Come farti notare quando ti senti invisibile

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Il rifiuto sociale può essere tremendo, soprattutto se protratto nel tempo. La sensazione sperimentata è quella dell’invisibilità e di trascuratezza. La persona isolata non si sente ascoltata ne’ capita, circondata da un muro di distanza che impedisce un profondo contatto sociale.

Se l’invisibilità potrebbe essere il super-potere desiderato da chi è oberato di impegni e stress, ci sono molte persone che vorrebbero essere circondate da affetti ma sono state troppe volte messe da parte.

Quando la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro ti fanno sentire invisibile, non è solo la tua sfera emotiva a risentirne. La psicobiologia ha portato alla luce il fenomeno del dolore sociale, cioè una profonda sofferenza esperita -a livello fisico- a causa di un isolamento emotivo. Quel “sentirsi esclusi dal gruppo” può innescare sentimenti di invisibilità: «nessuno mi ascolta». Non deve andare per forza così. Un modo per farsi ascoltare, esiste!

Come farti notare e ascoltare quando gli altri si comportano come se tu fossi invisibile

Se ti senti trascurato e messo da parte, probabilmente questa situazione va avanti da molto tempo. Certo, sai che gli altri riconoscono la tua esistenza, eppure sembrano ignorare i tuoi sentimenti e i tuoi sforzi sono costantemente sottostimati. Nel tempo, la sensazione di “essere messo da parte” può aver innescato in te un senso di non appartenenza, un senso di solitudine e dolore sociale.

Queste sensazioni sferrano un duro colpo all’autostima e alla fiducia di sé ma, come premesso, questa esperienza non deve durare tutta la vita. Per uscirne puoi iniziare ad analizzare il motivo per il quale hai iniziato a sentirti invisibile e non ascoltato.

Per alcune persone, la capacità di socializzare sembra essere un dono innato: riescono a sentirsi le benvenute ovunque. Prova a partire da questa riflessione: sono gli altri a considerarti invisibile o sei tu a metterti da parte auto-escludendoti? Spesso la risposta non è mai estremamente netta, l’isolamento sociale potrebbe essere il frutto di un cammino bidirezionale o unidirezionale. Facciamo alcuni esempi.

  1. Io mi sento diverso, non riesco a inserirmi, mi isolo. Finisco col sentirmi invisibile. Provo dolore sociale.
  2. Cerco considerazione e vicinanza, ma non vengono accolto. Mi sento invisibile. Provo dolore sociale.
  3. Sono diverso dagli altri e per questo mi escludono. Mi sento invisibile. Provo dolore sociale.
  4. Ho difficoltà d’integrazione, mi sento sempre come se fossi l’ultimo arrivato, gli altri non mi fanno sentire il benvenuto. Provo dolore sociale.

Nel primo caso, la persona tende a isolarsi per una sua percezione individuale. In questo caso, il senso di esclusione non è provocato realmente dagli altri. Nel secondo e nel terzo caso, sono gli altri ad escludere attivamente la persona. Nella quarta ipotesi, il cammino è bidirezionale con difficoltà di integrazione sia da parte del gruppo sociale che della persona.

Perché mi sento così invisibile?

Fornire una risposta a questa domanda è di cruciale importanza. In quali delle quattro ipotesi precedenti ti rivedi? Prima di rispondere, rifletti bene sulle esperienze avute fino a oggi.

Le cause possono essere riconducibili sia al contesto sociale, sia al vissuto individuale. Uno studio condotto nel 1986 ha scoperto che quando le persone passano da un gruppo all’altro, tendono a ricoprire sempre lo stesso ruolo. Così, una persona esclusa in un gruppo ha più possibilità di vivere ai margini anche in altri ambiti. Quale ruolo ricopri nella tua famiglia d’origine? Una persona che è stata messa da parte in ambito familiare, con molte probabilità avrà problemi di inserimento anche in altri contesti.

Pregiudizi e Stereotipi razziali o di genere

I pregiudizi e gli stereotipi sono presenti nel patrimonio culturale di ogni individuo e di ogni gruppo sociali. Stereotipi e pregiudizi si traducono in modi di pensare e in comportamenti concreti che incidono sulla vita quotidiana sotto forma di atteggiamenti, affermazioni, competizioni, tendenze e conflitti.

Nello specifico, gli stereotipi sono delle grossolane semplificazioni e delle rigide rappresentazioni della “realtà” con la quale ogni individuo quotidianamente interagisce. I pregiudizi sono definiti come giudizi errati o imprecisi, formulati in modo superficiale senza alcuna conoscenza del tema. Pregiudizi e stereotipi dettano le regole di ciò che è accettabile e ciò che non lo è, e quindi scandiscono cosa i gruppi sociali si aspettano dalle persone. 

Se ti senti collocato nella seconda o nella terza ipotesi, sappi che i gruppi sociali sono sempre minacciati da ciò che è diverso. Alcuni scenari comuni potrebbero vederti ai margini di un contesto sociale per una tua caratteristica non condivisa dal gruppo sociale di riferimento, a causa di pregiudizi o stereotipi.

E’ il caso delle minoranze etniche, le categorie più fragili sono quelle di estrazione socio-economica più bassa. Afroamericani, asiatici, arabi… purtroppo, ancora oggi viviamo in società poco inclusiva nei confronti delle diversità. Non sono tematiche razziali, anche i pregiudizi di genere possono essere motivo di esclusione da un gruppo.

Quello dell’identità di genere è un tema che fa storcere il naso a molti. Se non ti identifichi in un genere eterosessuale, alcuni gruppi potrebbero essere incapaci ad accoglierti.

In alcuni contesti, soprattutto nel meridione d’Italia, la tua opinione potrebbe essere ignorata perché sei solo una donna e le donne non sono capaci di prendere decisioni. Se sei un uomo con una spiccata sensibilità, in alcuni contesti sociali, la tua opinione potrebbe non essere considerata perché, essere sensibili è una cosa da donne. 

Le aspettative del gruppo

Oltre a essere condizionati da pregiudizi e stereotipi, i gruppi si fanno aspettative guidate dalle tue manifestazioni comportamentali. Se hai sempre ricoperto un determinato ruolo, le persone che frequenti si aspetteranno da te che continui a farlo. Se fino a oggi ti sei sempre accontentato di fare da spalla o di essere la persone iper-accomodante, questo è quello che gli altri continueranno ad aspettarti da te. In altre parole, l’emarginazione è qualcosa che si auto-alimenta, se hai occupato una posizione sfocata sullo sfondo del tuo contesto sociale, gli altri non vorranno nulla di diverso da te.

La tua identità conta

La tua identità è importante e non può prescindere dalla tua storia personale. L’identità è ciò che determina chi sei, cosa vuoi e dove sei diretto. Per farti ascoltare, non dovrai fare altro che ricordate a te stesso chi sei e di conseguenza ricordarlo anche agli altri.

Lavorare sulla propria identità personale è il primo passo per allontanare il dolore del rifiuto sociale. E’ del tutto comprensibile sentirsi invisibili quando le persone che hai intorno si rifiutano continuamente di riconoscere chi sei, quali sono i tuoi sentimenti e di cosa hai bisogno.

L’identità personale è la concezione di ciò che siamo e di come ci mettiamo in rapporto con gli altri. La cosa positiva è che l’identità personale è in continua evoluzione. Se sei curioso di sapere come si è sviluppata la tua identità personale e come puoi rinforzarla, leggi il mio articolo: «hai un chiaro senso di chi sei? L’identità personale».

Le aspettative genitoriali

Le aspettative genitoriali sono quelle che pesano di più sul definire il tuo posto nel mondo. Sai che potrebbe esserci una relazione tra il rifiuto sociale che affronti oggi e il modo in cui i tuoi genitori ti hanno accolto nel mondo? Non parliamo necessariamente di genitori-rifiutanti, anche i genitori dotati delle intenzioni migliori possono commettere errori.

Modelli educativi basati su regole da rispettare (pedagogia nera) sono incapaci di considerare le esigenze di un bambino in sviluppo. Un bambino che mette da parte le proprie esigenze per rispettare le aspettative genitoriali, mette da parte la propria identità personale sviluppandosi sulla base di ciò che vogliono gli altri.

Molte persone sono cresciute senza la reale possibilità di sviluppare un’identità propria ma hanno dovuto sviluppare un’identità in base ai desideri genitoriali. Un genitore, spesso, si aspetta che il figlio smetta di piangere perché gli dà fastidio sentire il suono del pianto e non perché in quel momento sta tendando di dare al bambino le rassicurazioni necessarie per tranquillizzarlo! Da questo esempio banale si può stimare se il comportamento è basato su aspettative genitoriali (l’attesa che il bambino smetta di fare i capricci) o sui reali bisogni del bambino (l’attesa che il bambino riceva le giuste rassicurazioni).

Come il pianto, tutto. Alla nascita, il neonato non sa niente su di sé ma il genitore ha avuto almeno 9 mesi di tempo per fantasticare su chi dovrà essere quel bambino, dal nome alle attività da svolgere, dal carattere all’abbigliamento da indossare. Quando le fantasie si trasformano in rigide aspettative, i bisogni autentici del bambino vengono ignorati… sentendosi messo da parte con i suoi bisogni, il bambino inizierà a sentirsi insignificante.

Dalle aspettative genitoriale al rifiuto sociale in età adulta

I genitori non devono essere necessariamente severi per farti sentire indesiderato o non amato. Per minare il tuo sviluppo, devono “semplicementeporre le loro aspettative prima dei tuoi bisogni e questo è un fenomeno molto comune. Quando i bisogni di un bambino vengono trattati come troppo ingombranti o superflui, quel bambino farà in modo di muoversi nel mondo facendo meno rumore possibile… fino a scomparire, fino a essere/sentirsi invisibile.

Non meraviglia affatto vedere che le statistiche sulla diffusione dei comportamenti autelesivi vedano una maggiore prevalenza nelle comunità LGBT+, dove una forma implicita rifiuto sociale è esperita fin dalle esperienze precoci nella famiglia di origine. Ciò significa che anche nelle prime relazioni sociali che hai stretto, gli altri si aspettavano che tu fossi qualcosa di diverso da ciò che in realtà sei. E’ naturale che questo conflitto abbia innescato un circolo vizioso tale da portarti a vivere esperienze di rifiuto sociale.

La timidezza

Nella maggior parte dei casi, la timidezza è la conseguenza di esperienze precoci in cui il bambino non ha potuto esprimersi apertamente. La timidezza potrebbe essere una causa secondaria del rifiuto sociale ma non il fattore determinate.

Chi è timido spesso affronta un conflitto interno: da un lato vorrebbe passare inosservato per evitare un eventuale disagio/giudizio, dall’altro, invece, vorrebbe connettersi con gli altri per instaurare legami e amicizie. In casi patologici, la timidezza estrema dà vita all’ansia sociale.

Anche la timidezza protratta può generare una reazione a catena: se ti muovi ai margini del gruppo, probabilmente gli altri finiranno per ignorati completamente e tu finirai per sentirti invisibile e non ascoltato.

Disabilità e segni visibili

Se vivi con una disabilità tangibile, potresti sentirti al contempo troppo visibile e invisibile. Cioè, incapace di passare inosservato ma anche incapace di essere riconosciuto e accolto. Le persone che interagiscono con te, potrebbero concentrarsi esclusivamente sulla tua disabilità invece di capire in modo globale chi sei.

Uscire dall’invisibilità

Sentimenti di rabbia, vergogna, bassa autostima, tristezza, solitudine ma anche condizioni pervasive come ansia e depressione, possono insorgere a causa del rifiuto sociale. Un percorso terapeutico che possa aiutarti a definire la tua identità personale e un sano inserimento nei diversi strati sociali, è fortemente consigliato.

Per uscire dall’invisibilità bisogna invertire la rotta e non sempre è facile. Se ti sei sentito ignorato per molto tempo, hai iniziato a fare delle rinunce: hai smesso di dire la tua durante le riunioni di lavoro, hai smesso di esporti o addirittura di interagire… Ok, per invertire la rotta bisogna smettere con le rinunce e iniziare con le conquiste.

Chi non si sente ascoltato, spesso instaura relazione sbilanciate dove è portato a essere estremamente accondiscendete. La prima conquista da fare è l’autodeterminazione: io ci sono ed esistono con il mio carico di bisogni (tutti legittimi).

Scandisci dei sani confini interpersonali facendo chiare richieste: prova una comunicazione assertiva. A volte basta chiedere! Per guadagnare il riconoscimento degli altri… spesso basta chiedere bene ciò che vuoi. La comunicazione assertiva ti consente di ricordare i tuoi bisogni personali agli altri senza farli sentire minacciati in alcun modo.

La comunicazione è il passaggio chiave per poter compiere tutte quelle conquiste che un tempo sono state rinunce. Il percorso psicoterapeutico può essere un grande aiuto per un pieno recupero sociale ed è ancora più consigliato se le sensazioni di isolamento sono accompagnate da un attaccamento disorganizzato.

Libro consigliato: La comunicazione assertiva. Come comunicare in modo efficace, esprimersi senza timore e farsi rispettare in ogni occasione.