L’accettazione, un tema ricorrente in psicoterapia

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
Illustrazione di Kate Louise Powell

Lo strano paradosso è che quando accetto me stesso per come sono, allora posso cambiare. – Carl Rogers
Accettare qualcosa non significa rassegnarsi o sottomettersi e ancora di più non significa rinunciare alla possibilità di un cambiamento. Accettare qualcosa significa permettere alla realtà di essere quello che è e sviluppare le strategie efficaci per fronteggiarla.

L’accettazione, un tema ricorrente in psicoterapia

Quello dell’accettazione è spesso uno dei temi centrali nel percorso terapeutico. Tutte le correnti di pensiero hanno tecniche e strategie che puntano all’accettazione, dalla psicoanalisi alla psicologia individuale, fino alla più recente Terapia Dialettico Comportamentale (un approccio cognitivo comportamentale).

La Terapia Dialettico Comportamentale (TDC) è stata ideata da M. Linehan per curare il disturbo borderline e le condotte suicidarie ma le teorie di base si applicano bene alla vita di tutti noi. In particolare, in ambito della TDC è stato coniato il termine accettazione radicale.

Il termine implica l’accettare se stessi, parti di sé, vissuti interiori, situazioni, persone, azioni altrui e gli eventi della vita senza sé e senza ma, un’accettazione incondizionata che ha come fine la riduzione della sofferenza e ha come “effetto collaterale” il vero cambiamento.

Come funziona?

Facciamo il classico esempio. Immagina di voler prendere in affitto un appartamento in un complesso residenziale che attualmente è completamente pieno. Vieni a sapere che alcuni inquilini stanno lasciando casa e parli con il responsabile degli affitti. Quest’ultimo ti rassicura, ti dice che ti chiamerà appena l’appartamento risulterà disponibile.

Intanto non ti occupi di guardarti intorno perché rassicurato dal responsabile sei in attesa di subentrare nel complesso residenziale di tuo interesse. Trascorrono settimane e tu non ricevi alcuna notizia. Dopo un mese ti rechi dal responsabile e proprio in quel momento sta consegnando le chiavi dell’appartamento a una nuova coppia di affittuari! Gli chiedi spiegazioni ma il responsabile scrolla le spalle… Tu ti arrabbi, sei ferito e deluso. Cose del genere non dovrebbero accadere, eppure succedono.

Tutti noi subiamo delle piccole ingiustizie quotidiane: chiediamo al salumiere di metterci da parte del pane e dimentica di farlo…. ci superano al semaforo neanche se fossero in una gara di formula uno, c’è chi viene licenziato per un errore che non ha commesso o chi si prende i meriti per una nostra idea. In alcune circostanze possiamo e dobbiamo agire, per far valere i nostri diritti… In altre circostanze non abbiamo il potere di cambiare le cose e possiamo solo “accettare le cose“.

Molti di noi, per non accettare la realtà si aggrappano a frasi come “non posso sopportarlo” “non può essere vero” oppure “le cose non dovrebbero andare così“, scivolando in un limbo di rancore, rabbia e sofferenza.

Accettare non vuol dire approvare un’ingiustizia, accettazione radicale significa perseguire il proprio benessere nonostante le esperienze avverse.

Perché la mancata accettazione impedisce il cambiamento?

E’ faticoso combattere la realtà e non è neanche è funzionale: la realtà non sempre può cambiare e nella gran parte dei casi ci ritroviamo a disperdere le nostre energie, accumulare stress, delusioni e dolore.

Certo, accettare la realtà è difficile quando la vita è dolorosa. Nessuno desidera soffrire, nessuno vuole sperimentare fallimento, perdita, tristezza, delusione, paura… Ma queste esperienze fanno parte della vita. La non accettazione porta all’evitamento delle emozioni che a sua volta conduce a stati depressivi, ansiosi e sintomi psicosomatici. Inoltre, respingendo sentimenti di tristezza e dolore, a lungo andare compromettiamo anche la nostra capacità di provare gioia.

L’accettazione è indispensabile per promuovere il cambiamento, senza questo doloroso passaggio, ogni miglioramento sarà impossibile.

Questo è vero da ogni punto di vista: un figlio che rifiuta la consapevolezza di non essere mai stato amato dai suoi genitori, non potrà mai curare le sue reali ferite. Una persona che continua a incolpare gli altri per ogni suoi fallimento senza mai accettare i propri limiti, continuerà a fallire…. Il rifiuto della realtà fa ristagnare e impedisce il miglioramento.

Chi vive in una condizione di non accettazione colleziona conferme fittizie delle sue credenze allontanandosi dall’autenticità. Anche la Scuola inglese della Teoria Oggettuale (corrente psicoanalitica) parlava di un Io rivolto verso l’interno che distorce la realtà a partire dai legami affettivi. In pratica, il rifiuto della realtà ci porta a viziarla e ci sottrae della lucidità per capire ciò che è autentico e ciò che invece sta riflettendo dei nostri vissuti interiori.

L’accettazione radicale per cambiare se stessi

Per poter cambiare te stesso, abbraccia i tuoi difetti e innamorati delle tue imperfezioni, come puoi farlo? Imparando a conoscerti profondamente, scoprirai che sei degno della tua più grande fiducia e stima.

Con l’accettazione radicale diciamo “sì” alla vita, “sì” a noi stessi” e impariamo a ritagliarci il nostro spazio nel mondo. Beh, questi concetti teorici sono bellissimi e non fanno una piega, ma come possiamo passare alla pratica? Come possiamo realmente imparare ad abbracciare i nostri difetti e ripartire da questi per migliorarci? Come possiamo davvero imparare a digerire le tante ingiustizie della vita?

Domande molto lecite. Il modo migliore per farlo è intraprendere un percorso terapeutico, alla scoperta di sé. Più parlo con le persone e più mi rendo conto che ognuno non conosce minimamente sé stesso, non è consapevole dei propri vissuti e soprattutto delle proprie potenzialità! La scelta di intraprendere una psicoterapia è difficile e richiede tempo (non è facile decidere di mettersi davvero in gioco!). Mentre maturi questa decisione, ecco alcune riflessioni che possono aiutarti ad applicare l’accettazione radicale nella tua vita quotidiana.

#1. Validazione

Un’altra parola irrinunciabile, da affiancare al termine “accettazione“, è “validazione“. Siamo da sempre portati a invalidare le nostre emozioni e i nostri vissuti. Basterà pensare al bambino che cadendo si sbuccia un ginocchio e la mamma afferma, per tranquillizzarlo, “non è nulla!“.

Non bisogna esagerare nelle reazioni ma neanche minimizzare un’esperienza. Il bambino è spaventato, il ginocchio sanguina: è qualcosa!  Certo non sarà qualcosa di grave ma è qualcosa. Basterà spiegare al bambino che è normale essere spaventati ma che ben presto il dolore sparirà e nel frattempo il ginocchio avrà bisogno di cure.

Può sembrare banale ma ogni giorno, metaforicamente, le nostre ginocchia sanguinano e noi ripetiamo a noi stessi “non è nulla“. Lo facciamo reprimendo emozioni o sentimenti, lo facciamo finendo per cadere nell’incuria. Quel “non è nulla” diventa il mantra della nostra vita.

Un “non è nulla” dopo l’altro, finiamo per invalidare i nostri vissuti interiori e smettere di prenderci cura di noi stessi. Questo spiega perché tante persone restano intrappolate in relazioni d’abuso: invalidano i propri vissuti su base quotidiana (si parla tanto di narcisismo anche per questo!).

Bisogna imparare a riconoscere i propri vissuti interiori e validarli. Per capire come, prova a leggere l’articolo “esercizio di psicoterapia cognitiva comportamentale.

Imparando a validare se stessi si ha la prova lampante che “accettazione” non significa affatto “tollerare i comportamenti manipolatori altrui“, anzi, è l’esatto opposto. Invece di rimanere in una relazione e tentare disperatamente di cambiare l’altro, si prende atto che la realtà (la personalità dell’altro) non può essere cambiata e si prendono altre misure.

#2. Accettare significa abbandonare le pressioni del giudizio

L’accettazione ha molteplici implicazioni, una di queste è legata alla pressione del giudizio. Possiamo regolare il nostro comportamento ma non possiamo “controllare” ciò che gli altri pensano di noi. Ognuno, come spiegato in precedenza, vede la realtà in modo del tutto soggettivo.

Investiamo tantissima energia nel tentare di “fare bella impressione” e troppa poca energia nel tentare di “andare bene a noi stessi”. Accettare se stessi significa liberarsi della paura del giudizio.

Spesso, chi ha paura del giudizio degli altri è fortemente concentrato su se stesso. Prova a osservare gli altri, li giudichi severamente così come credi che gli altri giudichino te?

#3. Aumenta il tuo livello di tolleranza della realtà

Quanto sei tollerante alla realtà? Per capirlo basta ripercorrere i tuoi pensieri e guardare dentro te stesso. Rispondi a queste semplici domande:

  • Ti irriti facilmente?
  • Cerchi di controllare il comportamento altrui?
  • Odi gli imprevisti?
  • Hai un accumulo di risentimento?
  • Tendi a condannare in modo drastico alcune condotte?

Se hai risposto sì ai precedenti quesiti, hai davvero una scarsa tolleranza della realtà. Purtroppo non puoi vivere sotto una campana di vetro, rifiutare la realtà potrebbe addirittura spingerti all’isolamento ma pensa al prezzo che dovresti pagare. Vuoi davvero rinunciare a quanto di bello ha da offrirti la vita?

Prova a praticare “accettazione” nelle piccole difficoltà quotidiane, poi guardati dentro: qual è il torto subito che proprio non riesci a digerire? In quale vissuto si radica la tua bassa tolleranza?

#4. Lavora sul tuo modello di attaccamento

Gli studi di Bowlby e Aisworth sugli stili di attaccamento hanno aperto le porte a molti scenari. Sai che chi ha uno stile di attaccamento sicuro è più tollerante allo stress? Ci sono delle implicazioni neurofisiologiche.

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (che regola il rilascio del cortisolo, ormone dello stress) sembrerebbe molto più sensibile in chi non ha una storia di attaccamento stabile (vedi approfondimento sui modelli operativi interni).

Alla luce di ciò, se hai una bassa tolleranza della realtà, analizza le tue storie di attaccamento precoci; prova a metterti davvero in gioco, a 360°.

#5. Rilassa il tuo corpo

Molte persone sono reticenti a intraprendere una psicoterapia perché hanno tanti preconcetti sulla psiche. Per queste persone potrebbe essere più semplice lavorare sul proprio corpo.

La mancata accettazione causa rigidità muscolari, posture scorrette e dolori articolari. Prova a rilassare i muscoli del tuo corpo, a partire dai muscoli del viso. Come percepisci la tua fronte? E le tue guance? Parti dalla fronte e scendi progressivamente fino ai piedi cercando di rilassare ogni muscolo del corpo. L‘analisi bioenergetica è una psicoterapia corporea (ideata da Alexander Lowen, medico e psicoterapeuta statunitense) che offre un approccio alternativo.

#6. Agisci come se…

Ok, non puoi imparare da un giorno all’altro ad accettare la realtà, ma puoi comportarti come se lo facessi. Il cambiamento che parte dall’interno è sicuramente meno faticoso, ma se non hai gli strumenti per esercitarlo, puoi iniziare a modificare i tuoi atteggiamenti e, a lungo andare, godere degli effetti.

Prendi in considerazione le decisioni che hai preso e le motivazioni sottostanti. Hai basato le tue decisioni sull’analisi della realtà o sul suo rifiuto?

Per esempio, anni fa hai fatto il test di ingresso presso la tua facoltà preferita… non lo hai superato e hai rinunciato agli studi. Magari se avessi accettato la realtà, guardandoti intorno, avresti potuto scegliere un percorso alternativo ugualmente gratificante anche se non in linea con le tue ambizioni primarie. Oggi puoi rimetterti in gioco, senza rifiutare ciò che è stato e puntando sulle tue reali risorse.

Il punto è che purtroppo non sempre la vita va come ci aspettiamo e accettando gli eventi ci lasciamo aperte tante strade alternative che al punto di partenza neanche riuscivamo a scorgere! Alcune di queste strade potrebbero rivelare piacevoli sorprese.

#7. Non cedere ai comportamenti distruttivi

La mancata accettazione della realtà può indurci a comportamenti distruttivi. Fermati, rifletti e non cedere all’impulso!

Sottomettersi al desiderio di mangiare cibo-spazzatura, per chi soffre di binge eating disorder, potrebbe essere un comportamenti disfunzionale per anestetizzarsi e fuggire dalla realtà. Quando parlo di realtà faccio riferimento a una realtà interiore oltre che a eventi esterni.

Rifugiarsi nel gioco d’azzardo, nel sesso compulsivo, nelle droghe, nell’alcol e nelle gratificazioni usa e getta (shopping!) sono palliativi che possono solo peggiorare la situazione e renderla ancora più difficile da accettare.

Spesso anche i nostri acquisti non sono mossi da bisogni. Non compriamo prodotti ma rassicurazioni, distrazioni, palliativi. L’acquisto di un vestito è la risposta alla paura di non essere accettati (quando siamo noi a non accettare noi stessi!), così come l’acquisto di uno smartphone che ormai leggiamo come uno status symbol di affermazione e accettazione sociale.

L’accettazione come scelta consapevole

L’accettazione non è una scelta assoluta da operare una tantum ma è qualcosa che accade più e più volte nel corso della vita. Esperienze e vissuti emotivi provvisori possono aumentare la nostra tolleranza alla realtà o fomentare la nostra resistenza.

Puoi iniziare a praticare l’accettazione come scelta consapevole usando alcune di queste frasi, in sostituzione del “non è nulla” o del “non può accadere proprio a me!”.

  • Non posso cambiare ciò che è successo
  • Ho fiducia nelle mie capacità
  • E’ doloroso ma questa sensazione passerà
  • Combattere con il passato è inutile, posso solo accettarlo
  • Non posso cambiare gli altri ma posso lavorare su me stesso
  • Invece di incolpare me stesso per ciò che è stato, posso agire nel momento presente per risolvere i problemi
  • Queste difficoltà che mi attanagliano non dureranno per sempre
  • Posso farcela

Giustizia e accettazione

Per concludere, vorrei condividere con voi una nota della dott.ssa Ana Maria Sepe, per riflettere sul tema dell’accettazione e dell’ingiustizia.

“A volte la vita appare davvero ingiusta.
Basta guardarci intorno; troviamo tanta gente privilegiata che non deve sforzarsi più di tanto per emergere, gente che ha delle opportunità che gli altri possono solo sognare. Gente con una bella vita, una bella famiglia… Poi vi sono le persone costrette a vivere alla giornata… senza soldi. Persone che si ritrovano invischiate in relazioni tossiche! Nessun ha fatto una scommessa con la vita per meritare di essere un privilegiato o meno. Allora potremmo chiederci: dove è la giustizia?

Detto ciò, non ha senso soffermarsi su come la vita gioca con le nostre esistenze in modo ingiusto. Meglio ammettere che la vita non sempre va come vorremmo, senza però farci sopraffare da sentimenti di frustrazione o impotenza

Certo, ci sono situazioni su cui non abbiamo alcun potere, che non possiamo cambiare, se non in piccola parte. Ed è bene che acquisiamo la consapevolezza che queste irrompono nella nostra quotidianità come un terremoto. Però capita anche che certe esperienze portano disordine allo scopo di creare un ordine nuovo… sta a noi coglierne il significato, sta a noi reagire. Perché certe esperienze dolorose possono diventare il motore della vita e dell’evoluzione umana.

Quando ci capita qualcosa che riteniamo ingiusto, bisogna semplicemente ammetterlo, così da elaborare, regolarci, e comportarci di conseguenza.

Certamente non ci piace, ci fa star male, ci rende frustrati. Ma non neghiamo l’accaduto. Non cadiamo nel vittimismo, cerchiamo di essere reattivi anche se non è facile. Solo così è possibile andare avanti e trovare, per quanto possibile, il modo per dare il giusto senso alla nostra esistenza.

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