Rifiuto scolare: perché i bambini non vogliono andare a scuola secondo la psicologia

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Nathan, 13 anni, ha difficoltà ad adattarsi alla scuola media e quest’anno ha saltato un terzo dei giorni scolastici. Spesso arriva in ritardo, salta le lezioni, oppure non entra proprio a scuola. Nathan lamenta dolori alla testa e allo stomaco, e dice di sentirsi nervoso e agitato quando è in classe. I suoi genitori, tuttavia, sostengo che durante i fine settimana e nei giorni festivi sembra stare bene e pensano che esageri i sintomi per restare a casa. Allo stesso tempo, però, sono preoccupati che il figlio possa soffrire di una condizione fisica o mentale che gli impedisce di frequentare la scuola.

Zoe è un’alunna delle elementari e ultimamente è stata spesso assente da scuola. I suoi voti stanno calando e gli insegnanti hanno notato che sembra diventare sempre più isolata e infelice. Quando hanno parlato con sua madre, lei ha raccontato che spesso non riesce a farla alzare dal letto la mattina. Ha riferito che “Tutto ciò che vuole fare è dormire”. Zoe dice di sentirsi a disagio quando è con i suoi compagni e continua a ripetere di non voler andare a scuola. Quando la madre l’ha portata dallo psicologo della scuola, Zoe, tra le lacrime, ha detto di odiare la scuola e di sentirsi come se non avesse alcun amico.

I casi di Nathan e Sally sono stati descritti rispettivamente da Christopher Kearney e Mary Wimmer, due psicologici specializzati in età evolutiva (infanzia e adolescenza). Questi casi rappresentano in modo vivido un fenomeno assai diffuso, ma ancora non del tutto esplorato: il rifiuto scolare. Con questo termine ci si riferisce, in generale, al rifiuto di andare a scuola e/o alla difficoltà a rimanervi per l’intera giornata[3]. Non si tratta di un disturbo diagnosticabile, ma di un problema che può talvolta assumere un’entità preoccupante.

Di cosa stiamo parlando

Il termine “rifiuto scolare” racchiude una vasta gamma di fenomeni, accomunati dalla motivazione dello studente a non andare a scuola. Si va da situazioni meno gravi, come il disagio ad andare a scuola, fino al completo assenteismo per settimane o mesi. Si stima che circa il 5% degli individui di età compresa tra i 5 e i 17 manifestino condotte di rifiuto scolare. Quando però si prendono in considerazione anche ritardi, lezioni saltate e assenze ingiustificate le stime salgono fino al 28%[. Il fenomeno può manifestarsi in bambine/i e ragazze/i di ogni età, ma solitamente inizia a comparire tra i 10 e i 13 anni. I momenti più a rischio sono quelli in cui inizia un nuovo percorso scolastico, soprattutto le scuole elementari e medie.

In generale si tende a distinguere il rifiuto scolare dal semplice marinare la scuola, benché esistano dei margini di sovrapposizione. Bambine/i e ragazze/i con rifiuto scolare tendono a vivere la scuola con forte stress emotivo, aspetto solitamente assenti nei “marinatori”. Questo secondo gruppo tende inoltre a trascorrere l’orario scolastico fuori casa, cerca di sottrarsi ai compiti a casa e nasconde ai genitori le proprie assenze da scuola. I primi, al contrario, cercano di convincerli a lasciarli stare a casa, che percepiscono come un luogo sicuro, e sono disponibili a svolgere i compiti scolastici.

Le possibili conseguenze negative del rifiuto scolare sono numerose. Innanzitutto, in Italia l’istruzione è obbligatoria fino ai 16 anni, quindi, nei casi più gravi di rifiuto scolare, non si possono escludere conseguenze legali. Le ripercussioni più gravi del rifiuto scolare interessano però il futuro dell’individuo. Il rifiuto scolare è infatti associato a scarse performance accademiche, conflitti familiari, isolamento sociale. Le conseguenze a lungo termine includono difficoltà di impiego, problemi nelle relazioni sociali e di coppia, e un aumentato rischio di patologie psichiatriche.

Cosa le/gli sta succedendo?

Quali sono le ragioni che portano bambine/i e ragazze/i a rifiutarsi di andare a scuola? Le cause sono complesse e hanno a che fare sia con le caratteristiche individuali che con quelle dell’ambiente di vita. Ad oggi non si può dire che la ricerca sia ancora arrivata a definire esattamente le determinanti del rifiuto scolare. Sono però stati fatti numerosi sforzi in tal senso e i risultati sono incoraggianti. Kearney e colleghi, per esempio, hanno sviluppato una classificazione dei comportamenti di rifiuto scolare basata sulle funzioni che essi assolvono.

Nello specifico, gli autori hanno identificato 4 motivazioni fondamentali che possono essere alla base di questo genere di problematica. Le prime due motivazioni hanno a che fare con comportamenti di rifiuto scolare mantenuti da rinforzi negativi. In altre parole, la funzione di tale condotte è ridurre o prevenire delle attivazioni emotive spiacevoli innescate da stimoli scolastici. Le ultime due condizioni, al contrario, si riferiscono a comportamento mantenuti da rinforzi positivi. In questi casi, il soggetto non ha di per sé problemi con la scuola, ma è attratto da stimoli più piacevoli al di fuori di essa. Vediamo ora le 4 categorie nel dettaglio.

1. Evitare stimoli scolastici che generano emozioni negative

Rientrano spesso in questa categoria bambine/i e ragazze/i che rifiutano di andare scuola per problemi fisici e condizioni di disagio. In alcuni casi è possibile ricondurre tali reazioni a inneschi specifici, ma nella maggior parte casi queste/i bambine/i non sono in grado a riconosce le cause del loro malessere. In molti casi, riferisce semplicemente di “sentirsi male” a scuola e desiderano restare a casa. Questa funzione è inoltre comunemente associata ad ansia generalizzata, lamentele somatiche, e tendenza a ritardare l’uscita da casa.

2. Sfuggire a situazioni sociali e/o valutative spiacevoli

Questa motivazione si applica tipicamente ai bambine/i più grandi e agli adolescenti. Le situazioni critiche possono riguardare l’interazione con i coetanei, come nel caso del gioco e della partecipazione ad attività di gruppo, e/o le situazioni valutative come verifiche, interrogazioni, prestazioni atletiche, etc. Bambine/i e ragazze/i in questa condizione spesso rifiutano la scuola solo durante una situazione valutativa chiave, ma in alcuni casi manifestano un assenteismo più esteso. Questa funzione è solitamente associata ad ansia sociale e generalizzata, oltre che a comportamenti di ritiro sociale.

3. Attirare l’attenzione degli altri significativi

In questa condizione rientrano spesso le/i bambine/i più piccoli, che saltano la scuola per cercare l’attenzione dei genitori. Di solito vogliono stare a casa o andare al lavoro con i genitori, e spesso per riuscirci possono mettere in atto comportamenti problematici. In alcuni casi può essere presente ansia da separazione, ma la caratteristica principale è il comportamento di ricerca dell’attenzione.

4. Ottenere rinforzi tangibili fuori da scuola

In genere questo tipo di motivazione è caratteristica di bambine/i più grandi e degli adolescenti, che rifiutano la scuola a svolgere attività più attraenti all’esterno. Queste possono andare dal guardare la televisione e giocare ai videogiochi fino all’uso di sostanze. I comportamenti di rifiuto scolare che rientrano in questo gruppo tendono a essere più stabili degli altri. È inoltre frequente l’associazione con dinamiche familiari problematiche e problemi di condotta, che possono sfociare anche in comportamenti chiaramente delinquenziali.

Chiaramente queste categorie non sono mutuamente esclusive, quindi un comportamento di rifiuto scolare può anche essere il risultato della combinazione di due o più fattori.

Cosa si può fare?

Come dicevo prima, i comportamenti di rifiuto scolare variano lungo un continuo di gravità. Talvolta, lo stato di disagio è così grave e l’assenteismo così esteso da richiedere un intervento terapeutico, psicologico o farmacologico. Per quanto riguarda la farmacoterapia, si tratta di un intervento utilizzato principalmente per i casi connessi a problematiche ansiose. Diversi autori, però, hanno espresso preoccupazione circa l’uso di farmaci nel trattamento del rifiuto scolare. Vengono sottolineate, in particolare, l’ampia variabilità nella risposta ai farmaci dei soggetti in età dello sviluppo e il rischio di considerevoli effetti collaterali.

Per quel che riguarda i trattamenti psicologici, anche in questo caso la maggior degli interventi sul rifiuto scolare si sono focalizzati sulla riduzione dei sintomi di ansia e depressione. In tale ambito, i trattamenti di stampo cognitivo-comportamentale sono tra quelli che hanno ricevuto maggiori conferme empiriche. Tali interventi hanno l’obiettivo di aiutare la persona a gestire i sintomi fisici associati ad ansia e stress e modificare le convinzioni problematiche legate all’andare a scuola. A questo scopo vengono usate tecniche basate sul rilassamento, l’esposizione agli stimoli temuti e la ristrutturazione dei pensieri disfunzionali.

Come abbiamo già visto, però, i problemi d’ansia e depressione non esauriscono le motivazioni alla base del rifiuto scolare. Per questa ragione è necessaria un’attenta valutazione di ogni singolo caso, in modo da individuare gli interventi più adeguati. Per esempio, qualora la funzione principale del rifiuto scolare fosse quella di attirare l’attenzione, la maggior parte dell’intervento consisterà nell’aiutare i genitori (o tutori) e il personale scolastico a cambiare i propri modelli di interazione con la/il bambina/o o la/il ragazza/o[. A tal proposito, è importante sottolineare che il coinvolgimento dei genitori (o tutori) rimane in ogni caso un presupposto essenziale per il successo terapeutico.