L’autostima non è una dote che colpisce i più fortunati come un fulmine a ciel sereno, non è un regalo che Dio ha dato ai più buoni: è un processo che si costruisce con fatica nel proprio percorso di vita, supportati da quello che per fortuna o purtroppo incontriamo sulla nostra strada.
L’autostima è l’ “Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso” (Battistelli, 1994).
L’autostima è il processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite l’autoapprovazione del proprio valore personale fondato su autopercezioni. La parola autostima deriva appunto dal termine “stima”, ossia la valutazione e l’apprezzamento di sé stessi e degli altri.
Il seme dell’autostima pone le sue radici nella tua infanzia
Un buon livello di autostima di base è dato, come sempre, dal principio, ovvero dallo stile genitoriale, un bambino con uno stile d’attaccamento sicuro avrà già delle basi fertili e solide per costruire mattone dopo mattone la stima di sé.
Un genitore che premia il proprio figlio ogni qual volta che compie una buona azione con un rinforzo positivo verbale, come un semplice “bravo” o materiale (cibo, giochi, tv, …) è un catalizzatore di autostima. Ne consegue: Io figlio sarò fiero di me e spinto a far sempre meglio.
Se invece ad un comportamento positivo, il genitore resta indifferente o anzi sprona a far sempre di più, a volte anche oltre le proprie capacità, senza un contestuale apprezzamento su quel che si è fatto, il bambino si sentirà frustrato per non aver raggiunto il risultato e rassegnato all’idea di fallire quasi sempre nella vita.
Il classico “potevi fare di più” al ragazzo che dice “mamma ho preso 7 a scuola!” o “guarda il tuo compagno di classe, lui prende sempre 10, non sarai mai bravo quanto lui” o “hai fatto metà del tuo dovere”. Tutte frasi che, senza cattiveria o anzi con lo spirito di spronare il proprio figlio a dare sempre il meglio, mortificano l’altro, soprattutto quando si viene messi a paragone con altri soggetti che nulla hanno a che fare con il bambino (educazioni differenti, situazioni familiari differenti, contesto culturale ed economico differente).
Quindi cari genitori premiate sempre tutti i comportamenti positivi, sarete già a metà strada per un figlio che avrà fiducia in sé stesso.
Purtroppo però i nostri figli, non possono vivere in una campana di vetro, devono far i conti con la foresta che c’è lì fuori, piena di leoni pronti ad aggredirti ed annullare la tua personalità.
È lì che la nostra autostima si fa i muscoli, una vera e propria palestra, in cui dovremo far corrispondere quanto più possibile il nostro sé ideale al nostro sé reale.
Spesso il contesto familiare può anche eccedere nel premiare il sé del bambino portando così ad una visione di sé gonfiata e falsificata, (”si sente come un pallone gonfiato”), per cui una volta che facciamo i conti con la realtà non riceveremo che svalutazioni, attacchi per qualunque cosa, derisioni, e quindi bisogna un po’ “scendere dal piedistallo” o sfondare quella campana di vetro in cui abbiamo vissuto per anni.
Quando siamo piccoli non abbiamo ancora formato la nostra autostima per intero, quindi siamo molto fragili, ecco che è fondamentale qualcuno che ci guardi le spalle, che intervenga solo quando è strettamente necessario, che sia sempre lì a vegliare su di noi, ma di nascosto, da lontano. Bisogna portare il bambino a parlarne sempre con un adulto quando non è in grado di gestire l’attacco del gruppo dei pari.
Costruire la propria autostima da adulti
Non aver avuto le basi per costruire una buona fiducia di sé, non è una condanna, faticheremo di più, ma possiamo farcela: dobbiamo esser noi i primi a mandarci dei messaggi positivi interiori (ad. es. “questa volta sono stato proprio bravo”), dobbiamo abbassare le nostre aspettative, rendendole umane e non utopiche, migliorare le nostre capacità comunicative, perché spesso siamo costretti ad esser simpatici o per lo meno civili anche a chi proprio non ci va giù.
È come uno specchio, che chiameremo specchio sociale: se do un immagine positiva di me agli altri, gli altri avranno stima di me, di conseguenza io mi rivedrò come una bella persona.
Ed in ultimo, ma non meno importante: accettare le proprie debolezze, non siamo dei supereroi, siamo fatti di carne e di ossa ed anche di limiti, di lacrime, di mal di pancia, di microtraumi che porteremo sempre nella nostra borsetta affettiva. Quindi sì, siamo fragili e contenti.
Miriam Cassandra, Psicoterapeuta cognitivo-interpersonale
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Complimenti! Semplici ma realistici.
Aiutate in modo comprensibile a tutti, la conquista dell’autostima , qualunque sia l’ambiente in cui siamo cresciuti. Molto spesso manca il supporto e la stima di coloro che ti crescono e a volte , come orfano o figlio di divorziati ,sei costretto a crescere e crearti, formati, da solo.
Quando facciamo bene e ci interfacciamo con modelli capaci e virtuosi…anche se a distanza…è belli e giusto dirci che siamo bravi e che abbiamo fatto bene e accettarci e accettare che abbiamo molti margini e potenzialità di far meglio, senza cadere nella paranoia. Saremo stimati…saremo sereni…saremo incoraggianti e generosi nel dare e aiutare chi sta crescendo…distribuendo generosamente stima. Questo fertilizzante della personalità….:-))