al rapporto materno.

In queste righe si intuisce che il cibo come la cucina assumono valori simbolici dal significato relazionale ed emotivo. Ogni significato è soggettivo e ognuno è libero di dare il valore che sente più vicino a sé.

Concludendo come diceva Banana Yoshimoto nel suo libro: la cucina indipendentemente se grande o piccola, pulita o sporca, funzionale o vissuta, deve essere un luogo dove stare bene e dove si fa da mangiare.

Articolo a cura di: Virna Tripodo, psicologa psicoterapeuta
ESPERTA IN PSICOLOGIA AMBIENTALE


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