Società tossica: ecco perché i ‘disadattati’ sono le nuove “persone normali”

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Non fraintendetemi, sarò sempre dalla parte della società, perché la società siamo noi: io, tu, i tuoi genitori, il tuo migliore amico, il tuo partner, tuo cugino… Voltare le spalle alla società significherebbe rinnegarci! Non potrei mai farlo. Ma proprio perché la società siamo noi, non posso restare in silenzio di fronte a quei fenomeni sociali che ci avvelenano, ci svuotano e ci spingono lontano da noi stessi. Non sarò mai dalla parte dell’omologazione, della standardizzazione, di quell’anonimia generale che dilaga e che – lasciatemelo dire – affonda le radici già nelle famiglie, per poi essere alimentata fuori, nel mondo. Nasce dalla mancanza di una sana educazione affettiva, dalla scarsa conoscenza di sé, e da quella disperata, quasi compulsiva, necessità di essere accettati ad ogni costo, di essere “visti”, scelti… perché, prima ancora, non siamo stati accolti davvero da noi stessi e da chi avevamo accanto.

Allora ecco che per riscattarci e farci accettare, diventiamo disposti a tutto: imitiamo gli altri, rincorriamo l’ultima moda, ci conformiamo all’immagine dell’”influencer” di turno o a quella narrazione venduta come vincente. Ci incaselliamo da qualche parte rientrando in uno schema, adattandoci a un copione che non ci rappresenta e, così facendo, tradiamo la nostra identità più profonda. Oggi, chiamiamo normalità ciò che invece è una forma di cecità emotiva, un’abitudine collettiva al dolore ignorato, un automatismo che ci disconnette dal sentire.

In questa società essere “normali” significa essere disconnessi da se stessi

E quando perdiamo il contatto con noi stessi, il passo successivo è l’oggettivazione: non ci vediamo più come persone, ma come strumenti, come oggetti da usare o da far usare. Le relazioni si impoveriscono. Siamo merce che si offre o che si consuma: corpi da esibire, performance da vendere, ruoli da recitare per piacere, per essere validati. Ci trattiamo – e veniamo trattati – come oggetti utili, sacrificando la complessità e la bellezza delle nostre unicità.

Ed ecco che in una società tossica, essere ‘normali’ spesso significa essere disconnessi da sé stessi. Perché la normalità, qui, non è sinonimo di equilibrio o di autenticità, ma di adattamento a modelli che ci impoveriscono, che ci allontanano da chi siamo davvero. È una normalità che ci chiede di silenziare i nostri bisogni più profondi, di censurare la nostra verità, di spersonalizzarci per conformarci. E chi si rifiuta di incasellarsi, nel migliore dei casi non viene capito dalla massa ma riesce comunque a costruirsi la sua “nicchia ecologica”. Cioè un ambiente a misura di sé, con affetti sinceri che hanno le medesime vedute! Ma questo è solo lo scenario migliore. Nel peggiore dei casi non capirà che la fonte della sua solitudine non è dentro di sé ma nelle relazioni strumentalizzanti e lacunose che stringe.

La strada giusta è la tua

La vera “normalità” dovrebbe essere connessione, consapevolezza, scelta libera e autentica. Dovrebbe essere la capacità di guardarsi dentro, di conoscersi, di accettarsi e di costruire relazioni fondate sulla reciprocità e sul rispetto, non sulla strumentalizzazione. Se vogliamo cambiare davvero, dobbiamo rifiutare l’idea di essere ingranaggi in un sistema standardizzato e tornare a essere persone senzienti: esseri umani che si riconoscono, che si ascoltano, che si danno valore.

Riappropriarsi di sé significa fare un gesto rivoluzionario: fermarsi, ascoltarsi, riconoscersi al di là dei ruoli, dei giudizi, delle etichette. Significa smettere di guardarsi attraverso lo sguardo di chi ci vuole diversi, più simili a un ideale esterno che a una verità interiore. È decidere di sciogliere le catene invisibili che ci tengono legati a un percorso di vita che non ci appartiene. Come premesso, i diversi, gli incompresi, se riescono a guardarsi davvero dentro possono costruirsi una vita su misura che non ha bisogno del consenso di massa per esistere. Solo di spazio essenziale per muovere la propria affermazione personale.

Quello che sai nella mente hai bisogno di sentirlo nel cuore

Perché quando torniamo in contatto con noi stessi, non ci sarà spazio per vuoti profondi. Scopriamo quello che già sapevamo nella mente ma non sentivamo nel cuore: non abbiamo bisogno di essere parte del meccanismo di gruppo per essere felici, degni di amore, di rispetto e di successo. Siamo consapevoli che là fuori c’è qualcosa che non va, siamo consapevoli che le cose sono “sbagliate”, ma… nonostante questo, soffriamo perché ci sentiamo esclusi. Riappropriarci di noi significa trasformare il sapere in sensazioni che non siano di ingiustizia o esclusione, ma di profonda riscoperta e affermazione.

In un mondo che ci vuole spersonalizzati, standardizzati e sempre performanti, riconoscersi come persone e non come oggetti diventa un atto di autodeterminazione. Non siamo il nostro corpo, non siamo il nostro lavoro, non siamo l’immagine che riflettiamo fuori. Siamo molto di più: siamo la nostra storia, le nostre emozioni, la nostra capacità di scegliere e di cambiare.

Solo riconnettendoci con la nostra interiorità possiamo iniziare a costruire relazioni vere, non più basate sull’uso e sul bisogno, ma sul desiderio sincero di incontrare l’altro come essere umano, libero e non funzionale alle nostre mancanze. Perché se è vero che la massa si muove in una direzione tragica, è altrettanto vero che di “persone vere” come te, là fuori ci sono!

Diciamo “no”, ma facciamolo gentilmente

Non serve affrontare tutto a muso duro, arrabbiarsi o mostrare aggressività nei confronti del prossimo. Così facendo alimenteremo soltanto il sistema che vorremmo contrastare. Possiamo “ribellarci” in modo silenzioso: il rumore lo lasciamo agli altri, ancora una volta a chi fa di tutto per farsi notare. Noi possiamo agire una rivoluzione più profonda e più concreta di uno sterile abbaiare. Riconnettersi a sé, infatti, significa imparare a dire “no” a tutto ciò che ci snatura, che ci usa o ci spegne, senza la necessità di fare a pugni alla Rocky perché la vita non si consuma su un ring e non esistono round.

C’è uno scorrere che può verificarsi con ferma determinazione. Imparare a dire no e chiudere fuori una parte del mondo, imparare a farlo in modo determinato, ci dà anche la possibilità di riscoprire la gioia del “sì”. Imparare a lasciare entrare ciò che è bello, ciò che ci fa bene e ci piace. Perché come premesso: di bellezza c’è n’è tanta. Dobbiamo solo imparare a essere presenti nella nostra esistenza.

Se le cose stanno così: è bellissimo non essere normali

In una società tossica essere “normali” significa spesso essere scollegati da sé stessi… ma possiamo decidere di non essere normali. Possiamo scegliere di essere presenti, veri, imperfetti e liberi. Perché la vera normalità non è adattarsi a un sistema che ci svuota, ma avere il coraggio di costruirne uno nuovo, partendo da dentro di noi.

E allora, che fare? La risposta è dentro ciascuno di noi, ma va liberata. È tempo di diventare ribelli gentili, di smettere di accettare passivamente modelli che ci rendono spettatori della nostra stessa vita. È il momento di tornare protagonisti, di riconoscere e proteggere la nostra unicità. Non serve stravolgere il mondo in un giorno, basta iniziare da sé. Comincia a farti domande scomode: “Questa scelta è davvero mia o sto seguendo un copione già scritto da altri?”, “Sto cercando di compiacere o di essere autentico?”. E soprattutto: “Chi sono io, al di là di quello che faccio o che mostro?”, “perché mi ritrovo con legami non appaganti?”, “come cambio la reciprocità delle mie relazioni?”

La vera rivoluzione sociale

Sii pronto a disobbedire ai dettami di una società che ci vuole oggetti funzionali, corpi da esporre o maschere da indossare. Sii pronto a guardarti allo specchio e a vedere finalmente te stesso, senza filtri. Sii pronto a scegliere relazioni che ti arricchiscano e non che ti consumino, esperienze che ti facciano crescere e non che ti spersonalizzino.

Oggi più che mai, serve il coraggio di rompere con l’idea che adattarsi sia sempre la strada giusta. A volte, la vera rivoluzione è fermarsi, disallinearsi e decidere di abitare la propria autenticità. E se ti va di iniziare questo incredibile cammino: «il mondo con i tuoi occhi» è il saggio bestseller che ti accompagnerà alla scoperta di te e all’affermazione della tua individualità. Puoi trovarlo in tutte le librerie o qui su amazon, meglio muoversi in autonomia perché la verità è che nessuno verrà a salvarci da questa “normalità tossica”, ma possiamo salvarci da soli.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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