Rabbia, frustrazione, impotenza: urlare potrebbe essere utile per ristabilire l’equilibrio interiore. Non basta gridare a casaccio, bisogna sapere canalizzare questa energia. Vediamo come secondo l’approccio corporeo.
La rabbia è un’emozione primaria comune a tutti gli esseri viventi. La sua espressione avviene attraverso precise mimiche, posture e reazioni fisiologiche e consente di attivare l’organismo per consentirgli di agire o reagire, anche difronte ad una minaccia più o meno presunta.
La rabbia è quindi il motore emozionale che consente di aggredire, attaccare o difendersi in maniera reattiva da ciò che viene percepito come minaccioso.
Cos’è che attiva la rabbia?
Possono essere diversi i fattori di attivazione: sentire minacciati i propri confini, avvertire la sensazione di essere prevaricati in senso fisico o verbale, percepire che qualcosa o qualcuno intorno agisce in maniera da arrecare danni o sottrarre risorse, anche affettive.
La rabbia consente di ristabilire un equilibrio, riportare le giuste distanze e di agire in modo da poter ridefinire se stessi all’interno di una relazione o stabilire la propria posizione all’interno del gruppo di appartenenza.
La rabbia è ciò che determina il conflitto fra le parti ed è ben capibile, quindi, come debba essere modulata per consentire il quieto vivere all’interno del contesto sociale. Da un punto di vista educativo la rabbia è spesso considerata come una componente individuale negativa, inopportuna e destabilizzante. Spesso passa il messaggio che sia sbagliato arrabbiarsi e che sia più opportuno reprimere la collera per non creare situazioni conflittuali.
Il non accettare il conflitto o, più propriamente, l’incapacità di stare in una situazione conflittuale, causa progressivamente l’impossibilità di esprimere il disappunto con la conseguenza che la rabbia inespressa viene interiorizzata ed inizia a caratterizzare tutte le relazioni interpersonali. La rabbia non manifestata crea tensioni interne, pensieri negativi ed uno stile comunicativo sarcastico e sprezzante. Il corpo si irrigidisce ed i muscoli della mandibola si contraggono. Come lavorare da un punto di vista corporeo (terapia corporea) per contattare la rabbia, esprimerla e sciogliere le tensioni muscolari?
Gridare per ristabilire l’equilibrio interiore
I metodi possono essere molti e l’uso della voce può aiutare, soprattutto se modulata attraverso specifiche vocalizzazioni.
Il primo passo consiste nel porsi con i piedi paralleli, le ginocchia leggermente flesse ed iniziare a portare in avanti ed indietro la mascella, provando ad emettere un suono, come fosse un ringhio.
Lo stesso può essere fatto serrando la mascella, emettendo lo stesso suono del precedente e poi rilassare.
Il massaggio ai muscoli masticatori aiuta infine a rilasciare le tensioni.
Il secondo passo riguarda il formare un arco indietro con la schiena, senza forzare eccessivamente. Laddove inizia il senso di fastidio, dolore o tensione, provare ad esprimerlo con la voce. E’ importante ripetere più volte l’esercizio dell’arco e provare successivamente a vibrare la vocale U, che deve provenire dal basso, dalla nostra radice più profonda. Successivamente è possibile passare alla vocale O e provare a fare vibrare il ventre. Iniziano successivamente le vocali dal tono più acuto, come La E, La A ed infine la I.
Si tratta di mettere in risonanza la gabbia toracica, la gola e la testa, in modo da liberare le tensioni accumulate. E’ importante prestare attenzione a come il respiro cambia man mano che procediamo con le vocalizzazioni, ascoltando dove si blocca o,. al contrario, come riesce a fluire liberamente.
Il terzo passo consiste nel divaricare leggermente le gambe ed iniziare a saltare piegandosi su di esse. Ogni volta che atterriamo occorre farlo con l’atteggiamento di imporsi, di ripetere a se stessi “Io ci sono”, di manifestare la propria presenza in modo autorevole. La voce aiuta anche in questo caso e può essere emesso un suono che sentiamo forte, potente o comunque di impatto. Invece del suono può essere emessa una frase che riteniamo importante.
Il quarto passo ha a che fare con le braccia. Gli arti superiori servono per entrare in contatto con la realtà. Talvolta, chi ha problemi ad esprimere la rabbia sente le braccia eccessivamente scariche o estremamente contratte come se volessero trattenere qualcosa, come se ci fosse la paura a lasciare andare qualcosa che pensiamo possa arrecare danno agli altri o a se stessi.
Un materasso appoggiato alla parete può servire per imprimere su di esso la nostra rabbia attraverso una ripetuta serie di spinte. Ad ogni spinta corrisponde una flessione sulle gambe, come per radicarsi al suolo e, allo stesso tempo, provare ad emettere suoni profondi come la O o la U.
Accompagnare con il grido il gesto aiuta ad imprimere forza, vigore e consapevolezza al gesto stesso e, allo stesso, tempo a liberare le tensioni stagnanti.
Il quinto passo consiste nel protestare sdraiandosi su un materasso piuttosto largo ed iniziare a percuoterlo con braccia e gambe sia in posizione prona che supina. La protesta deve essere accompagnata da suoni diversi o da parole tipo: “basta”, “smetti”, “non insistere”, “no”, “vigliacco”, ecc. Accogliere e lasciare andare ogni reazione fisiologica, come il pianto, senza nessun giudizio.
Il sesto passo è la riconciliazione. E’ il momento in cui integriamo tutte le nostre energie ricollocandole all’interno del nostro organismo. E’ il momento dell’autoascolto, dell’indulgenza verso se stessi e della personale riappacificazione. Il respiro dirige l’orchestra delle emozioni fluttuanti, riportando tutto ad un nuovo ordine dentro se stessi. Man mano che il respiro si regolarizza anche i vissuti iniziano a riorganizzarsi all’insegna un inedito orizzonte di senso.
Nell’immobilità del corpo solo il respiro svolge una funzione dinamica, consentendo a tutte le parti di sé di procedere verso un nuovo componimento.
Il settimo passo è la danza del proprio sentire. Si tratta di celebrare l’arrivo di un diverso sentire interpretando una danza personale ad occhi bendati. La musica deve essere scelta in base ai gusti personali, andando a scegliere quella che, in qualche modo riesce a smuovere dentro qualcosa di importante. Al termine di essa è importante soffermarsi di nuovo sul respiro cercando di sentire quanto e cosa è cambiato dentro se stessi, se le tensioni si sono sciolte e quali, indagando tutte le sensazioni corporee che arrivano al termine della pratica.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
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