Caratteristiche di un genitore funzionale

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Non esiste una definizione univoca del concetto di capacità genitoriale: quando ci riferiamo ad essa, possiamo intendere l’insieme di comportamenti, atteggiamenti e risorse personali di un genitore che lo rendono capace di stabilire una relazione caratterizzata da accudimento, protezione e sostegno adeguati allo sviluppo psicofisico del proprio figlio.

Ovviamente, la realtà è che definire una famiglia «funzionale» non significa che questa sia perfetta. Tutte le famiglie incontrano difficoltà nella relazione tra i diversi caratteri dei singoli componenti. Tuttavia, in una famiglia che funziona bene, i componenti riconoscono di avere delle debolezze e s’impegnano per migliorare i rapporti nonostante queste.

Cos’è la genitorialità/ Genitori si diventa

La genitorialità è quel processo dinamico attraverso il quale si impara a diventare genitori capaci di prendersi cura e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai bisogni dei figli; bisogni che sono estremamente diversi a seconda della fase evolutiva.

Perchè la genitorialità è dinamica?

Non solo cambia nel tempo, e nel contesto sociale in cui cresce, ma cambia anche all’interno della stessa relazione, in base alle varie fasi della crescita del figlio. Infatti, non si può essere genitori sempre allo stesso modo, e con ciascun figlio perché sarà necessario assolvere impegni differenti e adottare modalità comunicative e interattive diverse secondo l’età dei figli. Tutto ciò implica, quindi, la capacità dinamica di “rivisitare” continuamente il proprio stile educativo, affrontando in modo funzionale i cambiamenti che la vita può portare.

Le funzioni del genitore

Si dice: “le peggiori cose sono state fatte con le migliori intenzioni”. Questo è vero anche per quanto riguarda l’educazione dei figli. Ogni genitore è portatore delle proprie esperienze passate e di conseguenza vive il suo ruolo genitoriale con una sua specificità. Ovviamente, l’evento reale della nascita di un figlio, attiva in un modo particolare e molto intenso questo spazio mentale e relazionale, rimettendo in circolo tutta una serie di pensieri e fantasie legati in particolare al proprio essere stati figli, alle modalità relazionali
ritenute più idonee, ai modelli comportamentali da avere.

Un modo per capire la complessità e la vastità di ciò che definiamo genitorialità è analizzare le sue funzioni o meglio i suoi modi di esprimersi. Una volta chiarita la funzionalità e il fine del genitore può essere più semplice usare e modificare le competenze a seconda della propria specifica situazione, vediamole insieme:

1) Funzione protettiva, è la funzione tipica del caregiver che consiste nell’offrire cure adeguate ai bisogni del bambino. La funzione protettiva più di tutte determina il legame di attaccamento. E’ evidente come la funzione protettiva determini quell’esperienza fondamentale che Bowlby ha chiamato “base sicura”;

2) Funzione affettiva, cioè la capacità di entrare in risonanza affettiva con l’altro con una sintonizzazione affettiva, che comprende le emozioni da cui il bambino è circondato;

3) Funzione regolativa, ovvero la capacità che il caregiver trasmette al bambino di regolare i propri stati emotivi e organizzare risposte comportamentali adeguate;

4) Funzione normativa, ovvero la capacità del genitore di porre limiti e una struttura di riferimento al bambino e che comprende l’atteggiamento genitoriale verso norme, istituzioni e regole sociali;

5) Funzione predittiva, con cui si intende la capacità del genitore di prevedere il raggiungimento della prossima tappa evolutiva dai comportamenti del bambino;

6) Funzione rappresentativa, che racchiude le interazioni reali con il bambino, modificandole sulla base dell’evoluzione e della crescita del bambino stesso;

7) Funzione significante o funzione alfa della madre che costruisce il contenitore in cui il bambino inizia a pensare, tramite il processo di proiezione e identificazione;

8) Funzione fantasmatica: si tratta di fantasie che il bambino crea per conoscere la realtà e costruire la sua identità e all’inizio corrispondono ai fantasmi familiari dei genitori, consci e preconsci che fanno parte del romanzo familiare;

9) Funzione proiettiva, ovvero la mutualità psichica tra genitori e bambini con i cosiddetti “scenari narcisistici della genitorialità”, le proiezioni dei genitori sui loro figli;

10) Funzione triadica, ovvero la capacità di creare un’alleanza tra genitori e figlio in un cosiddetto gioco di squadra;

11) Funzione differenziale, dato che la genitorialità si esprime con la modalità materna e paterna, che hanno caratteristiche molto diverse tra loro e sono entrambe necessarie per un gioco relazionale sano;

12) Funzione transgenerazionale, quando il figlio viene inserito nella storia della famiglia, in quel continuum generazionale che comprende anche la sua nascita e racchiude le relazioni con le due famiglie di origine.

Per approfondimento può interessarti la lettura dell’articolo “Modelli genitoriali sbagliati: cosa non deve mai fare un genitore

Le competenze genitoriali

Per assolvere in maniera adeguata alle funzioni genitoriali vi sono alcune caratteristiche di personalità e capacità specifiche che sono alla base di quella complessa attitudine alla cura ed educazione dei figli che viene denominata “competenza genitoriale o di accudimento”.

Le competenze genitoriali vanno considerate in base alle esigenze che contraddistinguono i fanciulli nelle diverse fasi evolutive, ma anche in relazione alle loro caratteristiche individuali o alla presenza di condizioni psicofisiche o familiari particolari (es. patologie psichiche, malattie fisiche, separazioni affettive, stress ambientali).

Di seguito vi illustro le caratteristiche individuali più importanti, per essere ritenuti predisposti a prendersi cura di bambini e ragazzi in via di sviluppo

Genitore altruista

Una delle prime qualità alla base delle competenze di ccadimento è l’altruismo, cioè quella disposizione individuale che si manifesta attraverso la tendenza ad aiutare altre persone in modo attivo e disinteressato, una capacità che consente ai genitori di essere empatici, aperti e di concentrarsi con coinvolgimento sui problemi dei figli.

Genitore assertivo

Altra caratteristica importante è l’assertività, che consiste nella capacità di esprimere in modo adeguato pensieri ed emozioni, sia positivi che negativi, facendo e ricevendo critiche o complimenti. Questa capacità di non essere né passivi, né aggressivi è un’abilità genitoriale che permette di insegnare e trasmettere modelli di comunicazione in grado di favorire la possibilità di stabilire legami affettivi sicuri, divenendo equilibrati e indipendenti.

Questa caratteristica consente di svincolarsi dal bisogno di ottenere l’approvazione altrui e sostiene la capacità di prendersi delle responsabilità delle proprie azioni, favorendo la trasmissione di forme di attaccamento sicuro nelle figure accudite.

Genitore sicuri di sè

Un’altra dote importante nelle figure di cura è l’autostima, che consiste nella valutazione che un genitore fa su se stesso sulla base di idee e opinioni personali. Un buon livello di soddisfazione di sé, infatti, rende più socievoli, equilibrati, tolleranti a frustrazioni e conseguentemente capaci di risolvere i problemi posti dalla genitorialità.

Una figura affettiva di riferimento dotata di buona stima di sé tende ad essere stimolante da un punto di vista interpersonale e a non attribuire ai figli, come ad altre persone, le proiezioni delle proprie convinzioni negative su se stessa.

Genitore aperto mentalmente

Particolarmente utile, nei genitori può essere anche l’apertura mentale, ossia l’atteggiamento di curiosità con cui ci si avvicina ad esperienze nuove, tollerando idee e culture diverse, aspetti che sostengono la capacità dei genitori di insegnare ai propri figli a vivere sia esperienze positive che negative e di sopportare anche ciò che è meno familiare.

Genitore empatico

Strettamente connessa a questa caratteristica è l’empatia che permette di riconoscere, davanti ai figli, i sentimenti e le prospettive altrui, in modo da stimolare la capacità di mettersi nei panni degli altri, necessaria per vivere legami affettivi dotati di stabilità.

Genitore socievole

Un posto importante può essere attribuito alla capacità di socializzazione che vede alcuni genitori più propensi a stabilire relazioni e ad amare la compagnia, impegnandosi in attività sociali che rappresentano, direttamente o indirettamente, uno stimolo per la salute psico-sociale dei figli, raffigurando un esempio e un’occasione per coltivare il piacere di stare con altri sviluppando competenze sociali.

Genitore stabile emotivamente

La presenza di una buona stabilità emotiva consente di contenere, nelle figure genitoriali, gli stati di tensione associati alle esperienze emotive forti, come quelle di conflitto o in grado di produrre disagio. Attraverso tale modello di calma e pazienza, le figure di accudimento possono creare un clima evolutivo poco teso e, al contempo, trasmettere esempi di atteggiamenti che sostengono la possibilità di affrontare difficoltà e di superare il dolore.

Genitore flessibile

Anche la flessibilità aiuta i genitori ad adattarsi e a mostrare possibilità di accomodamento a situazioni inaspettate o nuove. Le figure educative che possiedono buoni livelli di tale pregio, infatti, si muovono consapevoli che non esiste un solo modo per fare le cose e manifestano, insegnandola ai giovani osservatori, la capacità di negoziare soluzioni ai problemi, assumendo più punti di vista e cambiando, quando necessario, le proprie opinioni.

Genitore tollerante alla frustrazione

Essa rappresenta una caratteristica importante nell’educazione genitoriale in quanto consente di insegnare a mantenere l’equilibrio nelle difficoltà, superando il dolore di una delusione per rimettersi in gioco, ricostruendo nuove opportunità di vita. In modo simile, appare utile la specifica capacità di superare il dolore e le perdite, che rappresenta la base dell’elaborazione e del superamento delle esperienze di allontanamento, attraverso l’iniziale ascolto e accoglienza delle proprie emozioni e la successiva riorganizzazione della vita personale, familiare e sociale nell’affrontare i lutti e gli eventi affettivamente assimilabili ad essi.

PER CONCULUDERE…Ricordiamolo, i figli sono del mondo, mica nostri: non per niente si dice “messo al mondo” che è un’espressione bellissima e molto vera.

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