Essere genitori non è affatto facile e meglio chiarirlo subito: non lo è perché in primis, non è stato facile essere figli. Tutti i genitori sono stati prima figli. Un genitore costruisce la relazione interpersonale con suo figlio usando il bagaglio psicoaffettivo avuto in eredità nella sua infanzia. Diciamocelo, talvolta si tratta di un’eredità scomoda che avrà un inevitabile impatto sullo sviluppo psicoaffettivo e quindi sul rapporto che si instaura con la progenie. Quando un figlio si allontana dal genitore, sicuramente avrà le sue ragioni.
Purtroppo viviamo in una società abituata a dare rapidi giudizi, senza fare valutazioni ad ampio respiro. Così, quando un figlio si allontana dalla famiglia d’origine sarà additato come ingrato, capriccioso… colui che ha voltato le spalle e ha commesso alto tradimento! In problema è che probabilmente, un tradimento c’è stato ma riguarda i concetti di fiducia, stima e amore e si è consumato decenni prima, anzi, generazioni prima. Allora la colpa è dei genitori? Vi chiederei di non cercare colpevoli ma di fare un semplice sforzo riflessivo per ottenere un quadro d’insieme. Talvolta i genitori fanno male intenzionalmente, talvolta sbagliano inconsapevolmente… tuttavia, la ferita che infliggono ugualmente costerà dolore al figlio. Quel figlio, a sua volta potrà sbagliare inconsapevolmente o intenzionalmente nei confronti del genitore.
Come sempre avviene, le relazioni sono una danza a due. Quelle tra figlio e genitore, poi, si portano dietro una storia di anni e anni di conflittualità. All’apparenza, un figlio può allontanarsi da un genitore per un’inerzia, una parola di troppo… ma a causare quell’allontanamento, non è stata quella parolina ma anni e anni di disistima e mancanze. Spesso le mancanze non vanno ricercate su un piano materiale ma anche su un piano psicoaffettivo.
Quando l’allontanamento è legittimo
Purtroppo alcuni genitori hanno cresciuto il figlio senza riconoscergli un vero diritto alla vita, il diritto di essere semplicemente se stesso. Questi genitori hanno messo al mondo un figlio non come un gesto d’amore ma come un’occasione di riscatto. Quei genitori, nel figlio vedono l’opportunità per dare un senso alla propria vita. Così, il figlio non è più un individuo a sé libero di tracciare la propria strada, diviene piuttosto uno strumento di cui il genitore dispone per soddisfare le sue aspettative.
Un oggetto su cui proiettare i propri fallimenti e non solo. Negli scenari peggiori, poi, il figlio è vissuto come un possesso. Quando un bambino viene al mondo è indifeso e bisognoso di cure. Il genitore si fa carico del figlio e, man mano che egli cresce, innesca un’insana dinamica di potere che suona così:
- Io ti ho nutrito
- Ti ho cresciuto
- Io ti ho mantenuto economicamente
- Ho investito le mie energie su di te
- Ora tu mi appartieni, sei in debito!
Il punto è che quel bambino non ha mai chiesto di venire al mondo e porre tutto su un piano “dare/avere” non ha senso. Viola anche il principio di amore incondizionato che dovrebbe muovere il desiderio di maternità o paternità. Ovviamente, tale dinamica di potere sarà ben nascosta e mascherata da parole come “sacrificio”, “amore”, “preoccupazione” ma inevitabilmente emergerà mediante frasi quali: «per tutto quello che ho fatto per te», «me lo devi», «non puoi farmi questo», «tu puoi fare quello che vuoi ma poi non contare su di me» (che quindi, significa, puoi fare solo ciò che voglio io, perché il bambino ha solo i genitori su cui contare). Quando, per un motivo o per un altro, al bambino viene negato il suo diritto a essere se stesso, è naturala che da adulto cercherà di allontanarsi!
La riconciliazione è possibile?
Nei casi più estremi, no. Non è possibile. È improbabile che genitori autoritari siano disposti a mettere in dubbio il loro operato. È difficile che un figlio ancora arrabbiato voglia ritornare sui suoi passi.
La riconciliazione è possibile solo quando genitori e figli riescano a guardarsi dentro e risolvere in autonomia le proprie ferite. Il figlio ferito, infatti, riavvicinandosi ai genitori, sentirà ancora il peso delle loro mancanze, sentirà ancora il fastidio e l’amarezza per ciò che i genitori non sono e non sono mai stati.
Un figlio che ha curato le sue ferite, riavvicinandosi ai genitori, non avrà più alcuna pretesa perché avrà compreso che non hanno potuto e ancora oggi non possono dargli ciò che gli sarebbe toccato di diritto. Una consapevolezza estremamente dolorosa. Tale consapevolezza, in chi non ha risolto le sue ferite, è ben nascosta sotto strati e strati di rabbia. Essendo però nascosta, l’adulto continua a nutrire rancore per ciò che gli è stato negato. Tra rancore e rabbia, diviene difficile comprendere la prospettiva genitoriale.
Spesso i genitori si raccontano un mucchio di storie su se stessi e su come hanno tirato su i loro figli. Si convincono di aver garantito il meglio o addirittura di avere una famiglia felice e l’allontanamento del figlio è vissuto come uno shock. Quell’allontanamento è visto quasi come un gesto folle, privo di ragioni. Ma le ragioni ci sono eccome. La negazione di una causa plausibile avviene quando manca considerazione dei sentimenti altrui, quando si è troppo concentrati sulla propria visione delle cose.
La considerazione della ferita del figlio adulto
Una riconciliazione diviene più probabile quando il genitore è disposto a mettersi in gioco, ripensando alla sua storia personale, ripensando ai suoi stessi bagagli emotivi, quelli presi in eredità durante la sua infanzia. Come detto in premessa, essere genitore è difficile perché prima ancora lo è stato essere figli!
Alcuni genitori si nascondono dietro una finta logica e tanto materialismo (io ti ho dato… io ho fatto..) e così non riescono neanche a comprendere il punto di vista del figlio. D’altro canto, il figlio ferito, tende a valutare il genitore in base alla mancanze così da perdere la visione d’insieme. La mediazione familiare operata da uno psicologo potrebbe essere la soluzione giusta ma inaccessibile: per il figlio non ne vale la pena e per il genitore autoritario, diviene solo un mezzo per “arraffare” il figlio perduto e non un prezioso strumento per comprendersi meglio.
La gran parte di genitori è riluttate ad assumersi la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni. Eppure, molti figli, anche se adulti, vorrebbero solo quella considerazione mai avuta. Vorrebbero solo quelle attenzioni negate, quel diritto di esistere esprimendo se stessi!
I genitori sbagliano approccio proponendosi con insistenza, mostrando al figlio l’ennesima pretesa, l’ennesima prevaricazione. Per il figlio saturo di identificare il genitore come il “fragile da proteggere”, anche basare tutto sulla propria sofferenza è un approccio sbagliata. Alcuni figli, nel crescere, hanno subito una vera e propria inversione dei ruoli. Nel rapporto genitore-bambino, diveniva il bambino quello che accudiva il genitore (sommerso da problemi di qualsiasi genere). Queste cose risuonano nel rapporto che il figlio adulto ha con il genitore.
Tutto ciò che desidera un figlio è essere compreso e considerato. «So che non sono stato il genitore che meritavi, non neanche se oggi, ricucendo il nostro rapporto riuscirò a essere il genitore che meriteresti. Mai avrei voluto deluderti come figlio, mai avrei voluto farti sentire così messo da parte, sminuito e controllato. So che ti ho prevaricato e per questo non ti imporrò la mia presenza. Voglio solo farti sapere che oggi sono più consapevole e che la mia porta è sempre aperta, se ti va di aprire un dialogo con me».
Ecco, all’apertura di questo dialogo, un genitore potrebbe aspettarsi una bellissima riconciliazione (se il figlio è guarito) oppure altre scariche di rabbia. Dovrà accettare entrambe le sorti perché in realtà non ha altra scelta. Agire di prepotenza alla rabbia del figlio, non farà altro che innescare un nuovo allontanamento. Accogliere quella rabbia e fare ammenda delle conseguenze che hanno avuto le proprie azioni, senza entrare nel meccanismo della colpevolizzazione, può essere un meraviglioso punto di inizio.
Rivangare i dettagli del passato non fa bene a nessuno, soprattutto quando si è sulla difensiva e si accantonano giustificazioni sterili. «Ti urlavo contro perché tu non ascoltavi!». Oppure «certo, ero molto più vicino a tua sorella, perché tu mi respingevi».
Sarebbe più sincero un «in quel momento non sapevo come altro agire, ero in difficoltà!». Non è solo la convalida (la considerazione) che il figlio adulto cerca dai suoi genitori, ma anche qualcosa di più importante: che il genitore si assuma la responsabilità di come è stato trattato da bambino. «Io mi allontano perché voi non mi meritate» oppure «Io mi allontano perché voi continuate a ferirmi senza neanche preoccuparvi minimamente di ciò che fate».
Caro figlio ferito, l’allontanamento non ti guarisce
Sfortunatamente, possiamo allontanarci anni luce da una persona ma non per questo guarire le ferite che ci ha inflitto. La guarigione è un processo ben separato dalle dinamiche di allontanamento e avvicinamento dall’altro. Un figlio ferito può guarire se stesso lavorando sulla sua rabbia e sul suo dolore, dovrà guardare in faccia la ferita del rifiuto e poi ricostruire tutta la sua identità! Un lavoro di rinascita molto profondo.
Ti farà sentire libero e ti alleggerirà il cuore. Sappi che difficilmente otterrai la comprensione che cerchi, sappi che è improbabile che i tuoi genitori si assumano qualche responsabilità. Ma quando sarai guarito, per te, questo non rappresenterà più un problema. Avrai ricostruito te stesso, avrai tutta la stima negata, avrai il tuo diritto di esistere, perché sai, si nasce due volte, la prima quando veniamo al mondo e la seconda, quando impariamo a volerci bene.
Se ti piace ciò che scrivo, sappi che ho scritto un manuale di psicologia camuffato da libro sulla crescita. Spiego moltissime dinamiche utili per comprendere come nascono i nostri conflitti. Ti consiglio di leggerlo. Si intitola «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» ed è già annoverato tra i bestseller del 2022. Lo puoi trovare nelle librerie o su Amazon, a questo indirizzo. Che tu sia un genitore o un figlio ferito, sono certa che ti farà capire tantissimo.
Caro genitore, sappi che quella di tuo figlio è stata una scelta sofferta
Un figlio che si allontana dalla sua famiglia d’origine, lo fa perché spinto da sofferenze accumulate lungo l’intera esistenza. So che oggi anche tu stai soffrendo, so che ritieni questo allontanamento inaccettabile. Approfitta di questo allontanamento per guardarti dentro e analizzare quel bagaglio emotivo che ti trascini dalla tua infanzia. Se vuoi provare a ricucinare il rapporto, fai il primo passo rispettando il suo dolore (anche se stenti a capirlo!) e quindi la sua scelta. Dagli tempo e sii fiducioso che se entrambi lavorate su voi stessi, il momento della riconciliazione non tarderà ad arrivare.
Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» edito Rizzoli
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