Viviamo in una società che pone forti pressioni sociali circa il tema della genitorialità, queste pressioni diventano ancora più forti sull’identità femminile. In particolare, ci si aspetta dalla donna che si conformi con l’aspettativa sociale di fare un figlio e assumere l’identità di madre. Nella nostra cultura, quello di «donna ideale» e «essere madre» sono spesso concetti intrinsecamente legati. Negli Stati Uniti è nato il movimento ChildFree per identificare quelle donne che scelgono di non diventare madre.
Quando diversi anni fa venni a conoscenza di questo movimento, la mia prima riflessione fu: perché una donna dovrebbe identificarsi con qualcosa che non ha, solo perché la società si aspetta che lo abbia? La risposta arrivò rapidamente. La necessità di questa identificazione nasceva dalla percezione che la società ha di queste donne e trasmette a queste donne. Per comprendere la portata del fenomeno, in seguito riporterò i dati di un recente studio che evidenzia gli effetti delle aspettative sociali di maternità sull’identità di donna-non-madre. Non è la donna che ha deciso di non procreare a identificarsi come “non madre” ma è la società che automaticamente le pone quest’etichetta.
Lo stereotipo culturale che lede l’immagine di sé
Da secoli, la concezione dell’identità femminile è legata indissolubilmente al prezioso ideale di maternità. La maternità è un valore familiare tradizionale, considerato intrinseco in tutte le donne tanto che un figlio è visto come il desiderio che tutte le dovrebbero avere (Gillespie, 2000).
Oggi, le donne sono più emancipate e consapevoli delle proprie possibilità e possono vivere la maternità come una scelta e non come qualcosa di dovuto. Eppure, ancora oggi le donne che scelgono volontariamente di rimanere libere (non avere figli) rompono il vincolo di femminilità che gli è stato assegnato. Diverse ricerche hanno evidenziato che le donne che non vogliono figli:
- sono identificate come egoiste (Changey & Dumais, 2009)
- si pensa che non piacciano ai bambini (Kelly, 2009)
- sono identificate come poco adatte, psicologicamente e socialmente svantaggiate (Changey & Dumais, 2009)
- una donna che desiderava figli che però ha sforato il suo orologio biologico, è vista dalla società come troppo passiva e incapace di prendere decisioni (Kelly, 2009)
Le pressioni sociali sono talmente forti che molte donne che hanno deciso di non avere figli, evitano riunioni di famiglia per non essere stigmatizzate. Scegliere di non avere figli significa essere una donna defemminilizzata e stigmatizzata (Shaw, 2010).
Percezione e atteggiamento sociale
Insomma, la scelta di non avere figli può essere delegittimata e rifiutata dalla società e questo può avere forti effetti sulla donna che la compie. A riferirlo è uno studio (Ruegmer & Dziengel, 2021) che ha esaminato lo stato psicologico di donne dall’età compresa tra i 40 e 60 anni, che avevano deciso di non avere figli. Queste donne avevano ricevuto forti pressioni sociali fino a interiorizzare un netto: «ma cosa non va in me?». Alcune donne si interrogavano se di fatto fossero davvero troppo egoiste per avere figli. Non solo, sentendosi stigamatizzate dalle altre donne, erano più portate a socializzare con gli uomini anche per affrontare conversazioni non incentrate sui bambini.
Lo studio citato ha deliberatamente scelto un campione femminile di una piccola cittadina, ma di piccole cittadine ne è pieno il mondo. Ecco allora che l’utilità del movimento ChildFree diviene palese. Il movimento ha il nobile scopo di smorzare lo stereotipo sociale legato alla donna-mamma e eliminare le credenze che vedono le donne che negano la maternità come defemminilizzate. Non è solo una questione di percezione ma anche di atteggiamento. Stando a un ulteriore studio condotto su un ampio campione del Michigan (Neal, 2021) coloro che hanno o semplicemente vogliono figli sono meno cordiali nei confronti degli individui senza figli. Al contrario, chi non ha figli, mostra lo stesso grado di cordialità verso il prossimo, a prescindere dalla presenza o assenza di prole.
Perché non voglio figli? La spiegazione psicologica
Premesso che le scelte di una persona non sono affari di nessuno e non dovrebbero diventare motivo di giudizio, vediamo quali possono essere le dinamiche psicologiche che spingono verso la scelta di non procreare. Le ricerche concordano nell’affermare che la scelta di non avere bambini, in genere, è legata a una moltitudine di variabili e non a un’unica ragione. Quelle che seguono, infatti, sono solo meccanismi psicologici che possono innescarsi in chi ha avuto determinati vissuti di vita.
«Il progetto di vita»
Questa è la ragione più diffusa. Semplicemente un figlio non fa parte del progetto di vita. Le attenzioni sono focalizzate altrove, che sia il lavoro o la crescita personale, l’istruzione, lo sport o fattori differenti… Il progetto di vita non contempla la presenza di un figlio, così la persona potrà andare avanti ed essere fedele solo a se stesso. Questa motivazione parla di autodeterminazione, libertà e autonomia.
«Il mondo è un posto terribile, ecco perché non voglio figli»
Alcune persone ritengono quella di fare un figlio una scelta egoistica; hanno vissuto così tante brutte esperienze che non si sentono di augurarle a nessuno, figuriamoci mettere al mondo un figlio per consegnarlo a un destino già segnato, fatto di mille difficoltà.
Queste persone reputano il mondo un posto troppo pericoloso e meschino, troppo terribile per procreare. È vero, viviamo in un’epoca di pandemie e guerre, la realtà con la quale ci confrontiamo tutti i giorni è dura. Non mancano pressioni sociali ed economiche (…), è opportuno ricordare che il mondo in cui viviamo è anche pieno di possibilità e può offrire molto. Chi codifica la realtà solo con connotazione negativa, è una persona che, intimamente, ha perso la speranza e può essere accompagnata da una malinconia di sottofondo.
«Sarei una mamma inadeguata»
L’esperienza che facciamo nella nostra famiglia d’origine pesa molto nella scelta di mettere al mondo un bambino. Le donne che si reputano inadeguate per la maternità, non hanno fatto una buona esperienza di cure materne. Queste donne sono state bambini svalorizzate, poco considerate e si sentono intimamente bisognose di cure da non riuscire a immaginare di poterle offrire a un altro. Reputano la maternità un compito troppo gravoso da svolgere.
«È troppo oneroso»
Una donna potrebbe anche scegliere di non farlo per non dover affrontare troppe difficoltà. In una società ideale, le cure genitoriali dovrebbero essere equamente distribuite tra i genitori; allo stato attuale, alla donna che diventa madre viene chiesto di rinunciare alla propria identità individuale per identificarsi esclusivamente nel ruolo materno. Una madre dovrebbe poter accedere a maggiore supporto sociale (sia nel mondo lavorativo che nel partner). Alcune donne potrebbero essere scoraggiate dalla maternità perché non se la sentono di affrontare le difficoltà esistenti.
Altre motivazioni
Quelle appena viste sono dinamiche psicologiche che possono spingere verso la scelta deliberata non mettere al mondo figli. Talvolta, però, vi sono dei fattori che inducono questa scelta in modo forzato.
- «La carriera lavorativa mi ha reso impossibile diventare mamma»
Nota bene. Anche qui la donna è doppiamente vittima degli stereotipi di genere. A un uomo non viene mai chiesto di scegliere tra la paternità e la carriera. Il sistema sociale dovrebbe prevedere cure parentali equamente distribuite. - «Viviamo in condizioni di precarietà economica»
Nota bene. Sono molte le coppie che mettono al mondo figli pur vivendo in condizioni di forte precarietà economica, quindi scelte dettate da fattori economici non possono esulare da fattori culturali. - «Il mio stato mentale non me lo consente»
Chi soffre di depressione cronica, disturbo bipolare o altri disturbi, potrebbe evitare la maternità per il timore che la sua condizione mentale possa interferire con la qualità delle cure offerte. - «Il legame mi spaventa»
Chi ha sofferto di una forte sindrome dell’abbandono, potrebbe essere spaventato da un vincolo biologico così forte. Queste persone, all’apparenza sentono troppo forte il peso del legame, ma inconsciamente hanno paura di essere poi tradite dal figlio.
Qualsiasi sia la motivazione, la scelta di non procreare va rispettata. La libertà di scelta, in una direzione o nell’altra, è qualcosa che dovremmo sempre celebrare. Capire quanto sia realmente libera questa scelta, quando l’intera società si aspetta ancora che tutte le donne scelgano di diventare madri, è qualcosa di difficile da stimare.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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