Che genitore vuoi essere?

| |

Author Details
Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
Non hai avuto modo di scegliere i genitori che ti sei trovato, ma hai modo di poter scegliere quale genitore potrai essere. (Marian Wright Edelman)

Ammettiamolo, essere genitori è difficile. Si cammina in un campo minato e non esiste manuale d’istruzione. Neanche questo mio articolo vuole essere un manuale d’istruzione, ma spero che possa aiutarvi a prendere più consapevolezza.

Nei miei articoli parlo spesso dell’influenza genitoriale sullo sviluppo della personalità di un individuo e… sì, spesso i disturbi psichici, le paure e le insicurezze, sono legate proprio a una cattiva educazione emotiva impartita nei primi anni d’età del bambino e consolidata da comportamenti perpetuati negli anni successivi. Per comprendere di cosa sto parlando, vi invito a leggere i miei articoli:

Fino a qualche tempo fa, la parola “educazione” significava semplicemente insegnare al proprio bambino a dire “grazie, prego, buongiorno, per favore…”. Oggi, questo termine –per fortuna– si è evoluto e di conseguenza, anche le prestazioni dei genitori dovrebbero mutare grazie a una presa di consapevolezza. 

I genitori nuotano in acqua difficili perché si ritrovano a educare un figlio con un carico emotivo proprio non sempre facile da gestire. Come ripeto spesso:

Un bambino con una madre, seppur amorevole ma non in sintonia con i suoi bisogni, crescerà con una serie di disagi psicologici. Crescerà pieno di paure, insicurezze e fragilità emotive perché la madre non è stata capace di trasmettere le dovute certezze emotive/affettive. 

Il genitore è guidato dalle sue emozioni e filtra ogni frase e ogni azione attraverso di esse. Il risultato di questo filtro, purtroppo, non è sempre ottimale per la crescita emotiva del bambino che, a sua volta, ne pagherà le spese anche da adulto.

Ecco alcune verità che vi aiuteranno a diventare genitori migliori

L’idea che un bambino di sei mesi potesse sentire paura o rabbia, non meno che tristezza e dolore, fino a qualche tempo fa era considerata assurda. Oggi lo sappiamo: a partire dai primi mesi di vita, ben prima che possano usare le parole per esprimersi, i bambini hanno la capacità di sperimentare picchi di gioia, eccitazione ed euforia. Possono anche provare paura, dolore, tristezza, disperazione e rabbia.

Un primo passo per aiutare il bambino a comprendere e gestire i propri sentimenti e le proprie emozioni, è imparare, noi adulti per primi, a non aver paura delle emozioni e a riconoscerle. 

Tutti i bambini sperimentano emozioni molto intense ma non hanno le competenze per gestirle. Quando voi mamme vi sentite frustrate o esasperate, potete uscire a fare una corsa, ripiegare sullo shopping, sfogarvi in cucina…. Un bambino non sa rispondere in modo giusto a ciò che sente. Il bambino, è dai feedback che riceve dall’ambiente esterno (quindi da voi) impara come approcciarsi al suo mondo interno.

Nessun genitore vuole innescare vergogna nel bambino per come si sente…. ma spesso è questo il risultato che raggiunge. In pratica, giorno dopo giorno, comunichiamo al bambino che è sbagliato ciò che sente, che lui quindi è sbagliato. Ecco che l’insicurezza aumenta.

Le frasi tipiche dei genitori

Ecco una serie di luoghi comuni che possono minare l’autostima del bambino e innescare insicurezze, vergogna e paure.

  • Basta piangere!
  • Non essere eccessivo!
  • Con il tuo pianto mi fai venire il mal di testa.
  • Fammi sapere quando hai finito di fare i capricci.
  • Ne ho abbastanza del tuo pianto! Ho chiuso con te.

Tutte queste frasi, dovrebbero essere sostituite da un calmo e tranquillo: “Perché stai piangendo? Mi fai capire bene?” “Va bene, piangi pure, però dopo ne parliamo perché così risolviamo tutto”.

Il bambino imparerà che la tristezza è un’emozione che può essere accettata, superata e soprattutto che ci si può confrontare con il prossimo senza doversi tenere tutto dentro.

Se il bambino sbaglia qualcosa:

  • Impara a pensare prima di agire!
  • Ma sei scemo?!
  • Hai sporcato tu! Ora pulisci!

Anche in questo caso potrebbero esserci modi più funzionali. “Come mai si è rotto? Mi spieghi cosa è successo?”. “Si è sporcato tutto… dai, puliamo insieme così mettiamo tutto a posto”. “Pensi che si possa aggiustare? Vogliamo provarci insieme?”. 

Invogliando il bambino a porre rimedio, insieme alla mamma, ai danni arrecati agli oggetti, il bambino capirà che se qualcosa va storto non è la fine del mondo e che con un po’ di senso pratico è possibile aggiustare ogni situazione.

Se il bambino fa i capricci ed è insopportabile.

“Vai in camera tua ed esci solo quando ti sarai calmato!”. “Se continui così non ti faccio… non ti porto… non avrai…”

Anche quando un bambino è arrabbiato, è possibile tentare un approccio tipo: “Sembri arrabbiato, forse perché non hai.. o non ho…”. Oppure. “Facciamo una pausa in modo che possiamo entrambi calmarci, ti vedo arrabbiato… forse perché…”. “Guardami! Fai un respiro profondo e contiamo insieme fino a 5…” “Dai, tutti si innervosiscono, anche la mamma a volte prova rabbia e va bene… poi troviamo un modo per affrontare tutto”. 

Anche frasi come: Non mi parlare con quel tono! Non c’è nulla di cui arrabbiarsi! Non è successo niente! E’ inutile arrabbiarsi! Strillare non ti servirà a nulla!

Si vede che questa che scrive… non conosce mio figlio!

I bambini, presi nel modo giusto, possono essere più ragionevoli di quanto vi aspettate. Certo… se fino a oggi avete educato vostro figlio col proibizionismo e autorevolezza, senza riflessioni… non potete pretendere che di punto in bianco vi ascolti quindi l’approccio che ho descritto potrebbe sembrarvi assurdo.

Se vostro figlio è già “grandicello”, ci vorrà moltissimo tempo prima di “abituarlo” a questo nuovo approccio ma ne varrà la pena. L’importante è dare sempre un feedback giusto e non andare in escandescenza alle sue provocazioni. Già, i figli sanno essere dei provocatori d’eccellenza!

Se vostro figlio si rivolge a voi con autorevolezza, è perché prima l’ha visto fare a voi genitori. Ecco, non ho mai detto che è semplice… ma dovete imparare a modulare il linguaggio e l’approccio anche tra voi adulti. I bambini sentono e assorbono tutto: atteggiamenti, ansie, angosce, preoccupazioni, gioia… Quindi sì, dipende tutto da voi.

Il vostro bambino merita il meglio e anche voi lo meritate: provate a sperimentare una vita più serena. Curate le vostre ferite interiori così da approcciarvi in modo più calmo e compassionevole sia a voi stessi che al vostro pargolo.

Se vostro figlio è autorevole e vi ordina “Dammelo scema!”. Questa affermazione è la sintesi di una pregressa sbagliata educazione. Non condannate lui ma prendetevi la responsabilità di cambiare le cose.

“Dai, non parlare così a tua madre, nessuno dei due è scemo… Se vuoi questo oggetto, prova a ripetermi la richiesta con più calma”. Il bambino probabilmente inizierà un braccio di ferro e potrebbe addirittura opporsi. Abbracciate la pazienza e spiegategli che non state facendo “un braccio di ferro”.

Cercate compromessi e ricordate che la via della ragionevolezza è sempre la migliore. Potreste trovare utili i 5 consigli contenuti nell’articolo: Perché educare tuo figlio all’autoconsapevolezza e alla riflessione.

Se proprio vi sentite disarmate, consultate uno psicologo o psicoterapeuta sistemico relazionale, potrà lavorare con tutta la famiglia e vi potrà aiutare a ritrovare gli equilibri giusti. Una famiglia disfunzionale non rende felice nessuno.


Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook:
sulla Pagina Ufficiale di Psicoadvisor, sul mio account personale o nel nostro gruppo Dentro la PsichePuoi anche iscriverti alla nostra newsletterPuoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*.

© Copyright, www.psicoadvisor.com – Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione, anche parziale, senza autorizzazione scritta è vietata. Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.