Come psicologo e studioso di discipline bioenergetiche orientali (Qigong, Tachi, ecc.), spesso mi confronto con chi lamenta difficoltà di carattere relazionale e blocchi di tipo emozionale, persone sequestrate prevalentemente da paura, rabbia e tristezza.
I corpi si presentano molte volte scarichi, privi di energia e congelati da un punto di vista emozionale.
Parlare con queste persone non è sempre facile. La tendenza è quella di cercare in tutte le maniere di rimanere arroccate all’interno di un circolo vizioso che oscilla fra il senso di impotenza e la rassegnazione a vivere una vita insoddisfacente.
Se l’ascolto attivo da una parte consente l’apertura dell’altro e la facilitazione dell’espressione dei personali vissuti, dall’altra spesso accade che le emozioni congelate rimangano inespresse, annidate all’interno delle corazze corporee.
La terapia gestuale
Il canale verbale quindi non sempre è sufficiente all’espressione autentica di sé e, soprattutto, a consentire un reale scongelamento delle emozioni più profonde. Il corpo rappresenta allora un veicolo importante che può aiutare realmente a favorire l’apertura e l’accesso a vissuti profondi, attraverso il respiro ed il rilassamento.
Il gesto, diceva la Orlic, è la materia prima dello psichismo, è l’espressione dell’intenzionalità e del proprio autentico sentire.
Credo che il gesto rappresenti il modo personale di esprimere il proprio stare nel mondo e di come ci si relazioni ad esso.
Le esperienze della vita, i traumi, le delusioni e le ferite, se non adeguatamente elaborate rischiano in qualche modo di inibire la capacità espressiva autentica, mettendo il soggetto nella condizione di manifestare la propria intenzionalità in maniera distorta, impersonale, magari più accettabile dagli altri ma lontana dal personale sentire soggettivo.
L’essere inautentico si manifesta attraverso una gestualità rigida, non fluida, scarica, accompagnata da una postura che spesso tradisce la fatica di sopportare il peso delle preoccupazioni e delle ansie quotidiane.
Partire dal gesto e dalla sua trasformazione in atto intenzionale autentico, diventa la possibilità per cambiare l’approccio verso il mondo esterno, trasformando progressivamente le emozioni negative che non alimentano e non supportano il movimento in qualcosa di diverso, in un sentire che consenta l’espressione della gioia e dell’apertura alla realtà esterna.
Le fasi che propongo nel mio lavoro sono diverse e possono variare a seconda delle situazioni:
1. Stare in piedi
Centrarsi sul respiro e sulle tensioni avvertite nel corpo, negli arti. Provare a sentire se ci sono parti più scariche ed altre maggiormente attive. Prendendo spunto da questi squilibri, immaginare che, dall’altezza dell’ombelico, una massa calda e fluida mossa dal respiro inizi a dirigersi nelle zone avvertite come meno cariche cercando di percepire a livello somatico formicolii ed un calore sempre maggiore.
2. Crearsi lo spazio
Le braccia rappresentano gli strumenti con cui le persone entrano in contatto con la realtà. Molte persone le percepiscono come scariche, infatti, non sanno spingere e tirare. Non sanno cioè allontanare da sé ciò che non desiderano e prendere ciò che vogliono. Non sanno cioè desiderare in maniera autentica.
In questa fase provano a modellare lo spazio intorno in tutte le direzioni, come se fosse una specie di pasta morbida facilmente manipolabile. Anche il busto, oscillando nelle varie direzioni partecipa a questo processo. Si chiede quindi di prestare attenzione alle tensioni avvertite, alle braccia e alla loro possibile rigidità o debolezza. Il respiro è sempre protagonista e centrale deve essere l’attenzione ad esso volta.
3. Spingere
In questa fase si visualizza ciò che vogliamo togliere, allontanare, eliminare. Lo facciamo fare con un passo in avanti e con diverse velocità di esecuzione. Lo spingere è accompagnato dall’espirazione e dal suono con la voce che riteniamo più adeguato.
E’ importante successivamente chiedere ed aiutare a verbalizzare ciò che è stato eliminato in quel preciso istante.
- Tirare: le braccia adesso svolgono la funzione di prendere per sé, assecondare il personale desiderio di afferrare.
Cosa prendo per me?
Qual è il mio desiderio?
Ho difficoltà a capire cosa voglio realmente per me?
Riesco a pretendere? - Sollevare il cielo: in questa fase il lavoro immaginativo è legato al peso delle proprie responsabilità, anche ai fardelli che non ci appartengono ma che in qualche maniera ci sono stati dati e dei quali ci sentiamo responsabili.
Quanto ci costa liberarcene?
Ci riusciamo?
Quanto condizionano questi pesi la nostra vita?
Riusciamo ad immaginare la nostra vita senza queste zavorre? - Schiacciare: il lavoro immaginativo è premere verso il basso come se affondassimo le radici delle mani e dei piedi nel terreno. Inspiriamo nutrendoci ed espiriamo depurandoci dalle scorie, dai pensieri negativi. Immagino una forte tensione interna accompagnata dalla ricerca di un rilassamento muscolare progressivo esterno.
- Torcere: con il busto effettuiamo delle torsioni come per affermare la volontà a rimanere ben piantati nel nostro presente, nel nostro stare qui ed ora.
Di cosa è fatto il nostro presente? - Aprire e chiudere. Il corpo partecipa, insieme alle braccia,al gesto dell’aprire come concedersi ed accogliere, alternando con il gesto opposto della chiusura e del ripiegamento su se stessi.
Quale atteggiamento ci rappresenta maggiormente?
Come viene vissuta l’apertura?
Cosa rappresenta per noi la chiusura? - La danza decostruttiva: dopo aver sperimentato la grammatica dei gesti, la persona può iniziare ad elaborare e ad esprimere la propria poesia corporea, utilizzando i gesti appresi in modo creativo e personale, come se inventasse un proprio personale linguaggio corporeo.
- Emergere e sprofondare: sdraiati al suolo è il momento di integrare nel corpo tutto ciò che è stato vissuto. Immaginando di essere su una zattera in mezzo al mare, ad ogni inspirazione si immagina di emergere dall’acqua e percepire il calore dei raggi solari, viceversa, ad ogni espirazione si immagina di inabissarsi e sentire la sensazione dell’acqua che lentamente sovrasta il corpo.
- Restituzione, condivisione dei vissuti, scrittura delle sensazioni esperite ed uso del colore per rappresentare eventuali stati emozionali.
Il lavoro che ho presentato rappresenta uno spunto di lavoro corporeo, ricco di suggestioni.
Mi auguro che possa essere utilizzato in qualche modo e che venga progressivamente integrato con altre tecniche corporee. Come detto all’inizio, il mio personale bagaglio formativo riguarda soprattutto lo studio delle tecniche bioenergetiche orientali.
Credo che gli esercizi di Tai Chi Chuan, gli stili come il Pa Kua o le pratiche di Qigong possano essere integrati all’interno di percorsi di autoconsapevolezza, soprattutto se depurati dagli aspetti stilistici e declinati in maniera da centrare l’attenzione sui vissuti soggettivi in relazione al gesto, andando oltre quindi l’apprendimento tecnico ed il condizionamento corporeo.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook: Pagina ufficiale di Psicoadvisor o sul nostro gruppo “Dentro la psiche“. Puoi anche iscrivervi alla nostra Newsletter. Per leggere tutti i miei articoli ti invito a visitare questa pagina.