Mai più sottomessa al Manipolatore. Psicoracconto per riflettere

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.
Illustrazione di Gastón Viñas

Beatrice era davanti allo specchio.
“Come ti sei permesso?” disse all’immagine davanti a sé. 
Quel suono salì al cuore, fino a farlo vibrare. Una voce, d’ora in avanti, l’avrebbe protetta da ogni sopruso. Una dignità ormai sepolta stava crescendo come una speranza.

“Come ti sei permesso?”, sussurrò nuovamente.

Si esercitava Beatrice, voleva sapere se sarebbe stata capace un giorno di pronunciare davvero quelle parole. A gran voce, sguardo dritto negli occhi.

Era fuggita Beatrice. Fuggita da lui. Alto, brizzolato, dal petto ingrossato di sé, si era lasciata alle spalle umiliazioni, violenza psichica, aggressioni verbali e quel senso sottile di implicita sottomissione.

Aveva subito per anni, senza accorgersene. 
Lei lo amava, ma l’altra faccia di quell’amore si chiamava potere. 
Lo aveva ammirato e venerato, tutto era filato liscio, per un po’. Lui, a quel potere non sapeva rinunciare e quando lei le era sgusciata dalle mani, proprio non riusciva a digerirlo.

La gabbia del manipolatore

Quel legame per Beatrice era una gabbia, la gabbia psichica e tipica del manipolatore, intrisa di sfaccettature che oggi diventavano sempre più evidenti. Davanti allo specchio quella fragile donna srotolava la pellicola di un passato di dolore.

“Tu, mi controlli con arguzia. Manovri, persuadi, falsifichi. Confondi, spiazzi, zittisci. Vola via, mi dicevo. Ma le mie mani restavano impaurite, incollate alle tue.


Tu, al quale opporsi non era un diritto, ma un atto di lesa maestà. No al dissenso, alle obiezioni. 

Tu, mi guardavi, ma non mi vedevi, incapsulato dentro a te stesso. 
Tu, patologico e indistruttibile bugiardo, negavi. Ammettere significava crollare.


Tu, sapevi sempre quale fosse il mio bene, confondendo l’empatia con il gusto perfido del controllo. 

Tu, smarrito il potere provocavi fino a farmi impazzire. 

Tu, sei così fragile da nutrirti della mia venerazione. I miei occhi ti fanno rialzare, perché da solo in piedi non ci puoi stare. I miei occhi ti donano importanza. La tua grandezza è sorretta dal mio sguardo.


Non ti nutri più di me, ma ti sarà facile scovare chi saprà darti occasione di prevaricare.
 Ed infine io, libera nella mia quiete, osservo le tue vane provocazioni scivolare nel vuoto. 
Ti guardo da qui, davanti allo specchio, una benefica e sudata distanza, provo compassione. Non so se sarò capace di dire, ma è certo che ora saprò respirare. 
Ero cieca, ingarbugliata in un potere sottile, in un silenzio assordante. 
Avrei dovuto difendermi prima, non ne sono stata capace. Sarei dovuta andare via prima, ma non ne sono stata capace”

Beatrice sorrise, le lacrime scendevano brucianti sul viso. 
Finalmente era libera.

Relazione con un manipolatore: le caratteristiche

Queste le parole e la storia di una donna ingabbiata in una relazione con un narcisista manipolatore. Cosa accade in una relazione con un narcisista manipolatore e quali sono le sue caratteristiche?

1. Non esiste confronto.

Il manipolatore ha sempre l’ultima parola. Ciò significa che affermare una posizione, anche quando si hanno le idee piuttosto chiare, diventa un’impresa. Di solito si esce da una discussione indossando i suoi “vestiti”.

Il manipolatore è intelligente e si muove con arguzia. Manovra, persuade o falsifica le informazioni in modo da confondere.

Lascia senza parole, senza risposte. Fa perdere l’orientamento.
Soltanto la distanza fisica riporterà, in chi è caduto nella trappola, una nuova forma di lucidità.

2. Non esiste spazio per il dissenso.

Al manipolatore non ci si può opporre, è superiore. “Come osi”, dice. Interpreta l’obiezione non come un diritto, ma come una critica o mancanza di rispetto verso di sé.

3. Non vede l’altro.

Il narcisista manipolatore non vede l’altro. È “incapsulato” in se stesso e non vede l’altro davvero, piuttosto gli è utile. Ogni attenzione che ha nella relazione, difficilmente è pura, autentica o priva di un interesse che lo riguardi.

4. Nega l’evidenza e omette errori indubitabili

È un bugiardo patologico, nega a se stesso e di conseguenza agli altri. Ammettere un errore significherebbe crollare.

5. Pensa di sapere che cosa è giusto per l’altro

Il narcisista manipolatore si crede empatico, ma in realtà si tratta di un’ulteriore forma di controllo sull’altro. “So io cosa è bene per te…”, dice, ma il fine è il controllo.

6. Quando perde potere stalkera, provoca o seduce

Il narcisista, quando perde potere, può provocare, “stalkerare” fino a fare impazzire l’altro. Seduce per riavere la sua preda. L’unica arma di difesa per la vittima è il silenzio, prima o poi la smette e le sue provocazioni cadono nel vuoto.

7. Si pone al di sopra di tutti, in realtà è il più fragile di tutti

Il senso di superiorità del narcisista è una caratteristica centrale. Dietro a quell’aria di sufficienza esiste un’altra faccia, quella che non si vede, la fragilità. E’ così fragile, in realtà, che la venerazione della vittima gli serve per sentirsi importante. Gli è utile, a percepirsi considerevole, forte e a sentire di avere un valore.

Si nutre della considerazione dell’altro perché in piedi, da solo, non ci può stare. Ogni sua forma di amore verso l’altro nasconde un bisogno: di potere, controllo, ammirazione. Ecco perché il dolore più grande per la vittima sopraggiunge quando, uscita dalla relazione, comprende che il partner non era capace di un amore autentico.

Psicoracconto di Cristina Radif, psicoterapeuta
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