La gelosia è uno stato emotivo di estremo subbuglio, il cuore sussulta, aumenta il battito cardiaco, come dice il cantautore Calcutta: “Mi sento il cuore a mille”. Succede che il pensiero si congela e si rimugina sempre sullo stesso argomento e sulla stessa persona, non si può fare a meno di fermare i pensieri intrusivi e i comportamenti di controllo sull’altro.
Le giornate sono connotate dall’incessante dubbio: “Mi starà tradendo e con chi?”. Si vive nel costante timore che l’altro possa tradirci con un nostro potenziale rivale. Attenzione, la gelosia si manifesta non solo in campo amoroso, ma in tutti i campi della vita caratterizzati dalle relazioni interpersonali, la gelosia è presente anche in ambito amicale, lavorativo, fraterno.
L’incertezza e la gelosia patologica
Vero è che diventa più, la chiamerei viscerale e istintuale, direi quasi animale, nell’ambito amoroso in quanto a differenza del contesto familiare in cui vi è un legame di sangue indelebile e indissolubile, in amore non si ha la certezza che l’altro resti ad ogni costo, sempre e per sempre.
L’incertezza di non sapere cosa fa il partner quando non ci siamo, a chi pensa, se ci pensa e quanto, di non essere al primo posto, il suo primo pensiero al mattino, il suo primo buongiorno, l’impossibilità di avere il controllo totale sull’altro ci porta nei casi più estremi a perdere le staffe e il controllo anche su noi stessi.
La gelosia diventa patologica quando è eccessiva e intrusiva. Il geloso patologico limita la libertà altrui, ma soprattutto diventa invalidante per il soggetto che la prova andando ad offuscare tutte le aree della vita, vivendo nel costante sospetto e nel dubbio persistente. Nella relazione di coppia ciò che viene a mancare è la fiducia nel prossimo, ma principalmente in sé stessi.
Si proietta sull’altro il timore di poter tradire il partner (e non di essere tradito)
Si proietta sull’altro il timore di poter tradire il partner. Si mette in atto il meccanismo di difesa dell’identificazione proiettiva, processo psichico per la prima volta coniato dalla psicoanalista austriaca M. Klein ed alla base del Disturbo Paranoideo di personalità.
L’identidicazione proiettiva è un meccanismo di difesa che consiste nel tentativo di allontanare da sé un’esperienza che ci appartiene totalmente, che è parte integrante del nostro sé. La personalità paranoide è sempre tormentata dal dolore, non vive mai nella serenità e nella tranquillità, ha la tendenza, persistente e ingiustificata, a percepire e interpretare tutte le intenzioni, le parole e le azioni degli altri come malevole, umilianti o minacciose.
ALT! La persona gelosa non è semplicemente una persona che ama, no! Sfatiamo questo falso mito che le canzoni, la società, i film ci hanno insegnato. La gelosia è un comportamento istintuale, difatti ci sono tanti studi effettuati nell’ambito dell’antropologia che confermano che essa è innata. Essa è un istinto legato alla sopravvivenza, un istinto primario, un retaggio animale che andava ad assicurare la certezza della paternità.
Ciò sta a significare che è naturale provare un sentimento di gelosia e rivalità verso qualcuno che temiamo possa “rubarci l’oggetto del nostro desiderio”. Bene, ma laddove l’altro non ci fornisce motivazioni di dubitare della sua fedeltà morale, emotiva e fisica, essere estremamente gelosi non fa che rovinare la relazione creando delle ferite che in seguito sarà difficile risanare. Inoltre anche quando ci potrebbero essere i presupposti, talvolta la gelosia patologica potrebbe divenire lesiva soprattutto per l’altro.
L’altro si sente accusato e svilito, questo atteggiamento “vampiresco” in cui ci si sente con il fiato sul collo dell’altro lo porterà a stufarsi, ad annoiarsi fino a guardarsi intorno sul serio e allontanarsi. Ricordate sempre che il partner non ci è caduto dal cielo, ce lo siamo scelto, abbiamo deciso autonomamente di dedicargli il nostro tempo, pertanto, se non riusciamo ad avere piena fiducia in lui, siamo tanti e possiamo girare alla larga.
Le origini della gelosia patologica
Ma questa gelosia ha qualche radice nel passato? Certo che sì, la persona gelosa è quella che non è sicura di sé, quella a cui durante l’infanzia non è stato dato abbastanza amore, quella che ha vissuto un’angoscia abbandonica che non ha ancora elaborato. Colei che quando il caregiver andava via, subiva un’estrema frustrazione, come se questo fosse morto, deceduto, vivendo questo tempo come infinito, senza tregua, uno stato di dolore incolmabile.
Il genitore sano invece, fa comprendere che tornerà, avvisa, più che avvisa, fa comprendere al figlio che ritornerà, che anche se è solo, è sempre con lui, anche se distante, ciò permetterà al figlio di non sentirsi perso, di non vivere un vuoto devastante, ma altrettanto di godersi questo momento per dedicarsi a sé stesso, per diventare autonomo e per pian piano passare dalla dipendenza all’in-dipendenza.
Chi è geloso, non sta bene da solo
Colui che è geloso, invece, non sta bene da solo, vive in piena funzione dell’altro, la sua felicità dipende da quanto l’altro ama. Il geloso esiste se l’altro lo considera, se così non è, il geloso non c’è, è morto, privo di vita, è l’altro il fiammifero che gli dà vita, lui non esiste se non attraverso l’altro.
Il pensiero tipico è: “L’altro non mi ama? Allora non sono degno d’amore e questo mi fa rabbia, perché io, come tutti, merito l’amore che non mi è stato dato e se non me lo danno me lo andrò a prendere con la forza!”. Il mito della giustizia misto a debolezza che porta il geloso in uno stato di estremo bisogno d’amore, quando il lavoro principale che dovrà fare è cominciare ad amare sé stesso.
Autore: Miriam Cassandra, Psicoterapeuta cognitivo-interpersonale