Secondo un dato rintracciabile nel sito della SIIA, Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, un italiano su tre soffre di Ipertensione. Il motivo per cui, come psicologa, tratto questo argomento, è che solo nel 5% dei casi l’ipertensione è chiaramente attribuibile a cause organiche (malattie di tiroide, rene e surrene). Nel restante 95% dei casi, invece, si parla di “ipertensione essenziale” facendo riferimento ad un’assenza di chiara eziologia.
COS’È L’IPERTENSIONE
L’ipertensione è un aumento anomalo della pressione con la quale il cuore pompa il sangue all’aorta e a tutto l’organismo. Proprio per l’assenza di una chiara origine di questa patologia, si attribuisce all’ipertensione un’interpretazione “psicosomatica”. Diverse sono le cause nell’ipertensione essenziale: sicuramente un’alimentazione irregolare ma, dal punto di vista psicologico, che qui ci interessa, giocano un ruolo fondamentale lo stress, lo stile di vita e l’ansia.
LA PERSONALITÀ IPERTESA
Dal punto di vista psicosomatico, la persona che sviluppa l’ipertensione è estremamentecontrollante, verso la realtà esterna e verso i propri vissuti interni.
- Si è controllanti verso se stessi quando si bloccano le emozioni, reprimendole e non permettendosi di esprimerle e sperimentale. L’iperteso non è anafettivo, anzi! Si tratta spesso di personalità passionali e sanguigne, che provano emozioni anche molto forti ma che le reprimono immediatamente evitando di incontrarle e conoscerle. Alla base di questo blocco vi è la paura del vuoto e del contatto con se stessi a cui il vuoto, inteso come pause e silenzi, costringerebbe inevitabilmente.
- Dall’altro lato il controllo si agisce sulla realtà esterna quando ci si sovraccarica di responsabilità evitando di delegare.
ALLA BASE: L’IPERCONTROLLO
In entrambi i casi, il rischio cui la persona ipertesa crede di andare incontro mollando la presa è di trovarsi a fare i conti con emozioni o situazioni difficili da controllare e da gestire.
L’iperteso quindi agisce, si muove, fa, tutta la sua vita è un continuo scavalcarsi di impegni, di appuntamenti, di “cose da fare“. Non si lascia alcuno spazio per se stessi e l’ascolto di sé, ritenuto inconsciamente pericoloso.Stress e ansia sono due stati che la persona ipertesa conosce bene e senza i quali non sa vivere.
COSA ACCADE
Questo atteggiamento mentale di continuo controllo sulle emozioni e sulla realtà esterna, richiede molto ossigeno e molta energia al cervello e al corpo, per cui il cuore comincia a pompare il sangue con una pressione via via sempre più alta, così da rispondere alle richieste dell’inconscio. Ma che fatica, per il nostro cuore, essere sempre all’altezza di tutto!
I rischi pericolosissimi a cui si incorre se non si prendono dei cambiamenti possono essere l’infarto, l’ictus e molti altri.
L’ORIGINE
Ci si potrà chiedere come mai una persona arrivi a vivere in questo modo. Secondo l’ottica psicoanalitica, sono presenti dei conflitti interiori molto antichi risalenti all’infanzia, se non prima, che hanno impedito alla persona la possibilità di esprimersi liberamente e di godersi lo spazio anche del vuoto e della libera manifestazione di sé.
Si potrebbe pensare a genitori estremamente richiedenti che hanno indirettamente portato il figlio a crescere prima del dovuto, ad assumersi responsabilità non idonee alla propria età e a negare emozioni (come la rabbia) che, se percepite, avrebbero creato un grande conflitto interno. Non puntiamo mai il dito contro queste situazioni che, fortunatamente, non derivano dalla “cattiveria” dei genitori ma da situazioni non calcolabili, ad esempio la malattia o la morte di un genitore quando si è piccoli.
COME PREVENIRE
…e in alcuni casi risolvere questa malattia? Rimanendo nell’ottica psicologica, sicuramente per fare in modo che il corpo non si assuma più la responsabilità di manifestare una pressione che ha a che fare non con l’organismo ma con la mente, occorre che la persona ipertesa dia un segnale di cambiamento forte alla sua vita. Però un conto è dire cosa cambiare un altro è capire come farlo! Non è sicuramente semplice, per chi vive una routine e un atteggiamento verso la vita del quale si è abituato, cambiare da un momento all’altro ma,,
paradossalmente quando si tocca il fondo e si comincia ad avere paura delle conseguenze per la propria salute si è disposti a fare qualsiasi cosa.
Alcune strategie e strumenti pratici da adottare per cambiare modo di vivere sono:
Dal punto di vista del controllo delle emozioni:è importante cominciare a sentirsi liberi di manifestarle. Tristezza, rabbia, paura così come gioia, eccitazione, commozione! Questo prevede che prima di tutto si prenda consapevolezza di ciò che si prova nel momento in cui lo si prova e di comunicarlo, a se stessi e agli altri. Le maschere da duri possono andar bene solo a Carnevale.
Per quanto riguarda il controllo verso la realtà esternA:cominciare a dire di no! Cominciare a liberarsi da impegni e da responsabilità che si possono delegare.
IMPARARE A DIRE: STOP!
Le tecniche di rilassamento, come il Training Autogeno o la Meditazione, sono potenti ed efficaci metodi per cominciare a godere del momento presente in uno stato di calma, tranquillità e profondo ascolto sia corpo sia delle proprie emozioni (la sfida dell’iperteso!);
Cambiare piccole rigide routine e automatismi
Come? Variando strada per andare a lavoro, non andare a cena nel solito posto, non fare colazione nel solito modo… cominciare a variare porta ossigeno sano al cervello! Inoltre è sano per il cuore inserire momenti di variazione e sana follia che permettano al cuore di ritornare a pompare non per ansia e stress ma per piacere, gioia, stimoli eccitanti e divertenti! Anche il rapporto sessuale protegge dall’ipertensione se vissuto però non come prestazione-sul-fare ma come emozione-da-vivere!
DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto
FACEBOOK: Dr.ssa Ilaria Cadorin Training Autogeno
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molto interessante, da un punto di vista psico-corporeo, uno dei parametri che sono stati presi in considerazione, già dagli anni 60 70 del secolo scorso, per valutare la bontà e l’efficacia di un intervento psicoterapeutico, è stato proprio quello della pressione. Artur Janov nella terapia primaria, ad esempio lo considerava un fattore fondamentale che si presentava dopo i primi mesi dall’inizio degli interventi, nella forma di una normalizzazione.