Nella fisiologia del corpo c’è un aspetto affascinante, un mistero della nostra natura non ancora spiegato del tutto dalla scienza: il pianto. Gli studiosi ci dicono che molte altre specie viventi piangano per dolore o per rabbia ma solo agli esseri umani accade di versare lacrime come espressione di sentimenti ed emozioni.
Eppure proviamo vergogna, pensiamo che il pianto appartenga ai bambini che richiamano in questo modo l’attenzione degli adulti sui loro bisogni primari.
Siamo convinti, per educazione e per convenzione sociale, che le persone forti non debbano lasciarsi andare.
Ci tratteniamo, ricacciamo indietro le lacrime perché gli altri non ci vedano in questa situazione. Paghiamo il retaggio di una distorta concezione dell’uomo che vede nel pianto una prova di debolezza. Nulla di più sbagliato. “Il sapone è per il corpo quello che le lacrime sono per l’anima” —Proverbio Yiddish
Le lacrime esprimono il nostro stato d’animo. Permettono di sgravarsi dai pesi, di liberare le emozioni.
La ricerca scientifica continua a studiare il pianto mostrandoci una verità che trovo sorprendente: la consistenza e la composizione chimica delle lacrime cambia a seconda della ragione per cui le versiamo.
Piangere di gioia o di dolore produce diverse tipologie di lacrimazione
Questo suggerisce le diverse valenze che possa avere l’atto del piangere, le sue funzionalità utili e indispensabili per mantenere in salute corpo e mente consentendo loro di trovare vie d’uscita a ciò che preme e comprime dall’interno (dolore per una perdita oppure gioia per una conquista, per un dono e una parola di conforto ricevuti, un male fisico che ci debilita).
Il professor Vingerhoets dell’Università di Tiburg nei Paesi Bassi, il maggiore esperto al mondo in psicologia del pianto, afferma infatti che non si può pensare che il pianto sia legato solo alla tristezza o a stati di commozione, è più profondo: esprime una vasta gamma di sentimenti, dal dolore alla frustrazione, dalla rabbia alla gioia.
Prima di lui il biochimico William Frey aveva affermato che il pianto avrebbe anche la funzione di rimuovere dal sangue le sostanze tossiche che si sviluppano durante i periodi di stress.
Quando piangiamo, in effetti, si abbassa il manganese presente nel nostro corpo, il minerale che contribuisce ad alzare il livello di stress e ansia.
Al pianto segue sempre una profonda sensazione di alleggerimento. Ci sentiamo ripuliti, la nostra mente ritrova la calma e riesce a ragionare con maggiore lucidità.
Mi capita spesso di vedere come la risata sia seguita dal pianto: c’è una correlazione perché ridere e piangere scatenano una grande energia che, raggiunto il suo apice, è liberatoria e riporta all’equilibrio.
La natura è sempre la più grande maestra e consente, attraverso il pianto, di liberare le emozioni. Dovremmo imparare a esprimere il nostro sentire, a lasciar andare ciò che ci soffoca. Se esprimiamo noi stessi ci alleggeriamo.
mi hanno sempre detto, fin da piccolissima, che non devo piangere. io sono primogenita. gli altri potevano piangere, essendo piccoli. ma, comunque, era sempre colpa mia, che non stavo attenta che non piangessero. a me era proibito piangere, anche perché dovevo dare il buon esempio ai piccolini. …