Che tu sia un atleta olimpico, un professionista, un commesso, un postino o uno scrittore (…), probabilmente come chiunque altro hai introiettato un concetto di “valore personale” distorto. Come ho spiegato in alcuni reel: il tuo valore non coincide con i tuoi risultati. E questo vale sia in ambito lavorativo che affettivo.
Mi spiego meglio: tu non sei un fallito se il tuo matrimonio fallisce. Così come tu non sei di scarso valore se l’ansia prende il sopravvento e decidi di non portare a termine un traguardo per te importante. Appunto: quello è un traguardo, un risultato! Ma portarlo o meno a compimento non definisce chi sei, non determina il tuo valore. L’inghippo emerge perché confondiamo il valore personale con i risultati e con quelle che sono caratteristiche socialmente desiderabili. Pensiamo che se diventiamo «socialmente desiderabili», allora abbiamo valore. Lo pensiamo perché, nel nostro passato, ciò che ci è più mancato è proprio il riconoscimento sociale e per questo, da adulti, finiamo per ricercarlo come se fosse una determinante!
Dopo i reel, ho ricevuto molti messaggi di stima ma anche di disprezzo. Persone che, con tanto di foto profilo in cui sedevano in una Lamborghini, mi dicevano: «non hai capito nulla, tu sei i tuoi successi». Allora ho deciso di scrivere un articolo più approfondito.
I condizionamenti sociali
Capiamo ciò che è socialmente desiderabile nella prima parte della nostra vita, durante l’infanzia. Assorbiamo tutto dall’ambiente cultura in cui cresciamo. Questa trasmissione è potentissima perché è silenziosa. Si tratta di un modellamento che non avviene per via verbale. Con la voce ci dicono: «non è l’aspetto fisico che conta». Tuttavia, vediamo che i nostri genitori elogiano la bellezza altrui, il peso forma della migliore amica di mamma e, magari, vediamo papà che stringe con orgoglio la mano al papà del nostro amico di scuola che è sempre vestito come un figo.
Accendiamo la tv, apriamo i social, ed ecco che la trasmissione di valori impliciti continua: con le parole ci dicono «bisogna rispettare le diversità», ma con i fatti i veri diversi sono sempre messi ai margini, anche oggi che l’inclusione sembra esplosa: l’inclusione è ammessa solo se si seguono determinati stereotipi di diversità!
Mentre cresciamo, siamo influenzati dai voti scolastici, dagli allenatori sportivi, dagli insegnanti… tutti vogliono che portiamo dei “risultati” e quando lo facciamo: «wow! Che meraviglia che sei!». E così, nel nostro cervello, si crea l’associazione fortissima tra: risultato, valore personale, accettazione/amore e vicinanza. Quindi, attraverso i “risultati” vediamo la possibilità di sentirci meno soli, più vicini a chiunque altro e… di valore. Questa è un’euristica. Un inganno bello e buono! Anzi, brutto e sgradevole. È sgradevole perché quando si compete per un bene -che è tutt’altro che limitato- si innescano invidie, ostilità, corse…. Si crea distanza ed ulteriore senso di esclusione sociale.
Quanto è pervasivo questo modello?
Quando conosciamo qualcuno, le prime domande che facciamo sono: «come ti chiami?» e «cosa fai per la vita?». Come se ognuno di noi fosse ciò che fa, mantenendo un’identità all’interno del ruolo lavorativo. Ciò capita perché abbiamo la mente assorbita dall’euristica «risultati/valore/amabilità». Ognuno di noi, infatti, ha un valore intrinseco che gli spetta per diritto di nascita. Crescendo, sono i condizionamenti che ce lo portano via facendoci sentire «inadeguati», «diversi», «esclusi» e addirittura «soli» o «fuori dal mondo». Il valore è qualcosa che nessuno dovrebbe portarti via.
Sai perché il valore personale non può coincidere con i risultati? Pensa a un neonato. Che risultati può avere? Pensa a un anziano che, a causa della senescenza, ha un campo d’azione limitato? Allora il valore è un qualcosa che può appartenere solo ai giovani? E BOOM! Ecco un’altra trappola pericolosissima. Nella società odierna nessuno vuole più invecchiare. Il settore della chirurgia estetica conta un giro d’affari di miliardi. Tutto a causa di questa dannata dispercezione del valore personale.
Celine Dion, cantante di fama mondiale, ha avuto un problema alle corde vocali e, pensate che di punto in bianco abbia perso il suo valore? Oppure il suo valore le si può riconoscere nel presente per ciò che ha fatto nel passato? Allora anche con i neonati è così? Si pensa che abbiano valore per ciò che faranno nel futuro? E per gli anziani? Hanno valore per ciò che hanno fatto? Allora il valore è qualcosa che non appartiene al presente? Ovviamente sono tutte domande retoriche per sottolineare l’assurdità del confondere il valore personale con un merito, un risultato o un talento socialmente riconosciuto. Il valore non è così effimero: quello effimero, appunto, è il risultato, il riconoscimento sociale!!!
Questa idea distorta distrugge intere vite
Il valore è un auto-riconoscimento, è un sentire intimo. Non è qualcosa che ti conferiscono dall’esterno. Tuttalpiù, dall’esterno possono indurti a credere che non ce l’hai. Questo discorso che porto avanti da qualche mese, è importantissimo. È importante educare i giovani ai veri valori, ne va della qualità della nostra vita e ne va anche della stessa vita. Sì, è una questione di vita o di morte. Gli uomini, infatti, che più delle donne subiscono forti pressioni legate all’ambizione, ai risultati, al dover fare, hanno un tasso di prevalenza di suicidi molto elevato. Ogni anno in Italia, si tolgono la vita all’incirca 4.000 persone, il 78,8% di questo campione è maschile e le ragioni sono prevalentemente economiche. Un uomo, se perde la sua posizione finanziaria perde il suo valore e così, non si percepisce come degno di vivere.
Il valore è permanente e si coltiva ogni giorno
Non sentirsi abbastanza magro, ricco, popolare, di successo, talentuoso ma anche “abbastanza coraggioso” o “abbastanza sicuro di sé”, sono proporzioni socialmente condizionate. Abbastanza rispetto a cosa? Te lo dico io, ancora una volta: abbastanza da ricevere un riconoscimento, qualcuno che possa guardarti e dire: «wow, sei speciale». Ma tutta la luce che hai dentro, non è necessario che gli altri la riconoscano per sapere che è lì, che ti alimenta, che ti dice che vali. Quell'”abbastanza” puoi trovarlo solo dentro di te e solo con i tuoi occhi. Non sarà l’occhio collettivo di una società distorta a restituirtelo. Puoi restituirtelo solo tu.
Il valore personale è qualcosa di permanente che, quando riesci a riconoscertelo, ti accompagna in ogni “risultato” senza necessariamente farti identificare con esso.
La percezione che ho di me
Non mi piace fare esempi personali, infatti questa è la prima volta che lo faccio. Perdonatemi e sappiate che mi racconto con l’intento di farmi capire e non certo per pormi come modello (lungi da me). Allo stato attuale, potrei dire di essere l’autrice di psicologia più letta e più venduta d’Italia -perché lo sono, i miei libri sono dei best e long seller-, potrei dire di essere una studiosa del comportamento umano in chiave neuroscientifica, potrei dire di avere molte targhe, due lauree e attestati… ma, con tutta sincerità, nulla di questo determina il mio valore. Prima di tutto, infatti, posso dire di essere una persona completa e degna di stima e lo sono per il mio sentire quotidiano e non per il mio fare o per la mia operosità, non è questo che mi rende amabile ma è la percezione che ho di me e le emozioni che sperimento ogni giorno. Emozioni che, poi, mi danno la possibilità di costruire vicinanza (con me stessa e con il prossimo) e comprensione (per me stessa e per il prossimo). I risultati -che siano socialmente apprezzabili o meno- non sono ciò che dobbiamo rincorrere, a noi non serve la desiderabialità sociale, ci serve essere vicini a noi stessi! I risultati dovrebbero essere visti e vissuti come una conseguenza del nostro stare bene entro noi stessi, altrimenti finiscono solo per essere sterili affanni, finiscono per essere motivo di distanza, disparità, competizione e inutili dispute.
È nella percezione di sé stessi che risiede la chiave di una vita appagante e la percezione di sé non può essere lo specchio di ciò che ci restituisce una società frenetica, competitiva e affamata di “desiderabilità sociale”.
Impara a ridefinire il tuo valore
Nel profondo, dentro di te, puoi fare un esercizio di auto-scoperta e chiederti: cosa vuoi veramente? Come pensi che ti farà sentire ciò che desideri? Più amato? Più apprezzato? Più stimato? Più di valore? Allora ripensa a quanto scritto sul valore perché i successi che ambisci oggi per te stesso, non ti restituiranno i riconoscimenti mancati nel passato, non andranno a compensare dei vuoti affettivi… Quelli solo tu puoi compensarli. Infine, chiediti: quali aspettative sono realmente mie e quante, invece, sono state generate da pressioni esterne? Quanto riflette ciò che voglio oggi e quanto, invece, pesano le mancanze del mio passato?
Se hai voglia di affermare la tua identità di persona completa, di valore e degna d’amore e di stima, ti consiglio la lettura del mio ultimo libro «il Mondo con i Tuoi Occhi», lo trovi su questa pagina amazon o in qualsiasi libreria. È giunto il momento di smettere di permettere ai condizionamenti esterni di dirci che «non siamo abbastanza». Sei abbastanza fin dalla tua nascita, solo che nessuno ti ha mai fatto sentire così. Allora tocca a te farlo.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia e genetica del comportamento
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