Non sentirsi all’altezza delle aspettative: la paura di fallire

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Per lo psicoterapeuta la paura del fallimento è un tema ricorrente; sono molti i pazienti che, giunti nello studio, prendono atto di vivere in funzione di questo timore, anzi, terrore! La paura di fallire nella vita è qualcosa di estremamente invalidante. Proprio quanto una fobia, la paura di fallire mette un freno a mano in termini di esperienze vissute, occasioni perdute e crescita personale.

E’ normale provare un pizzico di ansia quando si affrontano situazioni nuove, tuttavia la paura di fallire si spinge ben oltre quel pizzico d’ansia fisiologica.

La paura di fallire è correlata alla paura del giudizio

Questo timore può essere considerata il tema centrale per chi soffre di fobia sociale.

Chi ha già sperimentato un fallimento doloroso che non è riuscito a elaborare, oppure si ritiene responsabile di un errore percepito come fatale, farà di tutto per proteggersi dal ripetere la stessa emozione. I comportamenti protettivi, però, non faranno altro che amplificare quel timore.

Procrastinazione ed evitamenti sono due cardini per chi ha paura di fallire. In più, chi ha questo timore avrà forti difficoltà a prendere decisioni e si manterrà alla larga da qualsiasi attività nella quale non si reputa bravo.

La paura di fallire è qualcosa di ancestrale che si riflette in qualsiasi ambito della vita. C’è chi porta avanti un matrimonio infelice pur di non accettare il fallimento dell’unione coniugale, c’è chi persevera in attività anti-economiche per non accettare di doversi arrendere.

Negli esempi appena descritti, il fallimento si è già palesato ma non viene accettato, tuttavia, nella gran parte dei casi il fallimento non si paleserà mai perché la persona non osa rischiare perché reputa l’idea di fallire come inaccettabile.

Quell’inaccettabile insuccesso

Ognuno di noi si muove nel mondo perseverando lo scopo della “buona immagine“.

Lo scopo della “buona immagine” è quella cosa che ci fa essere estremamente educati al tavolo del ristorante e più rilassati quando siamo tra le quattro mura. Insomma, ci teniamo a trasmettere un’immagine positiva, sia con noi stessi che con il prossimo e quando siamo in pubblico cerchiamo di essere composti e dare il meglio.

Quindi lo scopo della “buona immagine” è qualcosa di funzionale: non ci fa sbottare quando siamo in fila al supermercato, ci rende più composti nei luoghi pubblici, più pronti per un colloquio di lavoro e ci fa comportare sempre in modi che per noi sono naturali in base al contesto.

Per chi ha paura di fallire, l’insuccesso, la brutta figura, l’errore… sono rischi inammissibili. Quando la paura di fallire diventa pervasiva, si sfocia nel perfezionismo patologico. 

Qualsiasi potenziale intoppo diventa una minaccia al sé. Il fallimento percepito funziona per generalizzazione, quindi avrò che “se fallisco a un esame allora non valgo” se va male un appuntamento, “sono un buono a nulla”, e ancora, “se il partner mi lascia sono inutile“… gli esempi sono davvero tanti.

La paura del fallimento si auto-alimenta

Il problema è che la paura del fallimento si autoalimenta. Per esempio: la paura di fallire a un esame universitario potrebbe ibernare per anni gli studi, la persona non sostiene gli esami per paura di un giudizio negativo.

Non sostenendo l’esame la persona potrebbe arrivare a una soluzione che peggiora la sua percezione di sé e lo rende più sensibile ad altri fallimenti “non faccio esami perché non sono buono!. L’evitamento dell’evento temuto evita la discoferma (l’esame potrebbe anche superarlo!) e alimenta la paura.

Quale dovrebbe essere l’approccio giusto?

“Posso fallire un esame per molte ragioni, innanzitutto il voto è influenzato non solo dalla mia preparazione ma anche dal caso. Dalla percezione che ha il professore, dalle domande e gli argomenti che sceglie… devo accettare che non posso controllare tutto e che, se sono preparato, di certo lo passerò anche se con un voto basso. In più, se non dovessi passarlo, il fallimento è solo circoscritto all’argomento d’esame e non all’intera vita!”

Questo esempio di ragionamento si può estendere a qualsiasi ambito.

Perché ho paura di fallire?

Come premesso, un errore commesso può farci sentire indegni e, nel terrore di ripetere la stessa esperienza, possiamo iniziare a temere il fallimento. I motivi che ci spingono ad aver paura di fallire sono:

  • Un passato di emarginazione e bullismo
  • Sei stato pesantemente criticato
  • Hai ricevuto un’educazione in cui venivi punito senza capire esattamente la causa ne’ ti veniva data una chiara occasione per rimediare
  • Ti senti inferiore (bassa autostima)
  • Dubiti delle tue capacità, sei molto insicuro (hai una cattiva immagine di te)
  • Sei sensibile alla critiche (leggi l’articolo dedicato a chi è permaloso e sensibile alle critiche)
  • Ambisci alla perfezione (il perfezionismo patologico riflette spesso una bassa autostima)
  • Hai una visione “tutto o niente” e quindi una definizione rigida e assolutistica di successo e fallimento

Queste motivazioni hanno a che fare con distorsioni o bassa autostima. La paura del fallimento deriva dal mondo in cui ti immagini il fallimento. Talvolta, tale timore può essere specifico.

Per esempio, chi ha paura di fallire a un esame potrebbe non curarsi dell’opinione altrui in altri contesti. In tal caso, la paura di fallire sarebbe riconducibile al significato intrinseco dell’oggetto temuto (nel caso dell’esame, il giudizio negativo).

Come superare la paura di fallire

Al fine di superare la paura di fallire dovremmo avere una visione chiara del nostro timore. Di cosa abbiamo davvero paura? Un percorso di psicoterapia potrebbe aiutarti non solo a superare la paura di fallire ma anche nel rinforzare e migliorare l’immagine che hai di te.

Nell’attesa che tu possa fare un percorso di psicoterapia, c’è qualcosa che puoi comprendere per migliorare il rapporto che hai con gli errori. Per superare un fallimento o il timore di questa prospettiva, puoi dare un nuovo significato al fallimento.

fallimenti possono essere utili non sono necessariamente vergognosi o catastrofici, non sono la manifestazione di un’inadeguatezza esistenziale! Ecco alcuni consigli utili.

Non generalizzare

La paura del fallimento funziona per estensione. Non trasformare un “ho fallito un obiettivo” in “sono un fallimento”.

Tutti commettono errori e quindi, secondo la logica generalizzante “tutti sono un fallimento”, ma sai che non è così. L’errore è ciò che ci rende umani e noi abbiamo una straordinaria capacità di imparare dai nostri errori.

Lavora sull’immagine che hai di te

Puoi farlo praticando uno sport, frequentando persone che sono in grado di apprezzarti e lavorando sui tuoi talenti.

Per migliorare la tua autostima puoi anche cimentarti in una nuova esperienza o perseguire un obiettivo (razionale e realistico) da raggiungere a piccoli passi (senza avere fretta).

Nota bene: l’immagine che si ha di sé è strettamente viziata dalla propria percezione interna ed esterna. Potresti anche collezionare una serie di successi ma continuare a percepirti come “inadeguato e non valido”. In queste circostanze l’inizio di un percorso di psicotearapia è ancora più auspicabile. Per approfondire: sindrome dell’impostore

Elimina la visione “tutto o niente”

Chi ha una mente molto rigida inciampa spesso in questo errore. Se hai una visione del genere di certo ti sarà capitato di avere problemi relazionali legati proprio a questo tipo di approccio.

Considera che non è necessario dare delle etichette definite, che ci sono tante vie di mezzo e che ogni esperienza è uno storia a sé che non può essere classificata come esclusivamente negativa o positiva. Si può ottenere tanto anche delle esperienze “negative”.

Non fossilizzarti sul risultato

Talvolta fare qualcosa male è meglio che non farla affatto. Questo concetto sembra sfuggire soprattutto a chi è incline al perfezionismo.

Il concetto di successo o fallimento è spesso ricollegato al risultato finale ma ciò è sbagliato, bisognerebbe apprezzare e trarre il meglio anche dall’intero percorso che ha portato a un risultato.

Per esempio, se una storia d’amore è giunta al capolinea, non è detto che ogni settimana speso con quel partner sia stato terribile. Dovremmo imparare a prenderci “il buono” da ogni esperienza.  Chi si concentra esclusivamente sul risultato perde la visione d’insieme.

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