Mario: “A che ora passo a prenderti sperando di trovarti pronta almeno questa volta?”
Anna: “ Vieni alle 17, sarò pronta”
Intanto sono le 18 e Anna come al solito non è ancora pronta!
Come si spiega il ritardo di Anna? Il nostro rapporto con il tempo rivela delle caratteristiche importanti della nostra personalità?
Genesi del ritardatario patologico
Le cause possono avere radici molto lontane e risalire ai primi anni di vita e alle prime relazioni con le figure di attaccamento. Da bambini o adolescenti la relazione affettiva che noi stabiliamo con i nostri genitori e parenti è pervasa da ambivalenza emotiva e quella parte avversa viene inglobata e assorbita in alcuni atti inconsci. Tra questi possiamo recuperare la ribellione che si manifesta proprio con la disobbedienza.
Per il ritardatario cronico, la persona con cui ha appuntamento evoca quel genitore autoritario a cui si doveva obbedire. E così, arrivando tardi all’appuntamento, tenta di ribellarsi. Naturalmente senza realmente volerlo (o saperlo).
Dietro il ritardo cronico però non sempre ci sono motivi evidenti: i genitori appaiano come autoritari o sono percepiti come tali, pur non essendolo. Questa percezione “falsata” accade per esempio alle persone che hanno avuto delle madri non necessariamente severe, ma che sono state vissute come troppo richiedenti (di attenzioni, di doveri, di controllo ecc.), al punto da essere percepite come iperprotettive.
Motivazioni psicologiche nel ritardatario cronico
Il ritardo spesso racchiude un disagio emotivo che viene negato anche a se stessi: la tendenza ad arrivare in ritardo non dipende solo dalla disorganizzazione, ma anche da alcune motivazioni psicologiche inconsce. La gestione del tempo è influenzata profondamente dalle dinamiche di potere e quest’influenza è spesso sperimentata in termini di dominio e sottomissione. Alcuni arrivano a perdere treni o aerei!
Il ritardo è da considerarsi parte di un dialogo tira e molla che esprime passivamente del risentimento sulle aspettative degli altri, così come rabbia nel sottomettersi alle richieste esterne.
Il ritardo costante è spesso un atto inconscio di ribellione: chi arriva sempre in ritardo è spesso insofferente a obblighi e regole della società che non percepisce in sintonia con il proprio ritmo interiore; l’essere in un certo posto ad una certa ora è visto come come un obbligo e una limitazione alla libertà.
Altre volte il ritardo racchiude una forma di ribellione inconscia ad uno stile di vita che si avverte come poco stimolante e pieno di doveri: chi è spesso in ritardo ha magari una giornata piena di impegni e ha la sensazione inconscia di non essere padrone della sua vita e del suo tempo; il ritardo è, così, un tentativo di riprendersi, almeno parzialmente, quel tempo che gli impegni della giornata gli sottraggono.
Un’altra possibile motivazione inconscia del ritardo costante è il desiderio di attirare l’attenzione degli altri; chi arriva in ritardo ad un occasione importante ha spesso gli occhi di tutti puntati su di sé: “Vediamo un po’ se ci tengono a me, se mi aspettano, allora sono importante per loro”.
Correlazioni tra disturbi di personalità e ritardatari cronici
Il ritardatario cronico soffre di una malattia? Sembrerebbe pensarla così Tim Urban, uno scienziato americano che ritiene che quelle persone in cui il ritardo cronico diventa una parte integrante della loro esistenza siano malati e ha coniato per esse una definizione ben precisa Chronically Late Insane People (Clips), vale a dire: “Persone disturbate da ritardo cronico”. Altri ricercatori non sono però concordi con il loro collega statunitense e, in effetti, il ritardo cronico non è menzionato nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Ad ogni modo, il ritardo cronico (ricorrente, protratto nel tempo) può essere inteso come un aspetto -troppo spesso trascurato- di un disturbo di personalità. In effetti, la persona che è sempre in ritardo nasconde una sofferenza emotiva inconscia, differente da personalità a personalità. il ritardo cronico, dunque, può assumere diversi significati in base a tratti di personalità caratteristici. Vediamo alcuni esempi.
Nel soggetto istrionico
Il ritardo è una sorta di riflettore virtuale dove il ritardatario brilla per la sua assenza: si mette in mostra, richiama l’attenzione su di sé, e impone a chi lo aspetta di pensarlo e di desiderarlo.
Nel soggetto con disturbo abbandonico
Il ritardo rappresenta una forma di protezione per ingenerare nell’altro ansia, suscitare paura e timore che alla base del ritardo ci sia un grave motivo. E’ come un bimbo che teme l’abbandono, percepito come una minaccia. Dunque è come se venendo puntuale (o in anticipo), temesse di rimanere solo perchè l”altro potrebbe non presentarsi all’appuntamento. E’ come se volesse sempre farsi attendere in modo egocentrico: se tu mi aspetti, vuol dire che mi vuoi bene! Se vengo puntuale vuol dire che sono sottomesso e dipendente da te. Non saprò mai quanto valgo per te
Nel soggetto evitante
Il ritardo rappresenta la non curanza, il disinteresse verso qualsiasi tipo di impegno. Il ritardo permette di defilarsi, di rinviare e di prendere tempo, dimenticando per un po’ le proprie responsabilità.
Nel soggetto narcisistico
La scarsa stima degli altri e il disinteresse verso il prossimo possono essere all’origine delle situazioni più complesse di ritardo cronico: gli altri non hanno importanza e possono aspettare a oltranza.
Nel soggetto Border
il ritardo rappresenta una sorta di compensazione, un bisogno di rivalsa inconscia per ottenere un risarcimento a un torto subito (anche se non si tratta della persona in questione). Identifica la puntualità come una sorta di “obbligo sociale” anzi non si sente neppure in dovere di scusarsi, perché è convinto che il suo sia un atto di libertà.
Nel soggetto con attaccamento infantile disorganizzato
il ritardo è la conseguenza di una valutazione ottimistica che tutto vada bene: il soggetto si tara sempre sulla condizione migliore che non ci sia traffico, che non si buchi una gomma, che il computer non vada in crash, che le persone con cui s’interagisce siano a disposizione ragionevole, che non capitino imprevisti. Significa non considerare i fattori nella loro reale dimensione, ma nella loro idealità. In sintesi il disorganizzato è una persona simpatica ma incapace di programmare la propria vita. Pretende di fare troppe cose, che alla fine non riesce a portare a termine oppure si riduce all’ultimo momento.
Nel soggetto con un vissuto di restrizioni da parte delle figure genitoriali
Il ritardo rappresenta un pensiero non cosciente che si estrinseca con un bisogno di esprimere disobbedienza. Lo stesso riguarda le madri che non si sono comportate in modo severo ma che sono state vissute come troppo richiedenti, e che possono aver esercitato la loro funzione materna in modo eccessivo: per esempio, sono state iperprotettive.
La persona ritardataria potrebbe aver percepito come costante una richiesta di non deludere le attese dell’altro. Così il soggetto trasferisce inconsciamente il suo senso di oppressione su altre persone che appaiono richiedenti, sia nei rapporti professionali che privati quindi per evitare la costrizione ad obbedire, (che ricorderebbe l’oppressione sperimentata in altre occasioni), lo porta a contestare la puntualità, perché suonerebbe in lui come sottomissione.
Nel soggetto con disturbo dipendente
Il ritardo è la conseguenza di un atteggiamento ansioso invalidante. Il ritardatario è uno che non sa dire di no, se sta per uscire e lo chiama un amico, non si sente di dirgli che non ha tempo per lui e lo ascolta pazientemente ma poi è oppresso dall’inquietante tic tac delle lancette dell’orologio tanto da non riuscire a gestire il tempo. In sintesi è incapace di padroneggiare il tempo, anzi ne è schiavo. E’ una persona un pò infantile, la sua frase tipica è “Mi aspetti da molto? Scusami, non mi sono accorto di fare così tardi”.
L’arte del ritardo potrebbe dipendere anche da una diversità nel modo di percepire il tempo
Uno studio pubblicato nel 2001 identifica due tratti ricorrenti di personalità, quella di tipo A, più frenetica e concentrata sul raggiungimento dell’obiettivo, e quella di tipo B, più rilassata e più… ritardataria. In un esperimento in cui si chiedeva di dire quando scoccava il minuto di tempo, gli individui di tipo A hanno dato lo stop dopo 58 secondi (puntuali, anzi, in anticipo); quelli di tipo B, dopo 77 secondi. Un gap che, di minuto in minuto, si accumula trasformandosi in un ritardo considerevole.
Se questa abitudine compromette la normale vita di relazione c’è una soluzione?
In realtà, il tempo è l’unico bene prezioso che abbiamo. Pertanto, è meglio non sprecarlo e non lasciare che altri lo sprechino per colpa nostra. Valorizzare il tempo nella giusta prospettiva ti permetterà di prendere coscienza dell’importanza della puntualità.
Se sei sempre in ritardo, prova con il seguente consiglio. Arriva a ogni appuntamento con cinque minuti di anticipo. Controlla come ciò ti fa sentire. Potresti sentire di avere il controllo della situazione, ma soprattutto potresti sentirti alleggerito di un pesante fardello. Arrivare puntuale può essere un sollievo, poiché le lotte di potere consumano energie che è meglio utilizzare altrove.
In alternativa, puoi seguire un percorso terapeutico; la terapia è un posto sicuro dove esaminare l’essere sempre in ritardo.
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Quali soluzioni si possono trovare nella vita e convivenza quotidiana con una persona che presenta costantemente queste caratteristiche insieme alla disorganizzazione ?
Grazie.