Ci sono persone che non riescono a perdonarsi nulla, si condannano per ogni minima sbavatura pretendendo da se stesse risultati eccelsi, impeccabili. Secondo la teoria psicoanalitica, è in questo contesto che si manifesta il super io, ma facciamo un passo indietro.
Es, io e super io
Io, es e super io sono le tre istanze (teorizzate da Freud) che muovono i fili della nostra personalità. Secondo il padre della psicoanalisi, l’ES sarebbe la parte più inconscia, più ancestrale e quella connessa puramente alla sfera pulsionale. Secondo le teorie freudiane, noi, alla nascita, siamo governati solo dall’Es perché non abbiamo ancora avuto modo di sviluppare l’Io e il Super Io.
L’io può essere descritto come un “equilibratore”, è un’istanza in buona parte conscia e ha il difficile compito di gestire i conflitti interni e le pressioni provenienti dall’ambiente esterno. Un approfondimento su come funzionano queste tre istanze intrapsichiche è disponibile nel mio articolo Es, io e super io. In questo testo ci soffermeremo sul ruolo svolto dal Super Io.
Il ruolo del super io
Del nostro apparato psichico, il super io è l’unica istanza che si origina completamente per l’introiezione di qualcosa di esterno. Secondo Freud, il super-io si origina dall’interiorizzazione dei codici di condotta, dei divieti, degli schemi di valore (bene/male, buono/cattivo, giusto/sbagliato…) che il bambino assume dal rapporto con i genitori.
Il Super-io è costituito da un insieme eterogeneo di modelli comportamentali, oltre che di divieti e comandi, e rappresenta un ipotetico ideale verso cui il soggetto tende con il suo comportamento.
Lo sviluppo del super-io avviene in modo del tutto inconsapevole da parte del bambino; ma cosa significa che il bambino “introietta” divieti e regole comportamentali dettate dal genitore?
Come si forma il super-io
Il bambino assimila come parte di sé qualcosa che è scandito dall’esterno, dalle “leggi” dettate dai genitori e anche dai comportamenti impliciti degli stessi genitori.
Il mondo del bambino è composto dalle figure di accudimento (mamma e papà) e queste hanno un ruolo centrale nel forgiare la personalità (nel bene e nel male). Quando si parla di super io, il bambino andrà ad assimilare la severità, le proibizioni ma anche i valori morali esperiti (in modo diretto o indiretto) dai genitori.
Facciamo un esempio pratico. Diciamo che Andrea è un bambino che ha appena compiuto tre anni e che mamma e papà lo hanno sorpreso a grattarsi i genitali in pubblico. A una scena del genere, ogni genitore può avere la sua reazione… c’è il genitore che ci scherza su, quello che che inorridisce, quello che “non si fa e basta!“, chi agisce con uno “schiaffo punitivo”… Questa reazione avrà un impatto sullo sviluppo del super-io. Anche perché i genitori generalmente hanno dei codici di condotta che mantengono costanti durante l’educazione del figlio. Ecco, il bambino farà propri quei codici di condotta ma non in forma di concetti consapevolmente acquisiti o “consigli da seguire” ma sotto forma di un’entità inconsapevole che entrerà a far parte della propria struttura di personalità. Questa entità giocherà un ruolo importante nello scandire comportamenti, ambizioni, ruoli e auto-criticità.
Stando a Freud, il super io è composto da una coscienza e dall’ideale dell’io. Mentre la coscienza è legata alla morale e al concetto di giusto e sbagliato, l’ideale dell’io è legato ai nostri standard. Ecco, a questo punto diventa facile intuire come un super io rigido e fortemente sviluppato possa innescare una serie di disagi psicologici e configurare vere e proprie psicopatologie.
Essere troppo severi con se stessi
Da quanto detto fin qui, si possono già fare alcune considerazioni: chi è troppo severo con se stesso tende a negare la propria sfera emotiva, teme i suoi sentimenti, le sue sensazioni, i suoi impulsi… Quasi vive la sfera emotiva come un intralcio alla produttività e all’efficienza, questo è l’effetto di un super io severo e iper-vigile.
Quando il super-io è predominante, l’Io, risulta debole e, appunto, dipendente dal Super-io. Ne consegue che l’Io diventa succube di un sistema normativo rigido, fatto di pretese e standard elevati.
In un apparato psichico sbilanciato e dominato dal super io, l’Io non riesce a soddisfare se stesso. Il motivo? L’io non riesce nemmeno a riconoscere i bisogni leciti ne’ tantomeno a soddisfarli per il semplice fatto che non è l’Io a giudicare la liceità dei suoi bisogni. Al contrario, è il suo Super-io che esercita la funzione del giudizio che si manifesta in tutta la sua intransigenza, condannando e somministrando sanzioni continue.
Quando l’Io è ben sviluppato, riesce a tenere a bada e mitigare le pressione derivanti dal super io e le pulsioni dell’Es, non solo, riesce anche a gestire i conflitti che arrivano dal mondo esterno. L’Io dovrebbe essere “il capitano della nave” in grado di mantenere la rotta, cioè capace di muoversi nel mondo nella direzione atta al soddisfacimento dei propri bisogni seguendo un principio di realtà (cioè, di accettazione delle ingiustizie, degli eventuali ostacoli incontrati sul percorso verso un obiettivo…).
Il paradosso
In alcuni casi, chi ha sviluppato un super-io particolarmente rigido, potrà vivere situazioni paradossali oscillando da un estremo all’altro e vivendo momenti di forte trasgressione. L’Io debole ubbidisce al suo Super-io, però per attenuare le tensioni legate agli eccessivi standard e ai divieti, per recuperare un minimo di autonomia e anche in risposta delle pulsioni dell’ES, tenderà a ribellarsi periodicamente al Super-io. Questi momenti di ribellione danno vita a comportamenti paradossali che, in secondo momento, saranno ammoniti dalla stessa persona che li ha commessi! Momenti di “trasgressione” che l’Io stesso, successivamente (tornato sotto il pieno controllo del Super-Io) considererà forti mancanze e sinonimo di debolezze.
Nella dinamica conflittuale tra Super Io e Io, certe volte, si esprime una sorta di dubbio che incarna il conflitto tra l’esigenza di obbedire all’Autorità, rappresentata dal Super-io, e il bisogno di trasgredire al divieto. Tale dinamica conflittuale rappresenta un grosso pericolo per l’Io, pertanto viene spesso negata e trasformata (mediante molteplici meccanismi di difesa, primo tra tutti lo spostamento) in dubbi filosofici, problematiche ideative o altre questioni che generano vere e proprie elucubrazioni mentali (ruminazioni).
La noncuranza materna e la rigidità del super-io
Il concetto di Superio si è evoluto fortemente nel panorama psicoanalitico dove, autore dopo autore, si è arrivati a definire uno scenario sempre più ampio e sfaccettato.
Molto interessante la teoria dello psicoanalista Wilfred Bion che, partendo dalle impronte lasciate da Sigmund Freud e Melanie Klein, parla del superio come un oggetto-sé cattivo introiettato (1959) a causa di una carenza di contenimento materno delle identificazioni proiettive del bambino.
Cosa significa? Anche in questo contesto il super-io è una componente introiettata dall’esterno ma non solo a partire dalle norme e dai valori dettati dalla condotta genitoriale, Wilfred Bion entra nello specifico nel legame diadico madre-bambino.
Quando la madre non è in grado di contenere le angosce e le emozioni intense del piccolo, queste emozioni sono reintrodotte nel piccolo senza alcun processo di “elaborazione” e così vanno a costituire un oggetto interno severo con funzioni di Super Io. In questo stato mentale qualunque emozione è odiata in quanto percepita come troppo potente per poter essere contenuta dalla mente. Il predominio di questa parte non consente un ottimale sviluppo del concetto di legame emotivo favorendo lo stabilirsi di legami disfunzionali con il prossimo. Inoltre l’autore afferma che il deficit di contenimento materno favorisca la strutturazione del Superio ed inibisca quella dell’Io.
Il bisogno di controllare tutto
Secondo altri autori contemporanei, l’essere troppo severi con se stessi potrebbe essere legato alla mancata interiorizzazione di una figura accudente benevola e compassionevole. Se la figura di attaccamento non ci ha consentiti di sviluppare auto-compassione, tenderemo sistematicamente negare e condannare tutti i vissuti negativi, divenendo intransigenti o addirittura cinici verso di sé e spesso anche verso il prossimo. In questo contesto, potrebbe subentrare il bisogno di controllare tutto, anche l’incontrollabile (ciò che pensano e fanno gli altri).
Il bisogno di controllare tutto deriva dalla mancanza di fiducia nelle proprie risorse, che, a sua volta, è generata dagli elevati standard dettati da un super-io rigido.
Egodistonia dettata dal super-io
Il super-io genera una ego-distonia. La persona percepisce una sofferenza rispetto a qualsiasi sintomo psicologico che allontana da un obiettivo o da un ideale di sé (devo essere buono, devo essere sempre bravo a discapito di tutto, anche della mia stessa sofferenza).
Come innescare un cambiamento? L’inversione di rotta può partire proprio da questo: la persona potrebbe, anzi, dovrebbe, iniziare ad accettare qualsiasi emozione, qualsiasi sintomo di natura psicologica così da non riconoscere parti di sé come un problema da combattere. Per un approfondimento: Perché diciamo “Sto Bene” quando non è vero
I sentimenti legati a un’ideale dell’Io rigido
Con il suo ideale dell’io, il super io condiziona i pensieri e i comportamenti del soggetto affinché questo tenda appunto allo standard ideale; le caratteristiche di questo standard saranno modellate sulla sintesi dei soggetti che hanno contribuito alla formazione del Super-io, in primis i genitori e altre figure autoritarie che di loro rappresentano un continuum.
Il Super-io è quindi sempre coinvolto nel controllo dell’io e svolge un ruolo funzionale, tuttavia, quando è rigido e predominante fa sviluppare un senso del sé ipercritico.
Come abbiamo visto, il superio non è un’istanza psichica ben determinabile, bensì una serie di processi mentali formatisi nel corso dell’infanzia e che perdurano per tutta la vita o fino a ulteriori evoluzioni dell’Io.
Il Super-io è indirettamente osservabile quando non si compie un’azione che si vorrebbe compiere. L’Autocritica è una rappresentazione tangibile dell’azione del super-io così come la sensazione di non essere abbastanza; secondo Freud, è il superio sarebbe anche la fonte di questi sentimenti:
- Vergogna;
- Senso di colpa;
- Angoscia;
- Timore della punizione;
Il super io sadico nel Disturbo Narcisistico di perosnalità
Il super io funziona come una sorta di narcisismo autoreferenziale, è un’entità sovrannaturale alla quale ci si appella per placare le proprie ansie, inducendo uno stato illusorio permanente nella propria mente.
Secondo l’Autore Otto Kernberg, nel disturbo Narcisistico di personalità, l’Io è composto solo da aspetti idealizzati del Sé e dell’Oggetto (gli altri), ed è diventato per questo “grandioso”. Così il paziente narcisista vaga in una realtà ricca di minacce, perché in ogni momento l’immagine grandiosa che ha di sé può essere invalidata.
Per difendersi da questo rischio il narcisista è costretto a mantenere una certa distanza emotiva dagli altri che diventano automaticamente oggetto di rabbia e svalutazione. Questa forte svalutazione dell’altro però non basta a metterlo al riparo dalle emozioni negative.
Non tutti sanno che il narcisista deve fare i conti con sentimenti di estrema inferiorità generati proprio da un Super Io sadico, che prescrive solo doveri. Il super-io sadico, a livello dell’Io, innesca sia un eccessivo bisogno di essere rassicurato che un forte sentimento di invidia verso gli altri.
L’altro è così sia fonte di autostima (necessario per confermare gli aspetti idealizzati del Sé), sia un temibile rivale con il quale competere. Tutti questi vissuti sfociano in un profondo senso di solitudine che Kernberg chiama magnificent loneliness. Per approfondire: meccanismi di difesa nel narcisismo.
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