S’intitola «lascia che la felicità accada» ed è un vero e proprio strumento di vita. Perché leggere questo libro può renderti felice? Perché la felicità non è solo un pensiero positivo, né uno stato mentale che si conquista con la forza di volontà. È una sensazione incarnata. È vibrazione, respiro, battito, pelle…
Eppure, sin da quando veniamo al mondo, ci insegnano a sentire con la testa e non con tutto il corpo. È lì che viene piantato il seme dell’incoerenza, dell’ambivalenza e, inevitabilmente… dell’infelicità. Da adulti ci troviamo spesso a dire – a noi stessi o agli altri – di desiderare una vita felice, appagante, serena. Ma, senza rendercene conto, scivoliamo in un equivoco sottile: confondiamo la felicità con la conquista e la pace con il controllo.
Se crediamo di poter stare bene solo quando le cose vanno “come devono andare”, allora ciò che chiamiamo serenità non è altro che il tentativo di tenere tutto sotto controllo. Ma la vita non obbedisce a nulla. Nemmeno alla più ferrea volontà. Se crediamo che la nostra felicità dipenda da ciò che qualcuno ci concede – l’attenzione di una persona amata, un riconoscimento, un gesto che ci fa sentire visti – allora non stiamo radicando la nostra gioia, stiamo solo appoggiandola sulle mani di qualcun altro. Mani che, anche con le migliori intenzioni, non possono sempre reggerci.
E se pensiamo che la felicità vada “guadagnata”, conquistata attraverso l’impegno, i risultati, gli obiettivi raggiunti – una casa nuova, un traguardo professionale, un abito che ci faccia sentire adeguati – allora ciò che viviamo non è pienezza, ma il sollievo temporaneo di avere superato una prova. Un sollievo che dura poco, prima che emerga un nuovo bisogno, un nuovo sforzo, un nuovo “ancora”.
Non c’è nulla di sbagliato nel provare piacere per ciò che arriva dall’esterno. Ma confondere questi frammenti con la felicità ci espone a una costante precarietà: basta che qualcosa manchi, e tutto si sgretola. Ed ecco che, vogliamo una vita felice ma finiamo per cercare l’infelicità nelle piccole cose. Una giornata storta, i chili di troppo, la casa che non è quella che vorremmo, il partner che non è quello giusto o non arriva, il traffico urbano… Alcuni dolori, certo, sono profondi e non vanno sminuiti: una separazione, un tradimento, un fallimento… Hanno il diritto di ferire, hanno il diritto di essere vissuti. Ma qui sta la chiave: ogni dolore, se accolto ed elaborato con tutto il cuore, con tutto il corpo, non resta fermo. Riusciamo a metabolizzarlo, trasformarlo, integrarlo nella nostra persona.
Il dolore emotivo è come la fame, il freddo o la sete
Pensiamo al brivido del freddo: all’inizio ci irrigidisce, ci fa contrarre. Poi, se restiamo lì senza combatterlo, il corpo reagisce, si scalda, trova il modo di ristabilire equilibrio. Oppure pensiamo alla fame: è uno stimolo che nasce, cresce, ci mette in allerta, ma quando viene riconosciuto e soddisfatto, si placa e lascia spazio ad altra energia.
Così è per il dolore emotivo: non è destinato a restare identico per sempre. È movimento che chiede di compiere il suo ciclo. Eppure ci hanno insegnato a viverlo solo nella testa, a pensarlo, a giudicarlo, a reprimerlo. Come se fosse un concetto da spiegare e non un processo da attraversare.
Il punto è proprio questo: ci hanno insegnato che il dolore – così come la felicità, la rabbia, la paura – “sta nella mente”. Ma in realtà, è in tutto il corpo! È il corpo a custodirne il linguaggio. Sono le sensazioni corporee a guidarci: il nodo in gola, il cuore che accelera, lo stomaco che si chiude, le mani che tremano, i muscoli che si fanno tesi, nella digestione che rallenta, nel respiro che si fa corto, nel petto che opprime… Così come quel calore silenzioso e inconfondibile che ci attraversa quando ci sentiamo davvero al sicuro: non perché improvvisamente conquistiamo tutto o controlliamo tutto… ma semplicemente perché il corpo sente di non doversi più difendere.
Forse la conosci quella sensazione di calda sicurezza. Quando è stata l’ultima volta che l’hai provata? Forse insieme all’abbraccio di una persona amata. Tra le braccia di chi amiamo possiamo sperimentare sicurezza. Ciò che chiamiamo amore, i poeti, i romanzieri, i filosofi, hanno provato a spiegarcelo in un milione di modi diversi… ma in realtà è sicurezza corporea. Siamo noi che per un attimo non dobbiamo più investire risorse per combattere, per difenderci, per conquistare, per controllare. E fidati, il nostro corpo è capace di sperimentare questa sensazione di pienezza anche da solo… se gli spieghiamo come fare. Se gli mostriamo come smetterla di difendersi finanche da quelle manifestazioni che chiamiamo “emozioni”.
Se impariamo a riconoscere queste manifestazioni non come nemici ma come fasi di un ciclo che ha un inizio e una fine, allora smettiamo di restarne imprigionati. Il dolore, vissuto ed elaborato, apre la strada a qualcos’altro: resilienza, consapevolezza, libertà… sicurezza.
Le emozioni sono i nostri strumenti omeostatici: ci riportano sempre verso un nuovo equilibrio, se solo smettessimo di bloccarle nella mente e lasciassimo che il corpo faccia il suo corso. Per un corpo ferito, infatti, la priorità non è essere gioire, comprendere o condividere, la priorità è sopravvivere e per farlo pensa di dover combattere con tutte le forze, di doversi difendere.
Se ripensi alle tue giornata, alle tue emozioni, non ti sto dicendo nulla che tu non abbia già vissuto in prima persona. Ci difendiamo anche da chi vorremmo abbracciare, dalle emozioni che vorremmo vivere, dalle esperienze che vorremmo attraversare. Ma non lo facciamo perché non amiamo, non desideriamo o perché siamo vuoti. Succede perché il corpo è impegnato a difendersi, oppone resistenza, ancora non si fida, neanche di noi. Allora ogni minima cosa diventa allerta. Ogni parola può ferire, ancora e ancora. È così che finiamo per infelicitarci per tutto.
Collettivamente, come società, cadiamo nel consumismo più eccessivo, rincorriamo le performance, i like, accumuliamo oggetti, relazioni tappabuco.. Ma essere felici non significa avere di più o conquistare qualcosa, significa imparare a sentire meglio. Dare al corpo il permesso di tremare, piangere, respirare… lasciarlo sentire… senza trattenerle, le emozioni attraverseranno il loro ciclo naturale: emergono, si muovono e, infine, si trasformano. Se impariamo ad ascoltarle, noteremo che solo logiche quanto il sonno, la febbre o un mal di schiena quando abbiamo dato tutto e ci siamo spinti oltre ciò che i nostri muscoli potevano! Con le emozioni ci comportiamo così, ci spingiamo troppo, forziamo la mano senza rispettare minimamente i segnali del corpo.
«Lascia che la felicità accada»
S’intitola «lascia che la felicità accada» – “lezioni di educazione emotiva per imparare a vivere e viversi meglio”. Questo libro ti mostrerà (con esercizi mirati, nozioni che puoi vivere e sperimentare nel tuo quotidiano) come ricollocare le emozioni lì dove nascono: nel corpo. E come attraversarle per ripristinare quegli equilibri che abbiamo dimenticato tanti anni fa. Perché quando eravamo piccoli lo sapevamo. Un bambino non fa alcuna differenza tra il sentire fisico e il sentire emotivo. Tutto ciò che prova ha lo stesso peso perché è lo stesso sentire. È la cultura della scissione “mente-corpo” che poi ci induce a fare due pesi e due misure. A “controllare” e ahimé, talvolta “reprimere” ciò che interno e accumulare e propagare ciò che è esterno.
Il tuo corpo ti ringrazierà
Ecco, da questo punto di vista, il libro ci mostrerà come tornare a sentire con la saggezza dei bambini ma con la maturità e le possibilità del mondo adulto. Partiremo da lì, dal dolore.
La sofferenza di determinati vissuti è innegabile, quindi inizieremo da ciò che ci ha ferito, dal potere trasformativo dello stesso dolore… in un viaggio che ci riporterà alla scoperta di chi siamo davvero ma questa volta, in modo completo, completo: non più divisi tra mente e corpo, tra pensiero e sensazione, tra razionalità e impulso… questa volta, in modo pieno. Il libro è già in preorder su questa pagina Amazon e dal 28 ottobre in tutte le librerie. Preordinarlo oggi, però, significa concederci l’opportunità di portare l’educazione emotiva nelle scuole, nei comuni, nelle piazze… ci dà la possibilità di sensibilizzare a un tipo di consapevolezza più profonda, che si spinge ben oltre la superficie. Chiunque preordinerà avrà la nostra infinita gratitudine, oltre quella del suo corpo! 🙂 Sì, a fine lettura, il tuo corpo saprà cosa farsene di ogni pagina letta e ti ringrazierà!
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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