Ana Maria Sepe

Parenting, quando è funzionale e quando diventa disfunzionale

Diventare genitore non coincide con la sola nascita del bambino; tante sono le problematiche da affrontare e che bisogna ponderare bene ancor prima di decidere di procreare. Essere genitore è un processo complesso che richiede impegno; rappresenta uno tra gli eventi più importanti nell’acquisizione dello status di adulto, dato che implica una ridefinizione totale dell’identità personale.

La teoria eriksoniana, a tale proposito, evidenzia come la fase adulta della vita sia caratterizzata e sostenuta dal vivo desiderio di lasciare una traccia di sé nel mondo e dalla capacità di prendersi cura delle cose, delle persone e delle idee (per Erik Erikson, Stadio generatività che si oppone allo stadio di stagnazione).

La genitorialità non riguarda esclusivamente persone che hanno figli: aspetti di genitorialità si evidenziano, per esempio, nell’ambito delle professioni di cura o educative in cui appunto ci si prende cura di soggetti più piccoli o più deboli ricoprendo il ruolo di accudente (caregiver). Ogni figura di accudimento adotta un particolare tipo di comportamento verso l’accudente, definito stile di parenting.

Il parenting è la dimensione che meglio definisce  il processo relazionale finalizzato all’accudimento.  Consente di osservare, interpretare e comprendere come si plasma lo sviluppo psico-socio-culturale del bambino nelle sue diverse articolazioni ed effetti. Il parenting, infatti, condiziona il benessere e il malessere sia fisico che psicologico del bambino e di conseguenza favorisce od ostacola i processi di sviluppo e crescita fisica e psicologica. In questa ottica, il parenting può essere osservato in una dimensione di protezione, quando è funzionale allo sviluppo, o di rischio e compromissione, quando diventa disfunzionale.

Parenting funzionale (genitore affidabile)

Il parenting funzionale è il punto cardine della teoria dell’attaccamento sicuro, dove il caregiver è in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni e alle richieste del bambino. E’ proprio grazie alle risposte adeguate alle sue richieste, che il bambino si percepirà amabile e meritevole di amore, assimilando quei modelli operativi interni funzionali.

Un parenting funzionale consentirà al bambino l’esplorazione dell’ambiente circostante. Il bambino non avrà paura di staccarsi dalla figura di attaccamento perché sa che, se ce ne sarà bisogno, alle sue spalle avrà una base sicura. Sa che può allontanarsi: è da qui che nasce l’autonomia. È un modello operativo fatto di ascolto e di rispetto dei bisogni.

Attenzione. In questo caso non si parla di “genitore perfetto” (che non esiste) ma di genitore in grado di favorire il percorso di crescita e di sviluppo del bambino in maniera equilibrata.

Ripercussioni in età adulta

Il bambino è sicuro nell’esplorazione del mondo, in quanto sa di essere amato e amabile. Accetta i distacchi  in modo funzionale perché sa che chi lo accudisce torna, quindi, non ha paura di essere abbandonato. Se viene temporaneamente lasciato dai nonni (o con la babysitter), non è angosciato. Con questo stile educativo, il bambino diventerà un adulto autonomo, sicuro e indipendente, fiducioso nelle proprie capacità.

Parenting disfunzionale

Prima di approfondire l’argomento, è bene evidenziare quanto le rappresentazioni mentali di un bambino diventino il fulcro del suo comportamento. Ogni bambino, infatti, si crea una rappresentazione mentale di sé e del proprio genitore, in base alle risposte che riceve.

Come nel parenting funzionale, anche nel parenting disfunzionale gioca un ruolo molto forte l’esperienza che ciascun genitore ha vissuto nella propria infanzia, rivestendo egli stesso il ruolo di figlio. Nel parenting disfunzionale, la figura accudente non è in grado di adeguarsi alle tappe di sviluppo del figlio e di modulare il comportamento dei bisogni primari del piccolo (suzione, alimentazione e sonno prima, poi controllo sfinterico, cura del corpo, autonomia) compromettendo lo sviluppo complessivo del bambino.  Approfondiamo, dunque, i vari tipi di parenting disfunzionali con rispettivi risvolti psicologici.

Parenting assente

Nel caso del genitore non disponibile, il bambino si percepirà non amato; avrà il terrore di allontanarsi dalle figure di accudimento perché sicuro che se si allontana le perderà.

Ripercussioni

Un atteggiamento tipico di chi è cresciuto in un ambiente senza il calore e l’affetto delle figure di riferimento è rappresentato dall’insicurezza nelle relazioni. Da adulto, infatti, potrebbe non essere in grado di mantenere relazioni sane e durature perché, ad esempio, penserà di non meritarle.

Un esempio di disturbo classico di bambini cresciuti con genitori non particolarmente disponibili emotivamente è la depressione, o comunque una predisposizione alla depressione.

Parenting ambivalente

Nel parenting ambivalente, la figura di accudimento assume un comportamento ambiguo nei confronti del figlio: in una situazione può reagire in modo affettuoso, con apprezzamento e incoraggiamenti. Se la stessa situazione dovesse presentarsi più avanti, però, potrebbe reagire in modo sprezzante e aggressivo, togliendo al bimbo qualsiasi punto di riferimento.

Questo confonde e genera una forte angoscia nel piccolo, dato che non riesce a avere una rappresentazione mentale del genitore, ne’ una rappresentazione coerente di se stesso. La sensazione di angoscia deriva dal non poter mai prevedere la risposta del genitore a un suo comportamento.

Se un bambino, per esempio, sputa addosso a qualcuno, ci si dovrebbe aspettare che il genitore spieghi al piccolo che si tratta di un gesto sbagliato.Un genitore ambivalente una volta potrebbe spiegare perché non farlo, una volta sputare a lui, un’altra volta ancora iniziare a gridare. Insomma, la stessa condotta può innescare reazioni diverse e opposte.

Inevitabilmente, durante la crescita il piccolo sperimenterà pensieri poco rassicuranti; il piccolo avrà il terrore di allontanarsi dalle figure di accudimento in quanto sovrastato dall’angosciante incertezza di non rivederle.

Ripercussioni

Le conseguenze più comuni che derivano da una genitorialità ambivalente sono caratterizzate da disturbi di tipo ossessivo: gli ossessivi hanno bisogno di certezze proprio perché non ne hanno avute durante l’infanzia. Sono abitudinari e hanno dei rituali che li aiutano a tenere sotto controllo la loro ansia, la loro angoscia dell’incertezza. Per approfondire: disturbo ossessivo compulsivo.

Classico è l’esempio di ossessivi che devono riporre gli oggetti sempre nello stesso ordine e allo stesso posto e che non sopportano che questi vengano spostati, o che eseguono dei rituali personali prima di un evento per loro importante, un esame, un colloquio, etc.

Parenting controllante

Anche nel caso di un genitore ipercritico e particolarmente controllante sulla gestione della vita del figlio, il piccolo non si sentirà protetto e amabile; si convincerà di non meritare amore.  Non c’è fiducia, non c’è calore… in più spesso, un genitore controllate fa mancare anche contatto fisico, abbracci e carezze.

Durante la crescita, il piccolo svilupperà una bassa autostima: si sentirà insicuro e proverà un senso di inadeguatezza.

Ripercussioni

Le conseguenze sono piuttosto simili a quelle del genitore non disponibile: senso di inadeguatezza, paura del giudizio, paura del fallimento. Molto frequenti sono i disturbi alimentari.

Una figura di riferimento  particolarmente focalizzata sulle apparenze, potrebbe instillare nel figlio la paura del giudizio tanto da indurlo ad avere disturbi di bulimia o anoressia. O peggio richiedere performance molto alte, al punto da innescare un senso di vergogna su cui potrebbe ruotare la costruzione della propria identità fino a sfociare in ansia sociale. Ovviamente, tutto è legato al giudizio degli altri.

In molti contesti, il benessere del figlio passa in secondo piano, ciò che conta sono le apparenze, ciò che conta è avere una famiglia perfetta per ricevere “giudizi positivi”.

Parenting ansioso

Nel parenting ansioso, la figura di accudimento ostacola l’emancipazione, instillando nel piccolo la dimensione di un mondo come estremamente pericoloso.  Inoltre, è iperprotettiva, e questo fa sì che il bambino si percepisca come molto fragile e vulnerabile e si convinca che solo chi lo accudisce possa proteggerlo.

Ripercussioni

Tra le conseguenze più comuni potrebbero riscontrarsi i disturbi d’ansia e le fobie (in particolare, la paura di morire o di essere malati)

CONCLUSIONI

Le conseguenze derivanti dal tipo di parenting possono in ogni caso assumere sfumature diverse; molto dipende anche dalle caratteristiche personali del figlio, dalla sua resilienza. Non necessariamente si incorre in un disturbo: si può avere una personalità di tipo ansioso, ma vivere una vita tale da non far emergere un disturbo. Si tratterebbe dunque di un’ansia controllabile e non invalidante.

Quel che è certo è che un percorso di consapevolezza sul perché siamo fatti in un determinato modo è molto importante: la conoscenza è potere. Se io conosco allora posso cambiare. Sapere il perché di alcune nostre caratteristiche può smuoverci al cambiamento, soprattutto laddove queste caratteristiche ci portino disagio o sofferenza. Dalle ferite dell’infanzia si può guarire completamente. Deve poterci essere una sorta di ristrutturazione della personalità: se so perché, per esempio, la vista di un ragno (o di un cavallo, come nel caso clinico del piccolo Hans) mi provoca disagio emotivo posso lavorarci e liberarmene.

I nostri articoli sono un riassunto semplificato di una “inestimabile complessità” che può essere trattata correttamente solo nelle sedi opportune (lo studio dello psicoterapeuta). Ogni meccanismo spiegato è frutto di numerose generalizzazioni e va compreso sempre con una mente critica.

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