Nell’ambito delle relazioni sentimentali insane o disfunzionali, ho notato spesso la presenza costante di una particolare attitudine in molte donne: quella di spostare il centro dell’attenzione da se stesse all’altro, in ogni circostanza.
Parlano solo dell’altro; si chiedono perché faccia o dica certe cose oppure perché non le faccia o non le dica. Ne osservano con estrema attenzione i comportamenti per valutare la presenza di quei segni che, a loro avviso, potrebbero rappresentare un calo dell’amore. Si domandano continuamente cosa provi e cosa pensi. Si sforzano di entrare nella sua mente e di comprendere come ragiona.
Continuano a porsi domande alle quali non possono rispondere, nel tentativo di avere il controllo su ciò che accade o potrebbe accadere.
Dopodiché si sforzano terribilmente di far andare bene le cose; accondiscendere, individuare e quindi soddisfare le esigenze dell’altro. Si sforzano di non deluderlo mai, di essere perfettamente aderenti alla sua – presunta – visione di come dovrebbero essere il rapporto e la compagna.
Si comportano insomma come se l’esito della relazione dipendesse solo da loro.
Si tratta di un comportamento che, a mio avviso, nasce da tre elementi che si intrecciano formando diverse configurazioni:
1) la poco consapevole ma radicata convinzione, condivisa da molte donne, che per essere amate si debba essere “brave” (qualsiasi cosa ciò significhi per ognuna), oppure proprio “come l’altro ci vuole”;
2) Il bisogno di sentire di avere il controllo su ciò che accade, da cui si fa dipendere il proprio senso di sopravvivenza emotiva (e, a volte, anche materiale);
3) La pretesa (anch’essa spesso inconsapevole) che l’altro si comporti secondo le proprie aspettative o regole e i conseguenti tentativi di “aggiustarlo” o cambiarlo per farlo finalmente diventare la persona che che si pensa dovrebbe essere.
Queste convinzioni portano a compiere tre errori estremamente dannosi:
1) Da una parte, lo sbilanciamento continuo del fuoco dell’attenzione sull’altro le allontana da se stesse, distraendole dai loro bisogni e dalla comprensione di tutte quelle emozioni che potrebbero invece insegnare ed indicare al meglio la strada da seguire. Questo nel lungo termine aumenta il senso di vuoto interiore e di inadeguatezza, e mina profondamente l’autostima.
2) Dall’altra, l’illusione di onnipotenza sottesa alla convinzione di essere in grado da sole di far funzionare la relazione, porta ad un sovraccarico di responsabilità, ed espone alla delusione e al dolore che inevitabilmente derivano dal fallimento di questo intento, perpetrando un circolo vizioso in cui ci si sente sempre meno capaci e sempre più in balia degli eventi esterni;
3) Il continuo procrastinare la chiusura di una relazione che non funziona, nella convinzione illusoria che prima o poi l’altro – grazie ai propri tentativi e sforzi – finalmente diventerà come lo si vuole.
ALLORA COSA FARE?
La risposta è semplice ma la sua applicazione non è facile, in quanto richiede di VEDERE e quindi CAMBIARE alcuni schemi che sono radicati, abituali e automatici nella loro manifestazione.
Tuttavia si può iniziare facendo due cose:
1) Ogni volta che si pensa e si ragiona con il baricentro spostato sull’altro (es. perché fa così? Perché di ce questo? Ecc.), SFORZARSI DI RICONDURRE SUBITO IL CENTRO DELL’ATTENZIONE SU SE STESSE: come mi sento io? Cosa desidero io? Questa cosa mi sta bene oppure no? Perché non mi piace? Ecc…
2) Ogni volta che ci si ritrova a compiere sforzi funambolici per “far andare bene le cose” con l’altro, RIPETERSI CHE IN UNA RELAZIONE SI È SEMPRE IN DUE e che anche l’altra persona ha la sua parte di responsabilità e di intervento. Quindi, se le cose non vanno e l’altro non si dà da fare… forse si dovrebbe cominciare a pensare che non è così motivato a restare nel rapporto, e che una relazione tanto sbilanciata non è un buon investimento per il futuro;
3) Ogni volta che si rimanda la chiusura di una relazione perché si spera in un cambiamento desiderato quanto improbabile, ripetersi che LE PERSONE SONO COME LE VEDIAMO NEL PRESENTE. Aspettare un improbabile cambiamento che le porti ad essere come si vorrebbe che fossero è solo UNA PERDITA DI TEMPO PREZIOSO, che si potrebbe investire nel ricostruire la propria autonomia e serenità.
A cura di Annalisa Barbier, psicoterapeuta
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…mi ci sono ritrovata in pieno, in ogni punto…la mia relazione era così…sbilanciata a dire poco…Il problema è che l’ ho capito tardi…avevo perso la mia autostima, e anche la stima dei miei figli. Ora ho entrambi.
Alessia da Roma.