Ogni genitore desidera il meglio per il proprio figlio. Vuole che si senta amato, capace, sicuro di sé. E così, con le migliori intenzioni, riempie le giornate di “sei bravissimo!”, “che genio!”, “sei il più bello!”, “hai fatto un capolavoro!”. Ma pochi sanno che, dietro certe lodi, si nascondono trappole sottili che invece di rafforzare l’autostima… la logorano. Non subito, non in modo evidente. Ma a poco a poco, nel tempo.
L’autostima non si costruisce dicendo al bambino che è speciale. Si costruisce quando il bambino sente di potersi fidare del proprio valore, anche se non è perfetto, anche se sbaglia, anche se non primeggia. Lodarlo continuamente per ciò che fa, o peggio per ciò che è, può trasformarsi in una gabbia invisibile: quella dell’approvazione condizionata.
Le lodi che danneggiano l’autostima di tuo figlio
Questo articolo nasce per guidare i genitori a riconoscere le lodi che, seppur mosse da amore, rischiano di minare la sicurezza interiore dei propri figli. È un invito a smettere di rincorrere la performance, per tornare all’essenza del legame: la fiducia.
1. La differenza tra incoraggiamento e lode: ciò che il cervello registra
L’incoraggiamento e la lode non sono la stessa cosa. Il primo guarda all’impegno, alla fatica, all’intenzionalità del bambino. La seconda, invece, valuta il risultato. “Hai lavorato con pazienza” non è come “che bel disegno!”. La prima frase attiva la corteccia prefrontale e rafforza le connessioni neurali legate all’autoefficacia. La seconda stimola il sistema dopaminergico… ma solo in superficie.
Quando un bambino riceve lodi ripetute sul risultato, inizia a cercare la lode, non più il piacere del fare. Questo lo rende dipendente dall’approvazione esterna. Il cervello, specie tra i 3 e i 10 anni, è estremamente sensibile agli stimoli di ricompensa sociale, e rischia di creare un’associazione: “valgo se vengo lodato”.
2. Le lodi che sembrano amore… ma sono giudizi mascherati
Molte lodi nascono da un intento affettuoso, ma si rivelano giudicanti in modo implicito. Ecco alcuni esempi:
- “Sei il più bravo di tutti!” → Il bambino interiorizza che deve essere il migliore, altrimenti perde valore.
- “Hai preso 10? Lo sapevo che eri intelligente” → L’intelligenza viene legata al voto, non al processo.
- “Ti preferisco quando sei così educato” → Il bambino percepisce che l’amore è condizionato dal comportamento.
Tutte queste frasi sembrano positive, ma portano con sé un messaggio subdolo: “Ti amo solo quando soddisfi le mie aspettative”. L’autostima vera non nasce dal piacere che generiamo negli altri, ma dalla fiducia che possiamo esistere anche quando non brilliamo.
3. I danni invisibili: ansia da prestazione, evitamento, perfezionismo
I bambini troppo lodati crescono con un’ansia invisibile: quella di deludere. Spesso diventano perfezionisti, o evitano del tutto ciò che non garantisce un successo sicuro. Hanno bisogno continuo di essere rassicurati (“è venuto bene?”), e temono profondamente l’errore.
La neurobiologia ci aiuta a capire perché: l’amigdala, che gestisce la paura, si attiva ogni volta che il bambino prevede un giudizio negativo. Se nella sua esperienza l’amore è legato alla prestazione, ogni sbaglio sarà vissuto come una minaccia affettiva. Così si crea un paradosso: bambini pieni di lodi… ma fragili, insicuri, incapaci di tollerare la frustrazione.
4. Lodi e narcisismo: l’illusione del Sé speciale
Alcuni studi suggeriscono che un uso eccessivo e generalizzato delle lodi (“sei unico”, “sei un piccolo genio”, “nessuno è come te”) possa contribuire alla costruzione di un Sé grandioso, più fragile di quanto appaia.
Il narcisismo infantile, infatti, non nasce da un eccesso d’amore… ma da un amore non autentico. Il bambino lodato per ciò che rappresenta, e non per ciò che sente, finisce per crearsi un’immagine ideale da mantenere. Il vero Sé resta inascoltato, in favore di un “personaggio” da far brillare per compiacere l’altro. L’autostima, in questo caso, diventa un riflesso fragile e instabile, sempre in cerca di conferme.
5. Lodare il bambino… o il suo processo?
C’è una differenza profonda tra dire:
- “Sei un genio, hai risolto il problema!”
- e “Hai trovato una soluzione interessante, mi piace come ci hai pensato!”
Nel primo caso si loda il bambino, nel secondo si riconosce il processo mentale e il pensiero. Questa distinzione, teorizzata anche da Carol Dweck (teoria della mindset), mostra che i bambini elogiati per lo sforzo diventano più resilienti e motivati, mentre quelli lodati per l’intelligenza rischiano di scoraggiarsi alla prima difficoltà.
6. Le lodi che silenziano le emozioni
Un altro effetto collaterale poco noto è questo: le lodi possono impedire al bambino di esprimere le sue emozioni autentiche. Se riceve sempre frasi come:
- “Sei così solare!”
- “Che bambino felice che sei!”
- “Mamma è fiera di te perché non piangi mai!”
…imparerà presto che la tristezza, la rabbia, la delusione non sono ben accolte. E comincerà a reprimerle, pur di non deludere l’immagine positiva che l’altro ha di lui. L’autostima non è solo fiducia nelle proprie capacità. È anche sentirsi degni d’amore anche nei momenti emotivi più scomodi. Alternative sane come:
- sostenere davvero l’autostima di un figlio
- Sostenere l’autostima non significa caricare il bambino di aspettative. Significa:
- Accogliere le sue emozioni senza giudizio (“vedo che sei triste, vuoi parlarmene?”)
- Riconoscere lo sforzo più che il risultato (“hai dedicato tempo a costruire questo!”)
- Offrire feedback realistici e specifici (“mi è piaciuto come hai cercato di risolvere il problema”)
- Separare sempre il comportamento dalla persona (“quello che hai fatto non va bene, ma io ti voglio bene comunque”)
Inoltre, è essenziale non usare la lode come leva per il comportamento desiderato. I bambini percepiscono l’intenzionalità delle parole. Sentono quando un “bravo” è detto per compiacere, o per controllarli.
Le ferite invisibili di chi è cresciuto solo tra applausi
Molti adulti che oggi si sentono “incapaci”, “insicuri”, o “invisibili quando non performano” sono stati bambini pieni di lodi. Non hanno imparato a costruire un valore personale autentico, perché tutto girava intorno a ciò che facevano, non a ciò che erano. Questi adulti spesso:
- evitano il conflitto per paura di non piacere
- hanno paura di sbagliare davanti agli altri
- si auto-sabotano quando non ricevono approvazione
- vivono un’identità sospesa tra bisogno di conferme e paura del fallimento
Il bambino lodato in modo condizionante, da adulto, continuerà a cercare relazioni che lo approvino, anche a costo di perdere sé stesso.
Amare non è dire “bravo”, ma dire “ti vedo”
Crescere un figlio non significa riempirlo di parole rassicuranti. Significa offrirgli uno spazio stabile e incondizionato in cui possa sbagliare, sperimentare, dubitare, senza perdere il legame. Lodare in modo automatico, iperbolico o strumentale rischia di insegnare al bambino che il suo valore sta fuori da lui: nello sguardo dell’altro, nel voto, nella performance, nel sorriso di un genitore soddisfatto.
Smettere di lodare in modo meccanico non significa smettere di amare. Significa amare con più presenza. Significa passare da “sei il più bravo” a “io ci sono anche quando non ti senti il migliore”. Da “sei perfetto” a “sei abbastanza, così come sei”.
Per questo, nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi”, dedico un intero capitolo all’educazione affettiva e all’impatto profondo delle parole nella mente in formazione. Perché ciò che diciamo ai bambini oggi… costruisce (o distrugge) la loro voce interiore di domani. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
E se ti va, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe.
Ti aspetto lì per continuare il viaggio.