Il narcisismo e la (dis)informazione in rete

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Autore
Psicologo e Psicoterapeuta Specializzato in Psicoterapia Strategica.

La divulgazione dei pericoli implicati nella relazione con individui dai tratti narcisistici disfunzionali e la diffusione del concetto di dipendenza affettiva come disturbo clinico stanno senza dubbio contribuendo a salvare molte persone da rapporti lesivi del loro equilibrio psicologico, quando non letteralmente letali, come ogni giorno apprendiamo dalla cronaca nera.

Tuttavia, aprire il vaso di Pandora delle cosiddette “relazioni tossiche” sta generando una confusione notevole e pericolosa in Rete, dove è facile trovare informazioni parziali, de-contestualizzate e fuorvianti.

La parola “narcisismo” sta erroneamente diventando una parolaccia, un insulto e una condanna.

Stigmatizzati come nemici, come carnefici, killer sentimentali, i “narcisisti” rischiano di diventare le nuove streghe in un’era di Inquisizione Tecnologica e “giustiziati”  in massa come gli eretici dell’amore, i mostri e gli untori del nostro tempo.

La radicalizzazione dell’odio per il narcisismo è fomentata dalla rabbia delle “vittime” che oggi possono denunciare, indignarsi, rendere pubblico il loro tormento. E’ un loro diritto e una conquista perché i forum su questi temi contribuiscono ad alleviare i senso di alienazione, di ingiustizia e di solitudine che caratterizzano le storie di dipendenza affettiva, specie nel caso di un/una partner narcisista.

Ma come psicoterapeuta credo che mettere alla gogna chi vive il dramma del narcisismo, condannare chi ne è affetto e prigioniero, non possa che esasperare il dibattito su questo tema e banalizzarlo nella tragica semplificazione della dinamica vittima-carnefice.

Non si sottolinea a sufficienza che le persone con tratti narcisistici marcati e disfunzionali sono esseri umani sopravvissuti a traumi emotivi, ad abusi fisici e sessuali e/o a trascuratezza grave spesso nei primi anni a di vita.  I narcisisti disfunzionali portano addosso ferite emotive brutali e perciò sono incapaci di comprendere quanto i loro comportamenti possano urticare, ledere o spezzare i cuori altrui.

così come psicoadvisor.com ha spiegato negli articoli

Criminalizzare i narcisisti non è un’opzione da un punto di vista psicoterapeutico. Non è utile a chi ha sofferto o soffre, perché può ostacolare l’elaborazione dei propri nodi, quelle dinamiche e quei processi individuali responsabili della collusione, della resa e della sottomissione a una relazione malata. Non è utile per i cosiddetti “narcisisti”, perché sentirsi additati come sub-umani e passati d’ufficio al rogo sfavorisce decisamente la presa di coscienza di avere un problema e limita la possibilità di chiedere aiuto.

Inoltre il narcisismo patologico non va confuso con il narcisismo maligno.

Per approfondire: Differenza tra narcisista, sociopatico e psicopatico. Noterete che il narcisista maligno altro non è che un narcisista patologico con spiccati tratti del disturbo di personalità antisociale, quindi abbiamo due scenari completamente diversi.

Quelli che vessano, perseguitano, maltrattano e uccidono le proprie “vittime” rappresentano l’espressione apicale del disturbo narcisistico di personalità, che si esprime in un continuum da narcisismo “sano” a “maligno” passando per molte gradazioni curabili e limitatamente patologizzanti, a meno che, come spesso succede, anche la “vittima” non perpetri schemi di auto-sacrificio e si annulli nella relazione, aggravando così la propria condizione e quella della/del partner disfunzionale.

In Rete ho più volte trovato cose spiacevoli a riguardo, come tipizzazioni dei “narcisi” in stile lombrosiano, categorie che stabiliscono correlazioni tra alcune caratteristiche somatiche il questo disturbo di personalità. Si tratta di letture approssimative dell’opera di Lowen, aberrata come una sorta di “zodiaco” narcisistico.

C’è poi l’evocazione del “vampirismo energetico”, che travisa la metafora junghiana e l’archetipo del vampiro, e trasforma i narcisi in demoni sanguinari. O, ancora, lunghi post che limitano la terapia della dipendenza affettiva al “no contact”, come se bastasse a dirimere il dolore profondo e traumatizzante della dipendenza affettiva.

Provocatoriamente dico che siamo in odore di “razzismo psicologico” e considero l’evidenza che l’odio non ha mai curato nulla e nessuno, ma ha solo suppurato ferite e portato alla disfatta a tutti i livelli del funzionamento umano, dal micro al macro: individuo, coppia, piccolo gruppo, collettivi, società, nazioni, mondo.

Non sarà certo “processare” il nemico a salvarci dalle nostre ferite, né sferzare anatemi sulla sua personalità ci avvicinerà al cambiamento. 

Lasciamo in pace i narcisisti patologici, che soffrono più di noi, lasciamo loro la speranza della cura e ammettiamo a noi stessi che ci siamo “incastrati”, anche perché ‘narcisisticamente’ volevamo guarirli. E interroghiamoci su questo problema, e altri che ci riguardano, lasciando che il/la partner trovino il sostegno specializzato di cui hanno bisogno.

Integrazione ed equilibrio sono le parole-chiave per risolvere l’enigma di una relazione tossica con un/una narcisista. Questo è il compito dei terapeuti, un compito complesso e soverchiante che richiede una formazione intensiva, profonda e multi-modello. Si tratta di un impegno fatto di clinica, di ricerca, di esperienza e di sistematizzazione, un impegno che richiede devozione, passione e l’accortezza del non-giudizio.

Perché il giudizio conduce a focalizzarsi e rinfocolare i problemi, mentre gli psicoterapeuti – dal mio punto di vista – hanno l’obbligo di concentrarsi sulle soluzioni e non di rigirare, come si dice, il coltello nella piaga e limitarsi a “etichettare” con piglio psicodiagnostico chi sia narcisista e chi no, chi vittima e chi carnefice, chi “vampiro” e chi giugulare virginale, innocentemente offertasi al “massacro”.

Suggerisco alle persone interessate al tema del narcisismo di utilizzare la Rete per trarre solo degli spunti e approfondire con la lettura di libri specifici e, nei casi di particolare difficoltà, di rivolgersi a professionisti per una consulenza specifica o una psicoterapia mirata, se necessario.

Enrico Maria Secci, Blog Therapy


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5 commenti su “Il narcisismo e la (dis)informazione in rete”

  1. Ho letto questo articolo, come tantissimi altri, con grande attenzione e la solita illusoria speranza di trovare una via di salvezza dal vuoto devastante in cui un uomo mi ha buttata. Leggendo ritrovo descritti tanti suoi comportamenti che mi hanno rovinato la vita in vari ambiti. Non lo demonizzo, ma niente è servito a farlo smettere, o cambiare. Ora fa solo più attenzione, in quanto mi sono dovuta rivolgere ai carabinieri, a mandarmi segnali della sua non desiderata presenza percepiti solo da me e non dimostrabili. Se pure non sono da etichettare impietosamente, come si può avere compassione e comprensione per chi non ha? Ti usa come un vomitatoio di tutto lo schifo che ha dentro e non si ferma di fronte alla devastazione che ti infligge? Nessuna preghiera, nessun tentativo di aiutarlo, tutta la comprensione che puoi dare, e lui li implacabile macchina da distruzione. A me fa pena, gli ho voluto bene, lo ho convinto ad andare da una dottoressa, ma una persona con tanto vuoto dentro preferisce tirartici dentro, piuttosto che colmarlo. Non saranno mostri, sarà colpa di chi come me ha avuto la pretesa di poterli rendere felici, ma dove passano fanno tabula rasa.

  2. Interessante, vorrei portare la descrizione di un caso di un ragazzo di 18 anni, laddove io ne ho 26, ed il cui rapporto prende piede solo online. Non sono una psicologa, ma ho analizzato questa persona con cura e ho agito a stretto contatto pur non scadendo nella totale dipendenza. Trovo questo caso interessante perché il ragazzo riesce ad ammettere sinceramente proprio alcuni di questi tratti nascosti e diviene dunque di più facile lettura.

    Sono alle prese con questo adolescente incapace di provare empatia e connessione col prossimo, manifestando una “crudeltà” pazzesca ma di cui non si rende assolutamente conto, e quando viene accusato (da altre ragazze) lui cade dalle nuvole e cerca di riparare. Ammette (anche se, solo a me) che verso gli altri prova solo invidia o disgusto e che si sente migliore e di poter avere il controllo, oltre ad ammettere (solo a me) che dentro lui ha bisogno di essere amato ma che non riesce neanche a figurarselo. E, puntualmente, macina una ragazza dietro l’altra online, senza arrivare all’incontro e perdendo interesse appena le ha “conquistate”. Eppure continua a soffrire, e lo vedo, perché spesso mette in atto difese come lo sparire dai social e chiudersi nei videogiochi con i suoi amici per ore o giorni. Ha come il terrore di essere controllato, di essere accessibile dentro, e lui in primis ammette di essere sempre ipervigile. Mi sottolinea come sia sempre riuscito a distaccarsi da chiunque in un secondo, mi sottolinea che se una ragazza gli manda delle foto di lei nuda a lui non interessano a tal punto che neanche le guarda subito, ecc. Come se infondo si stesse solo allenando a rafforzare ulteriormente i confini della sua fortezza.
    Io sono andata un po’ oltre, perché abbiamo molte similitudini eccezionali e con me (solo con me) ha dovuto mettere in atto difese ancora più drastiche, perché per qualche attimo ha indubbiamente sentito una connessione, ed ha reagito con il totale distaccamento umiliante ciclico, per poi riprendere pian piano come prima e via così nel giro di 2 giorni. Sono l’unica persona che ritiene al suo pari e non “inferiore”, appunto, e sebbene lui cerchi morbosamente di trovare una relazione con una ragazza, ha immaginato spesso delle scene d’affetto con me in cui riceveva comprensione e vicinanza, ma (solo con me) ha ammesso che nell’immaginarselo prova poi immediatamente un forte senso di paura mista a disgusto, anche se gli piacerebbe poterselo immaginare liberamente, perché ne ha bisogno (sempre parole sue). Disgusto e paura che, dice, non prova assolutamente quando se lo immagina con le altre, comprensibilmente… Per questa cosa è stato male almeno due settimane, al punto da non mangiare, avere reazioni di dolore fisico e soprattutto evitando contatti con me finché ha vuotato il sacco. Ammette inoltre, di non provare empatia e solo di aver provato dispiacere ogni tanto giusto per me, ma solo perché era curioso di immaginarsi la sensazione, così come quando io stavo male per un tot di ragioni lui è fuggito, per poi dire che si era stufato di sentirmi lamentare di questo e quello e sapere di non poter farci nulla, dispiacendosi di essere quello che è e che avrebbe potuto starmi più vicino ecc, ma che comunque non può fare nulla in ogni caso perché “non riesce”.
    Ora parliamo solo dei nostri interessi in comune, chattiamo magari un’oretta la sera e basta (dove aspetto sempre che mi contatti lui, mai viceversa), non si va più sul personale e qualsiasi cosa vada oltre viene ignorata, forse perché alla fine, infondo, si è solo allenato maggiormente ad evitare anche connessioni più appetitose come la mia e relativa paura/sofferenza.
    Io non gli ho mai fatto pressione, ho sempre mantenuto una specie di equilibro fra il dipenderne ed il vivere il mio mondo indipendentemente (che è comunque vasto ed io manifesto sintomi schizoidi e simili alla sindrome di asperger; che forse è proprio ciò che mi salva), gli ho solo spiegato un giorno che i suoi distaccamenti sono umilianti e che se mi riprende e rimbalza in continuazione io non ho neanche lo spazio ed il tempo per distaccarmi e difendermi. Aveva capito e si era sentito male per tutto questo, ringraziandomi di non essere fuggita. In effetti, ora che ha messo molto da parte il lato personale con me, non “fugge” più così tanto (ovviamente, facile ora che il contatto personale è svanito) anche se ci sono dei giorni in cui mi elenca tutto ciò che fa, dov’è, quando arriva a casa, quando mangia etc, e dei giorni in cui c’è solo il totale silenzio, ma sono periodi comunque almeno lunghi una settimana, non due giorni. Io rispondo con il silenzio, senza contattarlo, e lui continuamente ritorna pian piano, riaprendosi e poi richiudendosi. Ormai me lo aspetto sempre e non mi riallaccio nemmeno, ma non gli faccio comunque mancare il supporto e la comprensione quando sente il bisogno di esporre un problema, cosa comunque non frequente.
    Vedo invece le altre ragazze con cui chatta (di cui mi fa menzione specialmente quando io menziono nuove mie amicizie) sono molto prone a diventare dipendenti da lui, ed un paio hanno già sbottato in una crisi. Una gli ha detto, in lacrime, che lui vuole solo conquistarla per riempire il suo ego, e in effetti lui si è sentito malissimo ed ha cercato di riparare, sapendo di non essere malvagio o con cattive intenzioni e soffrendo le accuse. Ma non ha capito fino infondo il perché della crisi della ragazza, che lui ha definito essere senza motivazione e nata solo per via di quel limite fra amore e odio. Io ho provato a suggerirgli che fosse per causa dei suoi messaggi contrastanti e della sua non-costanza, anche se con lei non attua distaccamenti così drastici come fece con me, ma comunque, lei è innamorata persa ed in uno stato di pre-totale-sacrificio. Lui non lo capisce in alcun modo.
    Lui non è assolutamente malvagio, non prova piacere nel distruggere gli altri, non lancia mai commenti denigratori, ma si comporta in un modo umiliante tramite i silenzi ed alcune parole che sottolineano un totale disinteresse nella realtà altrui, ed ovviamente, proprio per questo, non se ne rende neanche conto.

    A me dispiace vedere tutto questo. Non so come continuerà, infondo man mano che realizzo tutto questo capisco che il rapporto in questione è solo ed esclusivamente unidirezionale, laddove ogni cosa che dò finisce in un buco nero. Prima o poi credo che fuggirò anche io, ed in effetti se prima provavo sentimenti ora non ne provo più, “a suon di botte”. Ma lui questo non lo sa, e non lo capisce. Non capisce che avrebbe potuto ottenere proprio ciò di cui ha bisogno, se avesse avuto il coraggio di affrontare il terrore.

    In terapia ci è andato 11 anni per “fobie sociali” varie, perché a 7 anni voleva ammazzarsi ed i suoi genitori ce lo hanno spedito immediatamente, ma non ci tornerà mai più. Anzi, a mio avviso, il suo percorso con i terapeuti l’ha portato solo ad allenarsi maggiormente nel non farsi invadere, perché riporta che “non gli hanno mai trovato niente”. Che suona molto strano, anche perché non dice mai menzogne e sicuramente si è chiuso in sé stesso e nella sua incapacità di descrivere bene le emozioni, per questo non era collaborativo, vivendo il terapeuta come una minaccia.

    L’unica cosa che spero è che con il mio supporto abbinato alla mia non-sottomissione, la delicatezza che cerco di avere nel considerare il suo vuoto e la nostra similarità su diversi aspetti unici, in qualche modo si prevenga un peggioramento del suo stato. Comprendo benissimo la sottile linea fra il dare supporto e l’essere data per scontata e spinta al dipenderne, così come conosco benissimo la sottile linea fra il suo tornare ed il suo “cercarsene delle altre”, in reazione ai miei silenzi. Da notare che comunque lui processa tutto in modo egocentrico, perciò laddove io sto in silenzio e magari vedo altre persone, lui la prende come una svalutazione di sé da parte mia (oltre ad invidiare, perché lui non ha la stessa disinibizione sociale), e non riesce neanche a domandarsi se, forse, il mio silenzio è causato proprio dai suoi distaccamenti. Questa percezione del sé in ogni luogo e persona si estende a tutto, non solo nelle relazioni con ragazze.
    Non vedo punti di accesso, pensavo di poter accedere quando ha toccato il suo vuoto con paura e disgusto nell’immaginarsi di ricevere amore da parte mia, ma al momento è tutto coperto. L’unica mia speranza è di aiutarlo a non peggiorare laddove gli stimoli esterni possono indurlo a ciò, e quindi magari scadere in un narcisismo più “overt” in futuro, non appena ottiene più successo sociale (e man mano lo otterrà, perché si sta un po’ sbloccando e vede che ciò che fa funziona).

    Non ho aspettative, solo pena e dispiacere nel rendermi conto della vastità della sua ferita.

  3. E’ anche vero che per conoscere una persona bisogna frequentarla qualche mese, ed intendo convivenza per poter condividere la quotidianità. Ma all’inizio questi soggetti nascondono molto bene il loro disturbo… ma prima o poi passerà la fase di idealizzazione ed arriverà quella di svalutazione.
    E l’altro a chiedersi come mai è cambiato così bruscamente… il soggetto in questione non è cambiato, si è semplicemente rivelato. A quel punto meglio fuggire via

  4. E’ chiaro che il no contact serve alla ‘vittima’ per occuparsi di se e delle ragioni per le quali è diventata connivente col narcisista.
    Se dal no contact non parte una attenta analisi, il pericolo di ricaderci è assicurato (svariate esperienze personali mi rendono un caso pedagogico).
    Sarebbe meraviglioso poi che il narcisista seguisse anche lui un percorso ‘riabilitativo’, ma pure lei Dott. Secci ha dichiarato che sono rari quelli che affrontano i propri mostri.

  5. Credo che lei abbia perfettamente ragione, il narcisista è una persona che ha una grave patologia e che soffre molto per il tormento interiore che prova, ma come ha spegato più volte la psicologa Ana Maria Sepe, che per prima ha divulgato l’argomento su fb, il narcisista rifiuta qualsiasi terapia e attribuisce patologie al partner piuttosto che a se stesso, facendolo andare “fuori di testa.” Personalmente, preferisco che se ne parli anche troppo, piuttosto che nascondere e celare questa patologia per proteggere persone che reputo alla stregua di maniaci e strupatori psicologici.

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