Il corpo viene nascosto o ostentato, esaltato o trascurato. Ognuno di noi ha un rapporti diverso con il proprio corpo ma tutti sembrano trascurare un fattore importante: il corpo è un tutt’uno con la mente e riflette bisogni, paure o angosce.
L’uomo è sempre stato oggetto di studio di diverse discipline: mediche, storiche, sociali, psicologiche ecc. Ogni epoca ha visto e inquadrato l’uomo sotto un’ottica diversa, andando dalla mortificazione del corpo per esaltarne le qualità spirituali alla necessità di scomporlo per capire il funzionamento delle singole parti.
Individualità o socialità? Sacrificio di sé per il benessere della collettiva o ricerca del benessere individuale? Sono queste antinomie che hanno da sempre caratterizzato la ricerca della verità sull’uomo, sulle cause del suo comportamento e, non ultimo la sua felicità.
E’ stato capito con Freud che la civiltà, per poter divenire tale, ha dovuto pagare lo scotto del sacrificio del piacere individuale e quindi è stata barattata parte della libertà individuale in cambio della sicurezza e della stabilità del vivere comune. Anche il corpo nei secoli è stato inquadrato e trattato diversamente in base alle ideologie del tempo, così, abbiamo avuto corpi maschili e femminili soggetti a sorti diverse, corpi nascosti per il pudore, corpi martoriati e sacrificati.
Il nostro corpo parla ed è un tutt’uno con la mente
Il corpo parla dell’uomo con una voce che amplifica i fatti e ne fa da motore. Oggi il nostro corpo parla, talvolta, la lingua dell’apparire, del dover avere una forma specifica; parla della necessità di essere esposto, di essere ammirato e confermato dagli sguardi esterni, nascosti, dei vari profili social. Un corpo oggi che per certi versi vive la scissione fra l’essere In o essere Out. Sono i like delle persone esterne che confermano se vali oppure no. Un corpo esposto, un corpo in vetrina che attende di essere confermato con un segnale.
Se il corpo viene apprezzato anche la persona stessa può allora accettarsi e allora ricrearsi una sintonia, un’integrazione fra corpo/mente/emozioni.
Se ciò non avviene subentra il disagio, lo star male nel proprio corpo, un malessere legato alla sensazione di non valere, di non essere degni.
Questi meccanismi possono innescarsi, talvolta, soprattutto fra i più i giovani, proprio adesso che, paradossalmente, prevale la visione olistica, la percezione cioè che l’uomo sia un dispositivo unitario in cui l’uomo è percepito come mente incarnata, ovvero un insieme armonico di emozioni, mente e corpo.
Parti integrate ed interdipendenti in continua interazione fra loro. Oggi il benessere è letto in una chiave di continua ricerca di un equilibrio fra le parti, ponendo enfasi sull’ascolto di sé, dei propri vissuti, della ricerca degli stili di vita migliori, dell’alimentazione più sana, ecc. Ed è paradossale che, pur essendo nata questa sensibilità, questa ricerca di attenzione al corpo e agli aspetti emotivi, allo stesso tempo si manifesti la tendenza a scindere l’aspetto esteriore da evidenziare e rinforzare a tutti i costi mettendo fra parentesi tutti gli altri aspetti del sé.
La ricerca costante del rinforzo da parte del mondo esterno sacrifica in qualche modo la presenza delle persone a se stesse, ai propri bisogni più intimi perché l’attenzione è dirottata verso i comportamenti esterni, verso la percezione di quanto gli altri ci desiderino e ci apprezzino.
Sono gli altri a decidere se stai bene con te stesso
Progressivamente sono gli altri che scandiscono il tempo del nostro benessere, il tono dell’umore, il senso di poter essere degni o meno. L’autostima diventa un fattore che si basa allora unicamente sulla sensazione di quanto gli altri ci prestino attenzione. Il non sentirsi considerati, apprezzati o voluti diventa l’unico parametro per potersi permettere o meno di essere in pace con se stessi.
Eppure viviamo fortunatamente in un’epoca in cui i flussi di conoscenza si intrecciano e gli scambi comunicativi sono molti. Oggi grazie anche ad internet e ai vari dispositivi elettronici è possibile conoscere realtà che ci consentono di ampliare le vedute e trovare anche vie alternative per comprendere cosa ci stia accadendo e come orientarci per trovare soluzioni. Penso alla diffusione dello Yoga indiano, della bioenergetica di Lowen, degli studi di Reich e di tutte le pratiche psico-corporee orientali ed occidentali che oggi sono molto diffuse e che aiutano veramente l’uomo a ricomprendersi, a non disperdersi in quel “si” quotidiano e massificante che allontana le persone da se stesse e dai propri bisogni.
Pratiche psico-corporee
Le pratiche psicocorporee aiutano a ricentrarsi, a trovare in sé il fondamento della centratura, a saldarsi nel qui ed ora attraverso il respiro ed il gesto consapevole. Il corpo, sentito ed accolto in tutte le sfumature emotive, in ogni tensione, in tutte le sensazioni di fragilità o di vuoto, rappresenta l’unico antidoto contro la dispersione e la mancanza del senso di sé.
Un corpo trascurato, lasciato a sé o semplicemente allenato per renderlo esteticamente appetibile pronto per essere esposto, è sempre e comunque qualcosa che non è vissuto come parte integrante di noi ma semplicemente come strumento per arrivare ad un obiettivo o come qualcosa da trascurare perché irrilevante.
In entrambi i casi abbiamo una scissione fra la mente che elabora e vive di alterità ed un corpo che attende di essere ricompreso, accolto ed ascoltato.
L’approvazione che viene da fuori, puoi cercarla dentro di te
Come psicologo e pedagogista lavoro molto spesso con adolescenti ed adulti che vivono proprio il problema di sentirsi dipendenti da giudizio esterno, la necessità che gli altri approvino non solo il corpo e le sue fattezze ma anche il comportamento in generale. Sono persone che vivono nel controllo continuo delle reazioni altrui e nella necessità di trovare sempre nuovi modi per destare interesse. Impiegano molte energie fuori di sé trascurando poi i bisogni più autentici, quelli legati alla sfera della reale necessità di ritrovare se stessi e la propria autentica espressione. Dimenticandosi di se stesse queste persone tendono a mentalizzare molto, a vivere di rimuginii continui, chiedendosi cosa non vada in loro se non ricevono conferme dagli altri. Tutto questo porta lentamente all’autocolpevolizzazione, al sentirsi inadeguati e quindi non degni, forse perché carenti, mancanti di un qualcosa che va sempre cercato ed aggiunto per vedere di essere nuovamente al centro degli altrui desideri.
Lavorando con queste persone è stato molto costruttivo per me ed ho imparato a lavorare sul corpo e con il corpo attraverso un percorso di educazione alla riscoperta di sé e delle emozioni più autentiche. E’ stato necessario ideare un protocollo basato su una sintesi delle pratiche bioenergetiche orientali e non, che hanno come base di lavoro il respiro e come struttura la trasformazione emozionale attraverso il gesto consapevole.
Il lavoro di ascolto e accettazione nella bioenergetica
Per un approfondimento, puoi leggere l’articolo sulla Terapia Gestuale. Le fasi del lavoro del percorso “Sentirsi” possono essere così sintetizzate:
- Il mio radicamento: come sto in piedi, come sento il mio peso. Ascolto ciò che arriva dal mio corpo. Come mi sento nella mia immobilità?
- Prendere e lasciare: il gesto intenzionale di afferrare o di rifiutare a cosa lo collego? Come lo vivo? Quale dei due mi è più familiare?
- Spingere e avvicinare: in quale gesto sento maggiori difficoltà? In quali occasioni riesco ad allontanare da me? Posso permettermi di farmi avvicinare? Cosa provo quando accade?
- Meditazione dinamiche per “scendere dalla testa al corpo”, centrando e le energie e focalizzandole all’altezza dell’ombelico. Prestare attenzione ad ogni cambiamento.
- Fantasie guidate e visualizzazioni: metodi che consentono di entrare ancora più in contatto con il corpo facilitando l’emergere delle tensioni per poterle poi elaborare e sciogliere le emozioni in esse intrappolate
- Sagoma corporea ed individuazione delle diverse emozioni da collocare nei vari distretti corporei. Che tipo di emozioni sono? Come le vivo? Come posso trasformarle utilizzando anche le pratiche di respirazione ed il gesto intenzionale?
Questo percorso lavora quindi su 3 parametri:
1) consapevolezza del corpo e del respiro
2) consapevolezza delle emozioni
3) trasformazione delle emozioni attraverso il gesto intenzionale.
Il principale obiettivo è l’ascolto di sé e la ricerca della centratura, una volta fatto, la persona ha la possibilità di trasformare in maniera consapevole le emozioni che sente come limitanti, in opportunità e risorse per una vita più autentica.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook: Pagina ufficiale di Psicoadvisor o sul nostro gruppo “Dentro la psiche“. Puoi anche iscrivervi alla nostra Newsletter. Per leggere tutti i miei articoli ti invito a visitare questa pagina