Manipolazione psicologica “benigna” e “maligna”

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Autore
Psicologo e Psicoterapeuta Specializzato in Psicoterapia Strategica.

La manipolazione psicologica finalizzata ad avvantaggiarsi dell’altro incuranti delle conseguenze gravi e, a volte gravissime, sulla sua integrità e sul suo equilibrio emotivo può avere infinite sfumature.

Non sempre, infatti, chi manipola la fa con la consapevolezza di compromettere la relazione e può reagire con sincera contrizione davanti al disastro causato dai suoi sbagli. Non sempre, chi manipola è un narcisista perverso, ma una persona fragile e angosciata all’idea che debba mentire e alterare la realtà per essere benvoluta, mentre coltiva la drammatica convinzione che nessuno potrà amarla per quel che è, incondizionatamente.

Altre volte, la manipolazione psicologica può manifestarsi come modalità transitoria in contesti relazionali ambigui, sospesi e in evoluzione… Per esempio, il corteggiamento è il luogo elettivo e solitamente molto gradito della manipolazione, intesa come la strategica, direi sana entro certi limiti, capacità di porgere all’altro le parti migliori di sé allo scopo di conquistarlo.

O ancora, la manipolazione psicologica può presentarsi nell’interazione tra genitori e figli, in particolare quando gli adulti sentono la necessità di proteggere i bambini da situazioni che non potrebbero comprendere e che turberebbero il loro equilibrio. Forse, certe omissioni, certe distorsioni della realtà possono essere preferite dai genitori come “il male minore”, rispetto ai danni che alcune verità familiari causerebbero se non attutite, pur con sofferenza, da benevoli inganni (almeno nell’intenzione).

Manipolazione “benigna e maligna”

Il continuum della maanipolazione: da “benigna a maligna”. Per comprendere la manipolazione psicologica e i suoi effetti può essere utile immaginare un continuum, una linea compresa tra due estremi tra i quali si declinano diverse forme di manipolazione relazionale, da quelle innocue o addirittura benevole a quelle, invece, perverse e maligne.

La polarità delle “manipolazioni benigne” include quei comportamenti, quegli atteggiamenti e quelle comunicazioni che, pur distorcendo realtà e informazioni, sono finalizzati a suscitare nell’altro emozioni positive, o a proteggerlo in una situazione di fragilità. Per esempio, una festa di compleanno a sorpresa richiede che il festeggiato ignori sino al giorno del suo compleanno che tutti i suoi amici si riuniranno in segreto per manifestargli il loro affetto. Tecnicamente è una grande manipolazione, ma è senza dubbio benigna.

Ma, oltre questo esempio, l’affettività sana è punteggiata di amorevoli inganni, tutti motivati dall’esigenza di fornire cure e di creare un clima relazionale stabile, accogliente e positivo.

Un elemento distintivo della manipolazione benigna è che non lede in nessun caso i valori della fiducia e del rispetto verso l’altro.

In questi casi il manipolatore vuole dare qualcosa di buono e, allo stesso tempo, desidera godere del benessere e della felicità della persona. Si può affermare che l’estremo positivo del continnum della manipolazione include tutti i “giochi di relazione” in cui entrambi i partecipanti vincono.

La manipolazione maligna, ovvero il Gasligting

La polarità opposta, la manipolazione maligna è rappresentata dal gaslighting, neologismo introdotto dagli psicologi americani per designare la massima gradazione di crudeltà, machiavellismo patologico, ricatto emotivo e violenza relazionale.

Il termine è ispirato al film Gas Light del 1944, in cui il protagonista adultero persuade la moglie di essere pazza per nasconderle il tradimento alterando l’illuminazione a gas dell’appartamento e affermando, sin quasi a renderla pazza, che in realtà la luce sia sempre la stessa e lei sperimenti una sorta di ottundimento mentale…

Il gaslighting è caratterizzato da azioni consapevoli e deliberate mirate a confondere la percezione della vittima, a demolire la sua autostima e a imporre una sudditanza psicologica con lo scopo prevaricante di ricavare vantaggi a suo discapito. Il manipolatore maligno, o gaslighter, non manifesta empatia per la preda, né si ferma davanti alle drammatiche conseguenze delle proprie manovre. Neppure quando l’altro perde il controllo, sino a credersi folle, sino a dissolvere la sua identità soverchiata dalle ripetute e brutali azioni del/della carnefice.

L’obiettivo principale del gaslighting è minare l’autonomia e la capacità valutativa dell’altro per acquisire il pieno controllo della sua vita. Gli attacchi, molto spesso sottili, sotto-traccia, altre volte esplosivi e arroganti si servono della svalutazione progressiva, del condizionamento e del silenzio, in un’alternanza martellante, tale da destabilizzare anche le identità più strutturate.

La svalutazione progressiva.

Da prima, il manipolatore maligno utilizza una “leggera ironia”, per esempio sulla forma fisica o sul modo di vestire. Poi mira a criticare sempre meno velatamente abitudini, preferenze, tratti del carattere, amici e familiari della vittima. Infine, si adopera con tentacolare efficienza nell’insinuare dubbi sulla moralità della preda, sulla sua lealtà, sulla sua intelligenza, e colpisce uno a uno, come birilli umani, tutti i suoi punti di riferimento affettivi per condurla all’isolamento. La vittima del gaslighter, spesso, non lascerà che lui/lei scenda in campo, e devasterà da sola i legami residui, che per via della manipolazione mentale, le appariranno come ostacoli da rimuovere per conquistare la “terra promessa” dal suo aguzzino.

Il condizionamento.

Consiste nella somministrazione controllata di piccoli premi ogni volta che la vittima appare esausta e sul punto di “mollare”, o, meglio ancora, quando si uniforma alle richieste maligne del gasligther. Una cena, qualche parola d’affetto, un cenno molecolare di stima, ma soprattutto il sesso. Nelle relazioni sentimentali, che sono il luogo privilegiato di questa manipolazione estrema, la sessualità è somministrata come un narcotico, con minuzia e competenza anestesiologica. Quello che la vittima percepisce come passione, come sublime fusione, nel gaslighting è un autentico atto di imbalsamazione emotiva. Non è sesso, ma possesso.

Il silenzio.

È la punizione estrema, la strategia elettiva del manipolatore maligno. Consiste nel disconoscimento totale dell’altro a seguito di sue lievissime incongruenze alle cavillose pretese del suo carceriere. Il persecutore rifiuta di colpo ogni comunicazione, riesce a dileguarsi e, a differenza della preda, può tollerare lunghi periodi di distacco perché cosciente di dover solo aspettare che la punizione sortisca il suo effetto. Nel silenzio, la vittima tenderà a colpevolizzarsi, a commiserarsi e a deplorarsi per aver causato una rottura così netta ed incomprensibile e quindi tornerà più debole che mai. E se questo non accadesse, il gaslighting prevede che il manipolatore le si riavvicini e approfitti con scaltrezza dello stato di prostrazione in cui l’ha sprofondata sparendo in un lampo.

Manipolazione maligna o gaslighting

Svalutazione progressiva, condizionamento psicologico e silenzio inquadrano la manipolazione maligna nella sia forma estrema del gaslighting e, allo stesso tempo, identificano nel narcisismo maligno e nella sociopatia i tratti prevalenti del persecutore.

Esplorare il continuum della manipolazione compreso tra una polarità benigna e quella maligna del gaslighting può chiarire le differenze tra narcisismo patologico, narcisismo manipolatorio, narcisismo perverso e narcisismo maligno, categorie che in letteratura vengono usate in modo intercambiabile e che, a mio avviso, andrebbero distinte.

Una più precisa comprensione delle dinamiche innescate dai diversi modelli di manipolazione può infatti favorire lo sviluppo di trattamenti psicoterapeutici ancora più mirati e supportare le vittime nel processo di svincolo e di ripresa dalla relazione patologizzante in tempi più brevi.

A cura di  Enrico Maria Secci, Blog Therapy, Psicologo psicoterapeuta


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1 commento su “Manipolazione psicologica “benigna” e “maligna””

  1. Applico il silenzio con alcune persone che mi sono profondamente antipatiche, ma non è che ne sono contento, è più forte di me. Verso qualcuna di queste persone lo applico forse perchè sono invidioso ma forse semplicemente anche perchè non mi piacciono i loro comportamenti. Verso altre persone anche solo per semplice disprezzo, ma comunque è una cosa che no fà star bene, non si è mai contenti di comportarsi così. Io non credo che una persona che applichi questo comportamento che voi chiamate manipolazione maligna, perversa ecc. sia felice di se stessa ma ha una grande paura di confrontarsi col mondo, quindi è vero che vittimizza chi gli stà attorno ma è anch’egli una vittima, di sè stesso, di una malattia che si chiama paura di vivere.

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