Il trattamento del silenzio è una delle tattiche passive-aggressive più frustranti. Parliamo di un abuso emotivo silenzioso che ha lo scopo di controllare, punire o disarmare chi lo riceve. Nel mio articolo dedicato al “Trattamento del silenzio” ti ho spiegato che questa tattica non è una peculiarità del narcisista e che, purtroppo, spesso anche una mamma “emotivamente immatura” può esercitare sul figlio questo silenzioso abuso emotivo.
A seconda delle dinamiche innescate, il trattamento del silenzio può far sentire la vittima invisibile, insignificante, impotente… ma anche intimidita! Può innescare confusione, dubbi o persino sensi di colpa. Sempre in base alle dinamiche del rapporto, il trattamento del silenzio può esprimere disprezzo, disapprovazione e far insorgere un forte senso di rabbia, impotenza e frustrazione.
Le dinamiche del trattamento del silenzio
Se sei vittima di questo abuso emotivo c’è qualcosa che puoi fare per chiamarti fuori dai giochi, tuttavia, prima di vedere come puoi comportarti, vorrei descrivere alcune dinamiche molto comuni, dove il trattamento del silenzio prende connotazioni sottilmente diverse. Primo esempio: tua madre ti chiede di andare vacanza con lei, tu rifiuti e lei, risentita, ti sottopone al trattamento del silenzio; diventa fredda, distaccata, non risponde alle tue telefonate e se, in casa, le rivolgi la parola, lei ti risponde con frasi brevi e troncate.
Lo scopo del trattamento del silenzio è manipolarti, indurti a cedere e a rivedere la tua posizione, tua madre non accetta il tuo rifiuto e il trattamento del silenzio diventa un abuso emotivo per renderti più malleabile. Qui, il trattamento del silenzio, vuole essere punitivo ma soprattutto manipolatorio. Tua madre è risentita, offesa, ferita dal tuo rifiuto… lo palesa con il suo silenzio perché non vuole accettare che tu possa avere una tua autonomia e possa sottrarti alla sua volontà.
Secondo esempio: il tuo partner diventa freddo, distaccato e si rifiuta di rivolgerti la parola perché tu hai detto o fatto qualcosa che lo ha infastidito. In tale contesto, ci sono molte probabilità che tu, subendo questo abuso emotivo, sarai portata ad agire di istinto e provare a scusarti.
Non basteranno tutte le scuse del mondo perché il silenzio dell’altro non passerà fin quando il partner non si sentirà abbastanza “forte e soddisfatto”. In questo caso, il partner vuole semplicemente punirti. Il trattamento del silenzio è una punizione, un’espressione di disprezzo passiva-aggressiva. Il partner, in questo caso, non vuole manipolarti ma solo sottometterti e punirti per un affronto subito (reale o immaginario).
Questa dinamica è molto più comune di quanto pensi e non ci sono scuse che reggano anche se il tuo atteggiamento (quello che ha causato la disapprovazione del partner) è stato ragionevole e legittimo. Questa dinamica si può innescare anche se semplicemente arrivi a un appuntamento con un po’ di ritardo.
Terzo esempio: il tuo partner, amico o il tuo genitore, ti sottopone al trattamento del silenzio senza una ragione. Cioè, tu ti ritrovi con una persona che è fredda, scostante, distaccata e improvvisamente ti parla a monosillabe senza neanche sapere il perché. In questo caso il trattamento del silenzio ha lo scopo di punirti, sottometterti e disarmarti, deprivarti di potere/valore e disorientarti.
Una dinamica disfunzionale di coppia vede due ruoli ben precisi. Da un lato una persona passiva aggressiva che non risponde e tronca di netto qualsiasi argomento e dall’altro lato, una persona confusa che quando prova a chiedere “ma cosa ti ho fatto?” riceverà risposte umilianti e sminuenti “se ti devo spiegare io in cosa hai sbagliato, vuol dire che non hai la minima considerazione di me” oppure “se ti importasse davvero qualcosa, capiresti come mi hai ferito”.
In questo scenario, l’aggressore indossa i panni di una persona incredibilmente sensibile e risentita. Il silenzio può crollare solo se chi te lo elargisce ti vedrà sufficientemente disperata/o.
Quarto esempio: il trattamento del silenzio può essere anche selettivo. Le due persone possono parlare di tutto fatta eccezione per argomenti tabù che in genere vanno a rimarcare l’inadeguatezza della vittima. Anche in questo caso il trattamento del silenzio è manipolatorio.
Come rispondere al trattamento del silenzio
In tutti i contesti descritti in precedenza e in tutti gli scenari possibili da immaginare e tristi da vivere, chi usa il trattamento del silenzio si nutre dei sentimenti negativi mostrati dalla vittima.
Una buona strategia per rispondere al trattamento del silenzio non consiste nell’usare il dialogo: chi ti regala il trattamento del silenzio si nutre di ogni tuo sforzo comunicativo, di ogni tue energia investita per rompere il muro del silenzio. Allora cosa fare? Semplicemente, evitare di mostrarsi coinvolti.
Sicuramente il trattamento del silenzio susciterà in te sconforto, frustrazione, rabbia, angoscia, sensi di colpa, confusione e chissà quante altre emozioni negative. Ciò che puoi fare è mettere da parte queste sensazioni, prendere atto che hai di fronte una persona che non conosce (o non vuole usare) altri mezzi comunicativi se non l’abuso.
Per rompere il muro del silenzio, distaccati, non fomentare questo comportamento e prova a ignorare chi lo mette in atto. A lungo andare, il passivo aggressivo abbandonerà questa tattica perché capirà che con te non attecchisce. Se invece rispondi assecondando il suo gioco, fomenti, nutri e convalidi il suo atteggiamento disfunzionale.
Questa di certo è la risposta più saggia quando il silenzio è punitivo, manipolatorio e controllante. Un’altra risposta che puoi dare è il distacco accompagnato da un dialogo semplice, un messaggio unidirezionale che avrà effetti diversi in base al soggetto che lo riceve. Chiarisci che il suo atteggiamento è immaturo e inutilmente manipolatorio/punitivo, chiarisci che il suo silenzio non cambierà la situazione e che se vuole migliorare davvero la sua vita o la relazione, deve imparare a chiedere apertamente ciò che vuole e imparare ad accettare eventuali rifiuti.
Il trattamento del silenzio è sintomo di immaturità emotiva ed è sempre un atteggiamento disfunzionale.
Un ulteriore risposta, se hai un legame stretto con questa persona (coniuge, madre-figlio, conviventi…), prevede l’inizio di una psicoterapia orientata alla gestione dei pensieri e delle emozioni.
Convincere il coniuge o un genitore a iniziare una terapia potrebbe non essere semplice, quindi se non dovesse accettare, valuta l’idea di iniziare in autonomia un percorso psicoterapeutico così da acquisire tutti gli strumenti utili per fronteggiare questi comportamenti abusanti… anche perché chi effettua il trattamento del silenzio, avrà un ampio repertorio di abusi emotivi sottili.
Se sei vittima di periodici trattamenti del silenzio, stabilisci dei limiti sani per te stessa/o. Quando inizia il trattamento del silenzio, imponiti di allontanarti (fisicamente o psicologicamente) da chi esegue questo abuso.
Se si tratta di un coniuge o di un genitore, puoi anche lanciare un messaggio tipo “con te voglio un rapporto sereno, ti voglio bene ma i tuoi silenzi sono molto dannosi, per questo farò anche io un passo indietro e tornerò solo quando sarai disponibile al dialogo”.
Cosa fare quando il trattamento del silenzio arriva da un collega di lavoro o una persona con la quale non hai un rapporto intimo?
Questo scenario è ancora più complicato da gestire! L’unica cosa che puoi fare è mostrarti (o magari sentirti veramente!) rilassato e positivo. Evita di infuriarti, ricorda che si tratta di subdole tattiche di controllo alle quali puoi rispondere in modo assertivo o addirittura amichevole.
Un’occhiolino, una battuta ironica, un semplice sospiro… possono dare uno scossone alla tensione che si respira nell’aria in ufficio. Un gesto amichevole potrebbe lanciare il messaggio che non prendi il tuo collega poi così seriamente.
Se il tuo collega o capo non ha senso dell’umorismo, meglio andarci ancora più cauti in quanto, commenti leggeri, potrebbero ritorcersi contro di te. Quindi cerca di inquadrare bene chi hai di fronte.
Qualsiasi risposta decidi di attuare, ricorda sempre che puoi agire solo sul tuo comportamento ma non puoi cambiare l’atteggiamento degli altri.
Se qualcuno ti sottopone al trattamento del silenzio, ecco altri consigli che possono tornarti utili: ritagliati il tuo spazio per respirare e cerca di capire cosa sta cercando di ottenere l’altro. Concedi spazio e tempo al tuo “abusatore” per riflettere, senza assecondare il suo abuso. Non chiedere scusa a meno che tu non sia realmente responsabile di qualcosa.
In qualsiasi rapporto, cerca sempre di impostare delle regole per una sana comunicazione: ogni rapporto che stringi dovrebbe essere basato sul rispetto reciproco. Il trattamento del silenzio, oltre a essere un abuso emotivo, è una palese mancanza di rispetto.
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Ti faccio i miei complimenti per il livello di insight che non è comune per una (suppongo) giovane donna. Quello che hai scritto è sintomo di maturazione e mi sorprenderebbe se non fosse frutto di un percorso psicoterapico. Anche io ho tratti narcisistici e sono stata al contempo vittima (ho osservato che si danza quasi sempre tra simili, diversamente da quel che dice la psicologia da rivista -non esistono gli empatici codipendenti-, semplicemente uno è più overt e minaccioso, l’altro più introverso). Se sussistessero questi tratti anche nel tuo caso, visto il livello di consapevolezza, ci vedrei una tipologia “vulnerabile” che è quella dalla quale si può uscire dopo immani sforzi. Consiglio un approfondimento, a me sta giovando molto.
Quando.le.persone fanno così con me…semplicemente le “lascio andare”, ci soffro un po’ ma non sopporto il silenzio per ottenere qualcosa. Se fanno questa scelta, io non mi oppongo…anzi dopp che passa il tempo, lì “ringrazio” perché mi mi hanno evitato le loro energie negative e tossiche. Il bello è che quando le incontro, io sono serena e tranquilla…loro sembrano così tristemente frustrati. Necessario fare un passo “oltre con determinazione…non si può regredire dietro a comportamenti infantili e immaturi, non si cresce. Ciao, Rosalba
Io usavo il silenzio come auto difesa nei confronti del mio ex fidanzato. Non ho mai pensato di punirlo con il silenzio, ma poiché lui risolveva qualunque discussione minacciando di lasciarmi, mi chiudevo in me stessa per lunghi periodi, parlandogli il meno possibile. Il mio intento era quello di ritagliarmi una dimensione mentale solo mia, dove lui non potesse entrare e, conseguentemente, ferirmi. Probabilmente c’era una tecnica passivo aggressiva alla base, ma non ne ero consapevole.
Il trattamento che ho ricevuto da molti, è stato intimidatorio e pressante, come se ricevessi ordini impartiti da comandanti senza possibilità di argomentare le mie ragioni, ma soltanto poter dare giustificazioni (in qualche caso). In pochissimi casi ho ricevuto elogi che mi hanno spinto a fare e dare di più fino a raggiungere l’esasperazione più completa, che mi ha portato a desistere su ogni tipo di possibilità di scelta, la mia mente regrediva piano piano e ogni tipo di riflessione era negata alla mia mente, anche perchè non ricevevo aiuto alcuno da nessuno, nonostante lo chiedessi. E tutto questo non sono mai riuscita ad accettarlo.
Quand’é che il silenzio inteso come forma passiva aggressiva in un ambiente sociale competitivo e disonesto diventa dannoso per chi cerca di difendersi attuandolo? Come uscire da questa loop difensivo innescato da un ambiente sociale che utilizza lo stesso?
Tra l altro ho anche problemi di salute , stitichezza, vertigini..
Vivo ancora con mio padre sinceramente faccio fatica a vivere da solo con lui non ho rapporto più che altro perché non parla quasi mai…da un Po di anni ho problemi anche con il lavoro perché mi sento isolato,non vado d accordo con nessuno perché mi sento molto sfruttato ,guardo gli altri reparti e non vedo equità mi sento in una posizione sfavorevole rispetto agli altri,mi piace molto fare palestra non so se i problemi ce li ho io , o gli altri..
fai alla tua analista i miei complimenti per la professionalità 😉
Ciao Ketty, c’è una grossa differenza tra “trattamento del silenzio” (manipolativo) e “no contact” (difensivo). Se il silenzio è la conseguenza di un distacco, non ha fini manipolatori ma di auto-tutela… ti invito a leggere questo articolo:
http://psicoadvisor.com/il-no-contact-per-proteggerti-da-chi-dice-di-amarti-11064.html
E’ da anni che attuo il distacco, non scoppio più in lacrime come i primi tempi, poi è arrivata la rabbia, ora però siamo diventati quasi due estranei. Ci sono giornate in cui uno vive in una stanza e l’altro in un’altra. Non mi dispero più davanti a lui, sono diventata ancora più crudele di lui, ma dentro sto impazzendo. Mi sento chiusa in gabbia. Più di una volta in passato gli ho proposto di iniziare una terapia insieme, ma non ne vuole sapere, dice che ce la facciamo da soli. Ora ho chiaro che devo andare in terapia da sola, per aiutare me stessa.
Io sono l’aggressiva-passiva che sta attuando il trattamento del silenzio verso alcuni colleghi che, però, mi hanno per prime aggredite con disconferma, mobbing e altre cose. SE cerco di “manipolarli” in realtà per me sarebbe solo far capire la mia sofferenza per certe situazioni Io cerco solo di farmi rispettare e la mia è solo una reazione (aggressiva) al loro comportamento. Cercare di farsi comprendere da chi fa orecchi da mercante significa manipolare?
Purtroppo molte cose, si capiscono solo col sennò di poi…
…il trattamento che ricevo dal mio ex (e mio collega di lavoro), ogni volta che decide di interrompere la relazione…da due mesi (17/02/2018) ormai, è calato il silenzio…
Qualche settimana fa ho scoperto dalla mia analista (che per qualche seduta è stata anche la sua, ma all’ultima non si è presentato!), che lui è narcisista e sociopatico…mi si è aperto un mondo!i suoi atteggiamenti all’inizio del rapporto, i suoi fine storie senza un apparente motivo, i suoi ritorni carichi di belle parole, i suoi silenzi…
Ogni qualvolta qualcuno mi fa un torto lo allontano e non gli rivolgo più la parola queasto mi ha portato a ritrovarmi da sola sbagilo in questo mio attegiamento premetto che prima di arrivare a ciò cerco di parlare do più possibilità